Questo libro può essere considerato un compendio aggiornato della rivoluzione che Chomsky ha portato nella linguistica. In particolare, sono qui messe a tema tre domande fondamentali: che cos'è il linguaggio umano? Quali sono le caratteristiche specifiche di questo codice di comunicazione che, a differenza di quello degli altri esseri viventi, permette a qualsiasi persona di ricombinare un insieme limitato di elementi discreti (le parole) generando un insieme potenzialmente infinito di espressioni (le frasi)? È possibile ripercorrerne l'evoluzione, ammesso che di evoluzione sia lecito parlare? Chomsky affronta questi interrogativi attraverso una trattazione, dettagliata ed esauriente ma al contempo sintetica, ricca di notazioni storiche e filosofiche e accessibile a chiunque nutra interesse per la natura e la struttura del linguaggio umano pur senza avere conoscenze tecniche preliminari.
«Che cos'è il linguaggio? Quali sono i limiti dell'intelletto umano (se esistono)? E qual è il bene comune per ¡1 quale dovremmo lottare?» Ecco i tre quesiti che Noam Chomsky affronta nelle lezioni raccolte in questo volume, elementi essenziali della domanda delle domande: «Che genere di creature siamo?» Non si tratta certo di questioni da poco, ma se c'è qualcuno che ha sia la competenza scientifica sia la capacità didattica necessarie per trattare tali problemi coinvolgendo il lettore e rendendolo davvero partecipe del ragionamento, questi è sicuramente Chomsky. Che, senza avere mai la pretesa di offrire soluzioni definitive, rende semplice il difficile, e mettendo a nostra disposizione le sue enormi conoscenze ci mostra quanto spesso e quanto facilmente le ovvietà, così banali nel loro essere vere, possano essere ignorate o rifiutate, mentre l'errore diventa prassi, se non teoria, dominante. Partendo dal «linguaggio» e arrivando al «bene comune», il grande intellettuale americano si mostra qui per intero. Per una volta, in questo libro il linguista e il «politico» si incontrano, e dimostrano (se ce ne fosse bisogno) che si tratta di una persona sola: in Chomsky tout se tient. E mai come in queste pagine risulta evidente che lo scienziato che ha rivoluzionato la linguistica e l'appassionato militante perseguono un medesimo fine: la comprensione di ciò che l'uomo è nella sua natura più profonda.
Solo noi possediamo lo strano oggetto biologico chiamato "linguaggio". Noi e nessun'altra specie animale, compresi i primati non umani, visto che uno scimpanzé non sfiora neppure le capacità sintattiche di un bambino di tre anni. Il linguaggio è l'unicità più intrigante ed enigmatica in cui si sia mai imbattuto chi studia l'animale uomo, quella che ha avuto effetti incalcolabili sulla nostra vicenda. Da lungo tempo stuoli di scienziati delle più varie discipline e dei più diversi orientamenti sono alla ricerca delle sue origini; un'avventura intellettuale in cui si incrociano spade e si mettono in campo saperi sofisticati, sempre di nuovo riarmati in una tenzone senza fine. Un vero rovello soprattutto per l'evoluzionismo, alle prese con un "salto" che ne sfidava la tradizionale impostazione gradualistica. Oggi però molto è cambiato, perché negli ultimi venticinque anni abbiamo appreso sulle basi neurofisiologiche e genetiche del linguaggio più che nei secoli precedenti, mentre i biologi evoluzionisti sono approdati, con matematiche avanzate, a interpretazioni stocastiche del cambiamento evolutivo. Dall'analisi di queste risultanze ripartono Noam Chomsky, supremo teorico della grammatica universale innata, e il linguista computazionale Robert Berwick, tra i maggiori studiosi dell'apprendimento vocale negli uccelli canori. La loro tesi, insieme evoluzionistica e discontinuistica, è un punto di arrivo nel dibattito sull'argomento...