Un disegno storico della letteratura italiana secondo Croce? Nulla gli sarebbe stato più estraneo. "La 'Storia della letteratura italiana' quale per mio conto l'intendo" scrive nell'Avvertenza a Poesia popolare e poesia d'arte (1933) "è l'indagine, la discussione e lo schiarimento di quei punti, quegli autori e opere, della nostra letteratura, che reputo finora non abbastanza, a mio senso, schiariti": di necessità, una suite di saggi e monografie, dedicati all'analisi di ciò che caratterizza il singolo artista. Così, quella che qui si offre è piuttosto un'antologia di quanto Croce, nell'arco di sessant'anni circa di attività, ha scritto in materia di letteratura italiana, dalle Origini sino al Novecento. E scopriremo, percorrendola, che Croce non ha trascurato alcuno dei suoi momenti principali, tornando spesso su taluni argomenti, magari per correggersi; che da vero pioniere si è occupato di temi poco frequentati e ha divulgato innumerevoli testi inediti o minori; ma soprattutto che a lui si deve un vastissimo, originale patrimonio di analisi, idee e giudizi storico-letterari, insostituibile fondamento per gli studi. Un patrimonio che oggi - liberi da profili, panorami, lineamenti e quadri storici della letteratura - possiamo finalmente ritrovare, assaporando una scrittura che rappresenta, sono parole di Gianfranco Contini, "la massima prosa non d'arte, prosa insieme democratica e controllata, per di più ricchissima d'invenzione terminologica, di quella che egli chiamava la nuova Italia".
Come un Cicerone dalla sorprendente dottrina, affabile ma mai conciliante, Benedetto Croce fa scoprire al lettore il volto segreto della sua città: le vestigia della dominazione spagnola e le vite smodate dei soldati che vi furono di stanza; gli scomparsi "seggi" e l'epopea dei lazzari, fanaticamente devoti a san Gennaro e al re; il vocio assordante dei venditori; personaggi come il sacerdote archivista don Dima Ciappa, "religiosissimo uomo" che fece uccidere un giovane rivale in amore, e gemme come il palazzo Cellamare a Chiaia, dove si sedimentano secoli di storia, di vita artistica e letteraria. I saggi qui raccolti sono apparsi in origine tra la fine dell'Ottocento e gli anni Cinquanta.
"Fisso è il pensiero alle sorti d'Italia: il fascismo mi pare già un passato, un ciclo chiuso e io non assaporo il piacere della vendetta, ma l'Italia è un presente doloroso". Così annotava Croce nei suoi taccuini di lavoro il 27 luglio 1943 e, proprio con queste parole, riemerge dall'isolamento e dà avvio a una fase radicalmente nuova di impegno e partecipazione alla vita politica, dalla quale si era tenuto distante. I "Taccuini" permettono di penetrare in un laboratorio in cui l'attività di studioso si accompagna a quella di politico militante: un politico lungimirante, concreto, impegnato a dialogare con le personalità più rilevanti dell'epoca. Ma permettono anche di ripercorrere anni cruciali della storia italiana attraverso una testimonianza diretta.