"Questo libro nasce da una scritta vista su un muro di Roma: 'Spegnete Facebook e baciatevi'. Fantastica sintesi di un pensiero non conformista, un'idea appesa come una cornice in mezzo al fumo degli scappamenti, una finestra abusiva, una sfida all'arrancare quotidiano di milioni di formiche, tra casa e ufficio, tra palestra e centri commerciali, obbligate a connettersi e a essere connesse senza requie, senza pensiero, senza dubbio. Una protesta probabilmente vana, sommersa dalla forzata consapevolezza di poter comunicare solo attraverso la lettura di uno schermo o lo scorrere di parole scarne o di immagini che uno strumento tecnologico può e deve trasmettere senza soluzione di continuità." È con queste parole che Paolo Crepet introduce la sua analisi appassionata e libera da pregiudizi della condizione dell'individuo e dei rapporti interpersonali nel mondo digitale e interconnesso in cui oggi tutti viviamo, ma dal quale le giovani generazioni sembrano letteralmente rapite. Ma come sarà, da adulto, un bambino che ha comunicato sempre e soltanto attraverso un device? Che ne sarà della sua abilità nell'utilizzare e sviluppare il proprio apparato sensoriale? Quali cambiamenti interverranno nel suo modo di vivere i sentimenti e le relazioni sociali? Rispondendo a questi interrogativi, Crepet evita i toni apocalittici e la fin troppo facile demonizzazione del lato oscuro presente in ogni forma di progresso.
La vita di Fausta è contenuta in una fila di quaderni neri. Lei l'ha annotata per anni e l'ha riscritta per il suo analista. Ha provato a correggerla, proprio come medici, insegnanti e ciarlatani hanno sempre fatto con il suo corpo anoressico, alla ricerca di ciò che era sbagliato, della "patologia". Ma a essere patologico è l'ambiente in cui questa donna è cresciuta. Tra un padre succube e una madre apatica, all'ombra di una nonna dispotica della quale porta il nome come fosse un marchio, Fausta ha scelto di annullare il suo corpo, e solo nella scrittura trova una salvezza. Un caso di anoressia che diventa un romanzo familiare, in cui Fausta racconta la lotta per essere sé stessa, per riscattarsi dall'istinto di autodistruzione impresso nel sangue come una condanna. Il suo diario è la storia di tutti noi, sedotti dalla sofferenza e spaventati dalla libertà di essere quel che siamo, dall'imperfezione dei sentimenti, dalla nostra fame d'amore.
Il legame sociale e affettivo più nobile, l'amicizia, in un libro che ne rivela la forza consolatoria e al tempo stesso rivoluzionaria, in un'epoca segnata dalla crisi e dalla banalizzazione dei sentimenti. Col tono sobrio ma appassionato di sempre, Paolo Crepet indaga l'amicizia, sentimento "più dogmatico dell'amore", che non conosce sfumature di comodo, per ridarle dignità. Si interroga sulle amicizie maschili e femminili, sul loro rapporto con l'amore e con il sesso, con il dolore e con la morte, con la fedeltà e il tradimento. E ancora sull'amicizia tra genitori e figli e sul senso che essa ha all'epoca dei social network. Rivelandoci il potere che rivestono nella nostra vita le relazioni che non giudicano e non ricattano, ma chiedono complicità e gratuità. E lasciandoci nella mente alcuni ritratti indimenticabili, che con leggerezza e ironia trattengono qualcosa del passato, e ci fanno intuire che nell'amicizia il tempo non è mai perduto. Con una nuova prefazione dell'autore.
Essere felici può accadere molto più spesso di quanto immaginiamo, dobbiamo solo lasciare che accada. Per molti lagnarsi è più che un vezzo, una difesa: è ciò che sanno fare meglio perché lo hanno imparato fin dall'infanzia. Combattere questo atteggiamento vuol dire elaborare una nuova grammatica quotidiana, avviare una piccola rivoluzione cui Paolo Crepet dà il suo contributo in queste pagine. E dimostra come educare alla felicità, quella autentica - da non confondere con la gioia effimera - dovrebbe essere il compito primario di ogni adulto e di ogni insegnante. Così i bambini cresceranno più forti e meno ricattabili, e i ragazzi saranno più liberi.
Bambini maleducati, adolescenti senza regole, ragazzi ubriachi all'alba in una qualsiasi via di una qualsiasi città. Bullismo, indifferenza. Giovani senza occupazione che, invece di prendere in mano la propria vita, vegetano senza studiare né lavorare. Genitori che si lamentano di una generazione arresa, una generazione senza passioni, che sembra aver perso anche la capacità di stupirsi. Ma chi si è arreso per primo, se non i genitori stessi? Chi per primo ha smarrito lo stupore e l'indignazione? Chi, dicendo sempre sì, ha sottratto alle nuove generazioni l'essenziale, ossia il desiderio? I genitori "invertebrati", quelli che difendono i figli a priori, quelli che salvaguardano un quotidiano quieto vivere privo di emozioni e ambizioni, dove rimbomba soltanto l'elenco delle lamentele contro la società e la politica. Come se questo mondo non l'avessero creato proprio loro. Un pamphlet severo ma anche pieno di speranza, con cui Crepet ribadisce tenacemente che educare significa soprattutto preparare le nuove generazioni alle difficili, ma anche meravigliose, sfide del futuro.
Il legame sociale e affettivo più nobile, l'amicizia, in un libro che ne rivela la forza consolatoria e al tempo stesso rivoluzionaria, in un'epoca segnata dalla crisi e dalla banalizzazione dei sentimenti. Col tono sobrio ma appassionato di sempre, Paolo Crepet indaga l'amicizia, sentimento "più dogmatico dell'amore", che non conosce sfumature di comodo, per ridarle dignità. Si interroga sulle amicizie maschili e femminili, sul loro rapporto con l'amore e con il sesso, con il dolore e con la morte, con la fedeltà e il tradimento. E ancora sull'amicizia tra genitori e figli e sul senso che essa ha all'epoca dei social network. Rivelandoci il potere che rivestono nella nostra vita le relazioni che non giudicano e non ricattano, ma chiedono complicità e gratuità. E lasciandoci nella mente alcuni ritratti indimenticabili, che con leggerezza e ironia trattengono qualcosa del passato, e ci fanno intuire che nell'amicizia il tempo non è mai perduto.
Bambini maleducati, adolescenti senza regole, ragazzi ubriachi all'alba in una qualsiasi via di una qualsiasi città. Bullismo, indifferenza. Giovani senza occupazione che, invece di prendere in mano la propria vita, vegetano senza studiare né lavorare. Genitori che si lamentano di una generazione arresa, una generazione senza passioni, che sembra aver perso anche la capacità di stupirsi. Ma chi si è arreso per primo, se non i genitori stessi? Chi per primo ha smarrito lo stupore e l'indignazione? Chi, dicendo sempre sì, ha sottratto alle nuove generazioni l'essenziale, ossia il desiderio? I genitori "invertebrati", quelli che difendono i figli a priori, quelli che salvaguardano un quotidiano quieto vivere privo di emozioni e ambizioni, dove rimbomba soltanto l'elenco delle lamentele contro la società e la politica. Come se questo mondo non l'avessero creato proprio loro. Un pamphlet severo ma anche pieno di speranza, con cui Crepet ribadisce tenacemente che educare significa soprattutto preparare le nuove generazioni alle difficili, ma anche meravigliose, sfide del futuro.
Paolo Crepet torna a parlare di famiglia, con un libro che ha il coraggio di affrontare e soprattutto sfidare l'attuale emergenza educativa, arrivando al cuore del più importante dovere della nostra comunità: la crescita delle nuove generazioni, il nostro futuro. Un importante, meditato, utile abbecedario dove ogni parola chiave è l'occasione per raccontare una storia vera, che ci riguarda.
In una piccola città di provincia, dove tutti sanno e nessuno dice, una storia senza tempo che svela l'anima di un mondo condannato.
Sara non sa liberarsi da un padre che la detesta. L'illusione della fuga è ciò che le rimane, mentre la sua famiglia di diabolici avvocati, che stringe nel pugno la città intera, celebra la propria dissoluzione.
Sara vive la cattiveria, la grettezza, l'aridità di cui sono capaci gli uomini quando si tratta di tenere le donne nel ruolo che per secoli hanno costruito per loro.
La storia di Sara ci fa attraversare questo inferno domestico, affascinati da una ragazza che ne porta, con tenerezza e coraggio, le stimmate.
Una straordinaria metafora della cecità del potere.
Sara si è alzata prima dell'alba. Poche ore di sonno agitato. L'odore di mele e cannella filtra dal forno: il permesso di preparare la crostata è il suo regalo per Natale. Sorveglia dallo sportello lo zucchero sciogliersi in caramello bruno. «Sta cuocendo bene...» pensa. «Troppo morbida», si erano lamentati i suoi l'anno prima.
Sulla sedia, avvolta dalla vestaglia di lana, le mani attorno alla tazza calda di caffellatte, Sara è raccolta nella calma profumata: le stanze sono ancora spogliate di voci aspre. Natale può anche finire cosí.
Nello stile semplice e narrativo che lo ha reso familiare a tanti lettori, nel tono rigoroso e sommesso del grande saggista, Paolo Crepet affronta quello che è forse il vero tabú del nostro tempo. E ci porta per mano a scoprire che nel mondo dominato dall'ossessione dell'efficienza e della prestazione, la vera possibilità di cambiamento coincide proprio con il coraggio dei sentimenti. Perché si fa presto a dire «amare». Ma quante sono le persone che possono dire di essere innamorate sul serio?
E quante quelle capaci di andare oltre l'innamoramento, fino all'amore?
Dal bullismo, che è troppo facile liquidare come «ragazzata», all'abuso di alcol, tra le prime cause di morte fra i giovani, dal 7 in condotta, necessario perché solo la presenza di regole insegna a rispettare il prossimo e a riconoscere i propri limiti, al telecomando, che insieme a Facebook e all'iPod indirizza verso un uso «surfistico» delle relazioni, improntate cioè all'eccitazione momentanea, alla comodità, che porta a evitare la fatica della riflessione... Un importante, meditato, utilissimo abbecedario dove ogni parola chiave è l'occasione per raccontare una storia vera, che ci riguarda. Attraverso l'esperienza decennale di incontri con le famiglie nelle diverse province italiane, Paolo Crepet parte dai nostri gesti quotidiani per ragionare sulle sfamiglie di oggi, quelle che passano insieme non piú di 40 minuti al giorno, quelle dove i genitori sembrano arrendersi, concedere tutto ai figli per paura di sentirsi rifiutati o solo per senso di colpa. E ci aiuta a guardare con responsabilità a ciò che abbiamo costruito, talvolta sfasciato. Perché educare significa «accompagnare», voler rischiare di credere nell'altro, avere coraggio: proprio come amare.
Così, nella prefazione a Sfamiglia, Paolo Crepet spiega le ragioni che lo hanno spinto ad affrontare il tema della famiglia:
«Ho deciso di scrivere spinto da un bisogno impellente, comune aIle persone di buon senso: la percezione che ciò che stiamo vivendo non sia frutto di errori di percorso o involuzioni impreviste, ma di una straordinaria mutazione antropologica che coinvolge la famiglia, i giovani e Ie loro culture, ovvero l'intera comunità. Una mutazione che non dovrebbe indurre spavento ma curiosità, attenzione, voglia di provare a capire cosa sta accadendo e cosa potrà accadere.
Questo vademecum nasce dunque dal desiderio di cercare e accettare il confronto con tale nuova e inusitata complessità, anzi, di sfidarla. Ho cercato una modalità di scrittura nuova per me, che accogliesse la necessita di guardare alIa cronaca come a una metafora, a volte annichilente, delle nostre relazioni; di raccontare ciò che vedo e ascolto perché da gesti semplici e parole quotidiane si possa trarre ragionamento e critica; di ripensare ai miei vecchi e più recenti maestri per dire aIla mia generazione che senza di loro si procede alIa cieca; di riascoltare la mia musica e di ripercorrere alcune mie letture formative per ricordare a me stesso e a chi leggerà quanto dietro e dentro una nota o una pagina ci siano risposte a domande che abbiamo smesso di farci.
Un libro daIla forma di suk, il suono di una jam session, i colori di uno di quei cieli che mio nonno materno chiamava «da battaglia», sovrastanti il combattimento campale di una raffigurazione seicentesca. Contiene spunti, riflessioni, citazioni, note attorno al tema più importante e alla prova più determinante che dobbiamo affrontare: il nostro comune futuro, ovvero l'educazione e la crescita delle generazioni nuove.»
"Per non essere traditi bisognerebbe tradire prima, avrebbe detto mio padre, ma non ci sono riuscita". Questo è il racconto del viaggio dentro se stessa di una donna senza nome, senza tempo e senza luogo che è tante donne, la madre, le amiche, la figlia, tutte le donne che sono in lei. Ed è il racconto dei tanti tradimenti che può contare nella sua esistenza. A partire dal più grande, che tutti li riassume: quello verso di sé, nella convinzione che la solitudine e la sterilità dei sentimenti l'avrebbero protetta dal dolore.