Perché un altro libro sulla pena di morte? Non solo perché alcuni stati continuano ad affermare il loro “diritto di uccidere”, ma anche perché la pena di morte ci appare come un problema tuttora complesso e sfuggente, nonostante il grande rilievo dato a esso nel dibattito politico-giuridico contemporaneo. Tutti i saggi raccolti nel volume, infatti, si misurano con la natura enigmatica della pena capitale: una pena antichissima e ancora attuale; una pena che affonda le radici nei momenti più arcaici della nostra storia, ma continua a essere proposta come un indispensabile strumento di salvaguardia dell’ordine; una pena che attraversa l’intera storia dell’Occidente, ma è conosciuta e praticata anche da culture lontanissime dalla nostra.
L’obiettivo del libro è non tanto offrire un’informazione dettagliata sul presente e sul passato della pena di morte, quanto sollecitare domande e mettere in discussione presunte certezze. Traspare dal dibattito fra “abolizionisti” e difensori della pena di morte il decisivo problema del fondamento e delle modalità di impiego della violenza “legittima”. Proprio per questo, riflettere sulla pena di morte è un compito attuale e impegnativo. È un compito attuale perché infliggere la morte come pena, lungi dall’essere un residuo del passato, è una possibilità sempre aperta, una tentazione presente anche nelle nostre società. È un compito impegnativo perché può essere assolto solo da chi tenti di mettere in questione una tendenza di cui il nostro presente offre inquietanti testimonianze. È la tendenza ad adottare antiche e persistenti strategie di disumanizzazione dell’altro; la tendenza a inventare sempre nuove, minacciose figure di estraneità e a trasformarle nelle nostre prossime vittime sacrificali.