Ad accomunare queste due tragedie, intimamente connesse ai contemporanei avvenimenti della guerra del Peloponneso, sono l'impegno politico e l'esaltazione patriottica di Atene, la cui fama immortale rivive nell'evocazione di personaggi mitici e luoghi significativi, come Maratona, Platea ed Eleusi. Gli "Eraclidi" (430 a.C.) si concentrano sul conflitto tra diritto e umanità, violenza e disumanità, ben rappresentato dal personaggio di Alcmena, allo stesso tempo perseguitata e persecutrice. Nelle "Supplici" (424 a.C.) riecheggiano i dibattiti e le esperienze della cultura e della politica del tempo di Pericle, cui dà voce nella tragedia il personaggio di Teseo, interprete delle istanze tradizionaliste e umanitarie di Euripide.
Con "Ifigenia in Taurine" Euripide porta il caos sulla scena sostituendolo all'ordine cosmico: gli equilibri sono rivoluzionati, le gerarchie sovvertite fino al ricatto posto da un uomo a un dio, i grandi scopi, le forti tensioni morali perdono consistenza e si degradano, diventano obiettivi circoscritti, personali, intrisi di egoismo. Goethe giudicò "Baccanti" la più bella delle opere di Euripide: ambigua e ricca di molteplici interpretazioni, è la tragedia della debolezza umana di fronte agli spietati e imperscrutabili disegni della divinità, il dramma della ragione che tenta di opporsi all'estasi dionisiaca, alla sua promessa di far svanire le sofferenze della vita.
Due tragedie "forti", in cui la presenza degli dèi ha ormai solo una funzione di immagine-simbolo di valori immanenti nella vita dell'uomo, come la forza dell'eros e l'ideale della purezza. La protagonista di "Ippolito", Fedra, e ancor più Medea sono tra i personaggi più drammatici del teatro d'ogni tempo: la tragedia è tutta interiore, il conflitto è dentro l'animo delle due straordinarie figure femminili, nello scontro tra le ragioni del cuore e della passione e la lucidità delle risoluzioni estreme portate a compimento.