Questo libro, che inizialmente avrebbe dovuto chiamarsi "Il sentiero del cinabro" e che poi l'autore mutò in bozze ne "Il cammino del cinabro", con evidenti riferimenti simbolici ed ermetici, venne completato entro la metà del 1962 e pubblicato dall'editore Vanni Scheiwiller nel marzo 1963, con lo scopo di rispondere alle polemiche suscitate dall'intellighenzia italiana all'uscita di "Cavalcare la tigre" nel novembre 1961, in quanto si riteneva intollerabile che fosse stato stampato il saggio di un autore ancora messo all'indice. Julius Evola lo aveva scritto per farlo pubblicare dopo la sua morte, ma prevalse la richiesta del giovane editore milanese. Non si tratta di un'opera autobiografica precisa il filosofo, ma di una "guida attraverso i miei libri", anche se trattando, più che di vicende e fatti personali, di idee e di quei valori tradizionali che hanno caratterizzato tutta la sua vita, ben gli si adatta la definizione di "autobiografia spirituale". In quanto tale "Il cammino del cinabro" ha una importanza determinante non soltanto per ben comprendere il percorso delle tesi e della "visione del mondo" che mossero Julius Evola, ma soprattutto per constatare come ci sia un filo conduttore e una coerenza di fondo che legano tutte le sue opere e le posizioni che in esse vengono trasmesse. Saggio introduttivo di Geminello Alvi.
"Teoria e fenomenologia dell'individuo assoluto", scritto da Julius Evola fra il 1917, quando venne richiamato in guerra, e il 1924, quando era a Roma e ormai si interessava giù ad altri temi (arte, dottrine orientali, esoterismo), era costituito da "300 facciate formato protocollo riempite per 4/5 in manoscritto". L'opera apparve presso Bocca in due tomi, prima la "Teoria" (1927), poi la "Fenomenologia" (1930). Dopo la seconda guerra mondiale, durante la sua permanenza nell'ospedale militare di Bologna (1948-1951), Julius Evola sintetizzò e aggiornò la Teoria, che venne pubblicata soltanto nel dicembre 1973 e in una edizione critica in questa collana nel 1998, ma non effettuò la medesima operazione per Fenomenologia che apparve nella stesura originaria all'inizio del 1974, pochi mesi prima della sua morte. Quella che qui si presenta è dunque sempre l'edizione del 1930, corretta nei refusi, aggiornata nella bibliografia e con vari apparati critici.
Drury ritiene la Nuova Spiritualità - un termine che connota più seriamente la altrimenti nota New Age - qualcosa di eclettico rispetto alle religioni rivelate (Ebraismo, Cristianesimo. Islamismo) e perciò interessante, da approfondire e con molte potenzialità future. La Nuova Spiritualità e, a suo parere, allo stesso tempo vecchia e nuova: in certi suoi aspetti affonda cioè le radici in certe specifiche caratteristiche delle religioni occidentali, in altri sviluppa nuovi concetti e temi contemporanei. Per mettere in risalto le peculiarità serie della Nuova Spiritualità rispetto a quelle superficiali e popolaresche della New Age, l'autore presenta una sorta di "mappa" delle sue varie radici e componenti.
Storico, archeologo, antropologo e presidente della Società di mitologia francese, Bernard Sergent ricostruisce in questo saggio le origini comuni di celti ed elleni, entrambi con un ceppo comune. I due popoli elaborarono costumi sociali simili intorno al VI-VII secolo a.C. e nei miti comuni si possono rintracciare costumi comuni, anche se i cicli di riferimento sono diversi: quelli greci sono classici, quelli irlandesi risalgono a molto dopo, il 700-800 d.C.
Nella dottrina del risveglio Julius Evola si propone di mettere in luce la natura vera del buddhismo delle origini, dottrina che doveva sfaldarsi fino all'inverosimile nella gran parte delle forme successive, quando, per via della sua divulgazione e diffusione, essa divenne più o meno una religione. In realtà, il nucleo essenziale dell'insegnamento aveva avuto un carattere metafisico e iniziatico. L'interpretazione del buddhismo come una mera morale avente per fondo la compassione, l'umanitarismo, la fuga della vita perché "la vita è dolore", è quanto mai estrinseca, profana e superficiale. Il buddhismo è stato invece determinato da una volontà dell'incondizionato affermatasi nella forma più radicale, dalla ricerca di ciò che sovrasta sia la vita che la morte. L'autore, si occupa soprattutto del lato pratico, dell'"ascesi" del buddhismo, con una esposizione sistematica basata direttamente sui testi.