Il più ortodosso degli scrittori e il più eterodosso degli artisti, ovvero il cattolico Gilbert Keith Chesterton e il visionario William Blake: un incontro apparentemente impossibile e che invece prende corpo in questo piccolo capolavoro dimenticato. Apparsa originariamente nel 1910 e finora mai tradotta in italiano, la rapida biografia che Chesterton dedica all'autore dei "Canti dell'Innocenza e dell'Esperienza" è molto più che una semplice ricognizione nella vita di un personaggio eccentrico, inclassificabile e geniale. Pittore mancato e occasionale frequentatore dello spiritismo in gioventù, Chesterton riconosce in Blake gli elementi di un'intesa profonda, fondata anzitutto sulla virtù - universale, eppure tipicamente inglese - dell'immaginazione, da intendersi non come costruzione fantastica ma come capacità di cogliere con un colpo d'occhio la reale sostanza delle cose. Il risultato è un pamphlet paradossale e pungente, nel quale le considerazioni di natura artistica si mescolano a fulminanti notazioni di politica e di costume (una fra tutte: l'Inghilterra del passato grandioso come nazione di bottegai e dunque di poeti, contrapposta al presente nel quale prosperano solo i "proprietari di negozi"). Paradossale e ispirato, Chesterton scorge nell'isolamento di Blake rispetto al suo secolo, il Settecento, un'anticipazione della propria irriducibilità alle categorie novecentesche...
Sembrano lontani i giorni di Londonderry, della Domenica di Sangue, quelli in cui i pub di Londra saltavano in aria col loro carico di odio irlandese verso il tiranno britannico. E sembra addirittura quasi spenta l'eco della Rivolta di Pasqua, di Michael Collins, dell'lRA, se non ci fossero una mitologia rock o il cinema hollywoodiano a mantenerla viva e toccante nella memoria del pubblico occidentale. Le "Impressioni irlandesi" dello scrittore britannico Chesterton ci proiettano in quei momenti con la crudezza della testimonianza diretta, ma anche con l'acuta precisione di un osservatore che vuole capire. Scritte in occasione del viaggio intrapreso da Chesterton nel 1918 su invito dell'amico e poeta William Butler Yeats, le "Impressioni" traggono spunto dai luoghi fisici, dai segni e dai simboli della cultura irlandese per ragionare sull'essenza di quella terra e sul carattere di quel popolo. In questo sforzo di riflessione, per il bene anche del Regno Unito, le "Impressioni irlandesi" attraversano le profondità dello spirito d'Irlanda, affrontano a viso aperto gli errori storici dell'Inghilterra, e grazie alla penna fine di un grande scrittore ci offrono una serie inarrestabile di fulminanti verità, valide per ogni tempo e ogni luogo. Il risultato - come scrive Gregory Dowling nell'Introduzione - è quello di un libro straordinariamente generoso. Una generosità di spirito che perfino George Bernard Shaw, amico sempre critico di Chesterton, ammise, recensendo per primo le "Impressioni irlandesi".