Un uomo cammina lungo le rive di un grande lago tedesco. È partito all'improvviso, dopo avere provocato una serie di "incidenti emotivi", come lui stesso li definisce. È ripiombato nella vita di persone che non vedeva da tempo. Ha risposto a email rimaste lì per quindici anni, facendo domande fuori luogo. Ha provato a riannodare fili spezzati. Mauro Barbi, storico di professione, cerca di aggiustare i ricordi degli altri - le persone che ama e ha amato - proponendo la sua versione dei fatti. Cerca di costruire una "memoria condivisa" che lo riguarda. Ma che impresa è? Forse c'entra una Piccola era glaciale privata, un processo di raffreddamento che ha spopolato la sua esistenza. Dove sono Fiore, Arno, il vecchio Cardolini, Meri, la Ragazza belga di Madrid? Dov'è Anna? Dove sono tutti? Forse il lago a cui ha dedicato anni di studio può dargli le risposte che cerca. Vede, anzi immagina, l'immensa lastra di ghiaccio che lo copriva da sponda a sponda quattro secoli e mezzo prima. Il sole pallido su una catasta di uccelli morti. Un lunghissimo inverno che travolse l'Europa con i suoi venti polari, le grandinate furiose, le inondazioni. Una remota stagione estrema che faceva battere i denti, perdere la speranza, impazzire. Come se ne uscì? Come se ne esce? Le immagini del passato ci ingannano sempre. Barbi prova a rientrare nel presente, con tutta l'ansia e la fatica che richiedono i gesti semplici. Uno in particolare potrebbe cambiare tutto. In questo suo "Romanzo senza umani", dove gli umani sono a fuoco più che mai, Paolo Di Paolo interroga i disastri climatici delle nostre singole vite. Gli anni senza estate, i desideri furiosi come acquazzoni tropicali, le secche della speranza, il gelo che intorpidisce e nasconde. E poi il disgelo, che finalmente riporta alla luce. Che cosa ricordano, gli altri, di noi?
Siamo noi a scegliere gli alberi? Oppure sono gli alberi a scegliere quale umano seguire nelle tappe della sua vita? O, meglio, non sono forse gli alberi a poter raccontare il passaggio terreno degli umani? Il gelso di Gerusalemme, il pino piegato del Monte Nebo, gli ulivi di Betlemme, i sicomori di Gaza e i ficus dell'Orto botanico di Palermo, e poi i platani del parco di Gezi e i flamboyant del Cairo non solo sono tutti testimoni di una storia umana, ma scrivono, nel loro modo, la Storia. È così che Paola Caridi ci presenta e racconta le storie dietro agli alberi - e ai giardini botanici - più simbolici del Medio Oriente e del Mediterraneo. E con queste storie - sorprendenti, personali, politiche e tragiche - fa vivere anche le storie degli uomini e delle donne che hanno deciso di abitare la terra dove questi alberi hanno messo radici. Tra il memoir e la storia di aree dell'Italia e del Mediterraneo che hanno subìto una doppia colonizzazione - degli uomini e, all'interno della specie umana, di chi ha esercitato un potere indiscriminato e non partecipato anche sui luoghi e sul paesaggio -, "Il gelso di Gerusalemme" ribalta la nostra usuale prospettiva di comprensione dell'altro, ci aiuta a esaminare sotto nuovi aspetti i testimoni inermi e silenziosi dei passaggi cruciali nelle vicende del mondo. È la storia, un pezzo di storia, raccontata dagli alberi.
Treni, profughi, convogli militari nel buio. In una lunga insonnia accanto alla stufa accesa, sulla frontiera dell'Est, Paolo Rumiz sente la notte di malaugurio di un'Europa assediata da guerre e governata dai poteri selvaggi dell'economia. Riceve segnali allarmanti da Francia, Germania, Spagna, Grecia e Paesi Baltici e si chiede come resistere a tutto questo. Orwell è entrato anche a Bruxelles, i princìpi della Costituzione europea sono in macerie, le sbarre di confine ritornano. Intorno, guerra contro le vite umane che migrano, guerra di tutti contro tutti, disumanità e indifferenza. L'uomo nel buio sente che i barbari possono arrivare in qualsiasi momento, e capisce che non basta la parola "fascismo" a definirli. Dietro al fascismo c'era un'idea di società, dietro a costoro c'è un'identità costruita da influencer e priva del profumo dolce della patria. Ed è di notte che essi si muovono, digitando parole di odio in rete. I nuovi barbari si servono meglio di chiunque altro di questa macchina perversa per occupare il vuoto politico lasciato da una sinistra inconsistente, lontana dal popolo e priva di etica. Ma proprio quando "tutte le fisarmoniche della notte sembrano suonare assieme", Rumiz scopre una miriade di punti luce dall'Atlantico alle terre dell'Est. In Germania, ma anche altrove, sono scesi in piazza a milioni contro i sovranisti. Allora sente crescere in sé il demone dell'ironia e della lotta, e al tempo stesso la fiducia nella forza della parola di cui si sente custode. Poi il cielo si schiara, e le ombre fuggono negli anfratti del bosco. "Quelli come me non hanno che parole da offrire. Ma le parole non sono poco, in questo sconfortante silenzio".
Dalla fondazione agli attentati del 7 ottobre. Cosa si nasconde dietro il mistero Hamas? Perché ha guadagnato tanto consenso nella società palestinese? Nei suoi quarant'anni di esistenza, Hamas è passata attraverso il terrorismo e gli attentati suicidi, ha sfidato l'autorità di Yasser Arafat, è sopravvissuta all'eliminazione fisica di gran parte dei suoi dirigenti. Nel 2006 è arrivata al governo dell'Anp, democraticamente eletta dalla maggioranza dei palestinesi, ed è ritornata subito dopo in clandestinità, a seguito dell'embargo deciso da Israele e da una parte della comunità internazionale, Unione Europea e Stati Uniti in testa. Da allora, dal 2007, si tende a identificare Hamas con Gaza, lo spazio sul quale il movimento islamista esercita il monopolio del potere, dimenticandone la storia complessa che va oltre la Striscia. Cosa si nasconde dietro il mistero Hamas? Perché un movimento islamista ha guadagnato così tanto consenso all'interno di una società ritenuta tendenzialmente laica come quella palestinese? Paola Caridi scrive la storia di Hamas usando fonti a metà tra la cronaca e l'archivio. Fa vedere i luoghi e fa parlare i protagonisti, i militanti, uomini e donne. Ora la sua ricerca storico-politica esce in versione aggiornata, a 14 anni dalla prima edizione, per raccontare cosa è successo da quando Gaza è stata chiusa da tutti i lati da Israele e dall'Egitto. Dalla radicalizzazione della leadership di Hamas ai cambiamenti nella linea politica interna fino all'attacco sanguinoso del 7 ottobre 2023.
Tre storie diverse, la stessa città - Roma, all'inizio degli anni Ottanta - e lo stesso destino: smettere di essere soltanto figli, diventare genitori. Eppure Luciana, Valentina, Cecilia non sono certe di volerlo, si sentono fragili, insofferenti. Così come sono confusi, distanti, presi dai loro sogni i padri. Si può tornare indietro, fare finta di niente, rinunciare a un evento che si impone con prepotenza assoluta? Luciana lavora in un giornale che sta per chiudere. Corre, è sempre in ritardo, l'uomo che ama è lontano, lei lo chiama l'Irlandese per via dei capelli rossi. Valentina ha diciassette anni, va alle superiori ed è convinta che da grande farà la psicologa. Appena si è accorta di essere incinta, ha smesso di parlare con Ermes, il ragazzo con cui è stata per qualche mese e che adesso fa l'indifferente, ma forse è solo una maschera. Cecilia vive fra una casa occupata e la strada, porta un caschetto rosa e tiene al guinzaglio un cane. Una sera torna da Gaetano, alla tavola calda in cui lavora: non vuole nulla da lui, se non un ultimo favore. A osservarli c'è lo sguardo partecipe di un io che li segue nel tempo cruciale della trasformazione. Un giro di pochi mesi, una primavera che diventa estate. Tra bandiere che sventolano festose, manifesti elettorali che sbiadiscono al sole e volantini che parlano di una ragazza scomparsa, le speranze italiane somigliano a inganni. Poi ecco che una nuova vita arriva e qualcosa si svela. "Lontano dagli occhi" è una dichiarazione d'amore al potere della letteratura, alla sua capacità di avvicinare verità altrimenti inaccessibili. Ricostruendo con la forza immaginifica della narrazione l'incognita di una nascita, le ragioni di una lontananza, Paolo Di Paolo arriva a rovesciare la distanza dal cuore suggerita dal titolo. Una storia sul peso delle radici, su come diventiamo noi stessi.
Si incontrano una sera di ottobre, davanti a un teatro. Lui, rientrato da Londra, insegna recitazione a un gruppo di anziani. Lei lavora in un'agenzia di viaggi. Dal fascino indecifrabile di Teresa Nino è confuso e turbato. Starle accanto lo costringe a pensare, a farsi e a fare domande, che via via acquisiscono altezza e spessore. Al di là dell'attrazione fisica, coglie in lei un enorme mistero, portato con semplicità e scioltezza. L'uno guarda l'altra come in uno specchio, che di entrambi riflette e scompone le scelte, le ambizioni, le inquietudini. Tanto Nino è figlio del suo tempo (molte passioni spente, nessuna tensione ideologica), tanto Teresa, con il suo segreto, sembra andare oltre. Ostaggi di un mondo invecchiato, si lanciano insieme verso un sentimento nuovo, come si trattasse di un patto, di una scommessa. Accade sotto lo sguardo lungo e partecipe di Grazia, zia di Teresa e insegnante di teatro di Nino, attore giovane allo sbando. Proprio mentre crescono l'attesa e il desiderio, Grazia esce di scena, creando una sorta di "dopo" che rilegge l'intera vicenda di Nino e Teresa, il loro cercarsi là dove sono più profondamente diversi.
Si incontrano una sera di ottobre, davanti a un teatro. Lui, rientrato da Londra, insegna recitazione a un gruppo di anziani. Lei lavora in un'agenzia di viaggi. Dal fascino indecifrabile di Teresa, Nino è confuso e turbato. Starle accanto lo costringe a pensare, a farsi e a fare domande, che via via acquisiscono altezza e spessore. Al di là dell'attrazione fisica, coglie in lei un enorme mistero, portato con semplicità e scioltezza. L'uno guarda l'altra come in uno specchio, che di entrambi riflette e scompone le scelte, le ambizioni, le inquietudini. Tanto Nino è figlio del suo tempo (molte passioni spente, nessuna tensione ideologica), tanto Teresa, con il suo segreto, sembra andare oltre. Ostaggi di un mondo invecchiato, si lanciano insieme verso un sentimento nuovo, come si trattasse di un patto, di una scommessa. Accade sotto lo sguardo lungo e partecipe di Grazia, zia di Teresa e insegnante di teatro di Nino, attor giovane allo sbando. Proprio mentre crescono l'attesa e il desiderio, Grazia esce di scena, creando una sorta di "dopo" che rilegge l'intera vicenda di Nino e Teresa, il loro cercarsi là dove sono più profondamente diversi. Paolo Di Paolo entra nel teatro della contemporaneità cogliendo i segni di un bene inaspettato, di una luce che si accende dove smettiamo di esigere garanzie, dove viene voglia di mettersi alla prova. E di capire se siamo in grado di vivere.
Si può vendere la propria esistenza, con tutto quel che c'è dentro? Quando scopre la storia di un ventenne australiano che mette in vendita la sua vita su eBay per seimila dollari, Lucien decide di fare altrettanto. Sente che le sue giornate gli vanno strette e prova perciò a liberarsene. Le offre a Filippo, incontrato per caso: raduna fotografie e ricordi, segnala abitudini, presenta nemici e amici, compresa la Signorina F., che ancora gli ronza in testa. Lucien se ne va, portando con sé solo un quaderno dalla copertina nera. Filippo comincia a vivere la vita dell'altro, a farla sua, con disinvoltura e imprudenza, fino al punto di innamorarsi della Signorina F. Le cose si complicano, Lucien e Filippo vengono travolti dalle conseguenze del loro stesso azzardo. Il vecchio "proprietario" della vita in vendita, da lontano, si accorge di non avere dato il prezzo a troppe cose: a certe mattine di domenica, a una neve arrivata all'improvviso, a una storia d'amore che non è stata. Alla donna che lo ha messo al mondo, a cui non ha mai potuto chiedere della notte in cui è nato. Una storia sulla forza oscura delle radici, sul patto profondo che ci lega a noi stessi.
Moraldo, arrivato a Torino per una sessione d'esami, scopre di avere scambiato la sua valigia con quella di uno sconosciuto. Mentre fatica sui testi di filosofia e disegna caricature, coltiva la sua ammirazione per un coetaneo di nome Piero. Alto, magro, occhiali da miope, a soli ventiquattro anni Piero ha già fondato riviste, una casa editrice, e combatte con lucidità la deriva autoritaria del Paese. Sono i giorni di carnevale del 1926. Moraldo spia Piero, vorrebbe incontrarlo, imitarlo, farselo amico, ma ogni tentativo fallisce. Nel frattempo ritrova la valigia smarrita, ed è conquistato da Carlotta, una fotografa di strada disinvolta e imprendibile in partenza per Parigi. Anche Piero è partito per Parigi, lasciando a Torino il grande amore, Ada, e il loro bambino nato da un mese. Nel gelo della città straniera, mosso da una febbrile ansia di progetti, di libertà, di rivoluzione, Piero si ammala. E Moraldo? Anche lui, inseguendo Carlotta, sta per raggiungere Parigi. L'amore, le aspirazioni, la tensione verso il futuro: tutto si leva in volo come le mongolfiere sopra la Senna. Che risposte deve aspettarsi? Sono Carlotta e Piero, le sue risposte? O tutto è solo un'illusione della giovinezza? Paolo Di Paolo, evocando un protagonista del nostro Novecento, scrive un romanzo appassionato e commosso sull'incanto, la fatica, il rischio di essere giovani.
Dove eravate tutti. Dov'erano i padri, soprattutto. Dentro il declino civile di un paese, così risuona l'essere giovani contro l'età adulta, contro l'assenza, contro il silenzio. Italo Tramontana archivia la memoria degli ultimi vent'anni, quelli familiari e quelli pubblici, come se la sequenza delle prime pagine dei giornali dispiegasse l'evidenza della sua storia, con la caduta di Bettino Craxi, l'interminabile Seconda repubblica, l'attentato alle Torri Gemelle e l'elezione di Barack Obama. Ma intanto, nei giorni del calendario privato, il padre di Italo, insegnante neo-pensionato, investe con l'auto un ex studente davanti alla scuola. A tutti sembra un atto deliberato di violenza. E tanto basta a sfaldare gli equilibri domestici. Ora ci sono un padre umiliato, una madre in fuga, un minaccioso tendersi di distanze. Che tuttavia va di pari passo con il riaffiorare, bella e insinuante, di quella che era stata la bambina Scirocco, e con il suo imporsi sulla prima pagina degli affetti. Lo spazio che si apre tra la cupa attualità e un amore possibile disegna una strada, spazza gli anni senza nome che il giovane Italo ha vissuto e ripercorso in una ostinata "archeologia di se stesso". Ci vuole uno scatto, fuori dalla passività delle emozioni. Quasi fosse la nuova città simbolo dei destini incrociati, Berlino diventa la scena cui andare a cercare, cercarsi, rispondersi. In attesa di sapere dove siamo, tutti.
Dove eravate tutti. Dov'erano i padri, soprattutto. Dentro il declino civile di un paese, così risuona l'essere giovani contro l'età adulta, contro l'assenza, contro il silenzio. Italo Tramontana archivia la memoria degli ultimi vent'anni, quelli familiari e quelli pubblici, come se la sequenza delle prime pagine dei giornali dispiegasse l'evidenza della sua storia, con la caduta di Bettino Craxi, l'interminabile Seconda repubblica, l'attentato alle Torri Gemelle e l'elezione di Barack Obama. Ma intanto, nei giorni del calendario privato, il padre di Italo, insegnante neo-pensionato, investe con l'auto un ex studente davanti alla scuola. A tutti sembra un atto deliberato di violenza. E tanto basta a sfaldare gli equilibri domestici. Ora ci sono un padre umiliato, una madre in fuga, un minaccioso tendersi di distanze. Che tuttavia va di pari passo con il riaffiorare, bella e insinuante, di quella che era stata la bambina Scirocco, e con il suo imporsi sulla prima pagina degli affetti. Lo spazio che si apre tra la cupa attualità e un amore possibile disegna una strada, spazza gli anni senza nome che il giovane Italo ha vissuto e ripercorso in una ostinata "archeologia di se stesso". Ci vuole uno scatto, fuori dalla passività delle emozioni. Quasi fosse la nuova città simbolo dei destini incrociati, Berlino diventa la scena cui andare a cercare, cercarsi, rispondersi. In attesa di sapere dove siamo, tutti.
"Che uomini erano quelli. Riuscirono a salvare l'Europa con la sola forza della fede. Con l'efficacia di una formula semplicissima, ora et labora. Lo fecero nel momento peggiore, negli anni di violenza e anarchia che seguirono la caduta dell'Impero romano, quando le invasioni erano una cosa seria, non una migrazione di diseredati. Ondate violente, spietate, pagane. Unni, Vandali, Visigoti, Longobardi, Slavi e i ferocissimi Ungari. Li cristianizzarono e li resero europei con la sola forza dell'esempio. Salvarono una cultura millenaria, rimisero in ordine un territorio devastato e in preda all'abbandono. Costruirono, con i monasteri, dei formidabili presidi di resistenza alla dissoluzione. Sono i discepoli di Benedetto da Norcia, il santo protettore d'Europa. Li ho cercati nelle loro abbazie, dall'Atlantico fino alle sponde del Danubio. Luoghi più forti delle invasioni e delle guerre. Gli uomini che le abitano vivono secondo una 'regola' più che mai valida oggi, in un momento in cui i seminatori di zizzania cercano di fare a pezzi l'utopia dei loro padri: quelle nere tonache monacali ci dicono che l'Europa è, prima di tutto, uno spazio millenario di migrazioni. Una terra 'lavorata', dove - a differenza dell'Asia o dell'Africa - è quasi impossibile distinguere fra l'opera della natura e quella dell'uomo. Un paradiso che è insensato blindare con reticolati. Da dove se non dall'Appennino, un mondo duro, abituato da millenni a risorgere dopo ogni terremoto, poteva venire questa formidabile spinta alla ricostruzione dell'Europa? Quanto è conscia l'Italia di questa sua centralità se, per la prima volta dopo secoli, lascia in macerie le terre pastorali da dove venne il segno della rinascita di un intero continente? Quanto c'è ancora di autenticamente cristiano in un Occidente travolto dal materialismo? Sapremo risollevarci senza bisogno di altre guerre e catastrofi?" All'urgenza di questi interrogativi Paolo Rumiz cerca una risposta nei fortini dove resistono i valori perduti, in un viaggio che è prima di tutto una navigazione interiore. I guardiani dell'arca costituisce, insieme al canto epico Evropa (che uscirà per Feltrinelli nel 2020 in Italia, e simultaneamente in molti altri paesi europei), un dittico dedicato all'Europa, alle sue origini, al suo futuro.