Il mito di Napoleone, «l'uomo che suonava la musica dell'avvenire», continua a coinvolgere e intrigare sempre nuove generazioni. Di che cosa è fatta la sua eccezionalità? Come si è sviluppata e che cosa ha prodotto? Dopo "N." (Premio Strega 2000), che racconta i dieci mesi dell'Elba, Ernesto Ferrero ha continuato a indagarne gli aspetti che possono rivelarlo meglio e che ci toccano più da vicino: le inesauribili capacità organizzative, le tecniche di comunicazione, la progettualità visionaria, l'introduzione della meritocrazia, il culto del budget, le politiche economiche e culturali, l'attenzione per l'arte e per il libro, la rifondazione della macchina dello Stato, a partire dal Codice civile. Con una narrazione incalzante e in un fitto intreccio di storie e personaggi, il libro condensa in venti temi-chiave le ragioni di un'ascesa e di una caduta fuori misura (dalla prima campagna d'Italia all'Egitto, dalla Russia a Waterloo, all'esilio sull'isola di Sant'Elena) e i retroscena di un «sistema operativo» che fa di Napoleone il fondatore della modernità.
Nel giugno 1219 Francesco d'Assisi parte per nave alla volta dell'Oriente e si lancia in un'impresa temeraria: raggiungere Damietta assediata dai crociati e incontrare il Sultano d'Egitto. Che cosa si sono detti il giullare di Dio e il sovrano saraceno nel pieno di una guerra sanguinosa? Il capitolo piú avventuroso e rivelatore della vita del santo come non è mai stato raccontato.
Francesco d’Assisi ha trentasette anni quando si imbarca ad Ancona per la Terra Santa. Insieme al fidato frate Illuminato lascia temporaneamente un Ordine già turbato dai primi contrasti e ancora privo di una Regola approvata dal papa. Malgrado le malattie che lo affliggono, è deciso ad affrontare ogni difficoltà pur di incontrare il Sultano d’Egitto, che a Damietta deve sostenere l’assedio di un poderoso esercito crociato. Vuole convertirlo? Intende offrire un esempio di proselitismo ai suoi frati? O cerca il martirio? L’uomo che vuole riportare il Cristianesimo alla spiritualità delle origini e ama definirsi «unus novellus pazzus», torna dopo un anno profondamente mutato. Ha vissuto gli orrori della guerra, ma anche il fascino di una spiritualità che ha molti punti di contatto con la sua e lo aiuta a trovare le parole del Cantico delle creature. In una comunità cresciuta troppo in fretta, deve affrontare conflitti, delusioni, infermità sempre piú crudeli. Ma perché quarant’anni dopo Bonaventura da Bagnoregio, incaricato di scrivere la sua unica biografia autorizzata, racconta una verità diversa, in cui Francesco avrebbe sfidato il Sultano alla prova del fuoco? Un «falso d’autore» accuratamente architettato che verrà autenticato dagli affreschi della Basilica superiore di Assisi, attribuiti a Giotto, e finirà per occultare un modello di dialogo tra l’Europa cristiana e l’Oriente mussulmano. Ernesto Ferrero ricostruisce una vicenda tumultuosa inserendola nel quadro di un’epoca in cui si muovono papi e imperatori, vescovi e cardinali, frati e soldati, mercanti e pellegrini, cronisti e pittori, tutti agitati da ambizioni, visioni, sogni piú grandi di loro. Ognuno è portatore della diversa immagine del santo che nella radicalità delle sue sfide continua a sottrarsi a ogni definizione. Con il passo di un romanzo d’avventura e la precisione di una biografia, Francesco e il Sultano trasforma il tessuto di racconti favolosi che chiamiamo Storia in una vicenda che continua a riguardarci da vicino.
Con questo libro di memorie autobiografiche Ernesto Ferrero, qui in veste di giovane tifoso juventino, ci riporta a un momento in cui l'epica di un calcio dal volto umano era ancora parlata e scritta: affidata alle radiocronache di Nicolò Carosio, alle immaginifiche descrizioni dei settimanali sportivi e poi di Gianni Brera, a figurine un po' meste in cui i calciatori non sorridono mai. Ma l'amarcord va oltre le tinte bianconere. Perché il calcio è un linguaggio universale in cui c'è dentro tutto: il singolo e il gruppo, il valore e la fortuna, il metodo e l'estro, la beffa e il riscatto.
Siamo nei primi anni del secondo dopoguerra, segnati dalla storica partita Italia-Inghilterra e dalla tragedia del Grande Torino, e poi negli anni Cinquanta e Sessanta, quelli di un trio indimenticabile: l'astuto “cardinal” Boniperti; John Charles, il gigante buono; e Omar Sivori, l'imprendibile, beffardo coboldo italo-argentino. Insieme a loro, altri campioni e gregari, un'intera città in amore, il suo carismatico monarca Gianni Agnelli. Il calcio diventa una lente con cui guardare un tempo incantato che sembra favolosamente remoto. Le storie famigliari (il padre che aveva giocato nelle squadre giovanili, la nonna che confeziona bandiere), gli incontri e i singoli ritratti si sciolgono con naturalezza in quella grande metafora della vita che è il calcio, in cui ritroviamo tutta l'incompiutezza e la fallibilità degli esseri umani, le loro grandezze e miserie e imprevedibilità. Anche per questo il calcio ha coinvolto e appassionato scrittori che, in dialogo con l'autore, vengono colti al volo in queste pagine. Così Mario Soldati, Pier Paolo Pasolini, Vittorio Sereni, Giovanni Arpino, Osvaldo Soriano diventano parte integrante di un album di famiglia che non smetteremmo mai di sfogliare.
Quirina è un'anziana signora che vive in orgogliosa solitudine in un piccolo paese delle Alpi, dove accudisce un orto-giardino che è tutta la sua gioia, uno spazio armonioso che vuole opporsi all'insensato disordine del mondo. Finché una mattina di maggio fa una scoperta che la sconvolge: il prato è sconciato da serie di monticelli di terra che rivelano la presenza di una talpa. Comincia una guerra senza quartiere, in cui vecchi rimedi e credenze popolari si alternano con le nuove tecnologie, in un crescendo che troverà una conclusione inaspettata. L'intrusa scatena interrogativi e inquietudini, evoca memorie che sembravano perdute. Quirina arriva a scoprire con sorpresa che del "bravo minatore" hanno parlato in toni ammirati anche Shakespeare e Primo Levi... Abbandonando i territori prediletti del romanzo storico, Ernesto Ferrero ha scritto una favola lieve e profonda. La accompagnano i disegni di un'inedita Paola Mastrocola, che agli animali ha dedicato tante indimenticabili storie.
«Sin da ragazzo gli piaceva disegnare navi, vascelli alberati, cutter, brigantini, e più c'erano alberi e vele e sartie più godeva, specie a tratteggiare battaglie navali, le nuvolette che fanno i cannoni quando sparano.
- Mi piaceva disegnare il vento, - ha detto quasi commosso, come scoprisse qualcosa di sé che prima non sapeva. - Era un po' come disegnare la libertà, la forza. La vita. Rendere visibile l'invisibile».
«Il padre degli eroi», Emilio Salgari, è lo scrittore che ha infiammato generazioni di italiani creando centinaia di personaggi avventurosi sospinti dalla forza travolgente d'una eterna giovinezza. Ma il vero eroe è lui, il giornalista veronese appassionato di ciclismo e di scherma, pessimo scolaro e lettore onnivoro, che insegue tormentosi sogni di rivincita scrivendo romanzi d'appendice.
Nominato cavaliere dalla Regina Margherita perché sa «istruire dilettando», vive con la moglie, quattro figli e una pittoresca corte di animali in un caseggiato popolare ai piedi della collina torinese, sfiancato dai ritmi di un lavoro forsennato.
Chi è davvero l'uomo che tiene ad essere chiamato capitano, sostenendo d'aver navigato tutti i mari del mondo? Da dove prende il favoloso repertorio di piante e animali con cui ricrea l'essenza stessa dell'esotismo? Perché i suoi personaggi sono agitati da una ossessiva sete di vendetta?
A cent'anni dalla sua morte (un suicidio degno di un samurai) il romanzo di Ernesto Ferrero va oltre la biografia accostando documenti autentici e d'invenzione, e orchestrando le voci di un coro di testimoni: la moglie Ida, l'ex attrice da lui chiamata Aida, minacciata dalla follia; i figli, i vicini di casa, i pochi amici, i compagni di una bohème più sognata che praticata, esploratori, medici, giornalisti, pittori; ma soprattutto un'intrepida ragazza, Angiolina, che vorrebbe farsi insegnare da lui i segreti della scrittura e lo accompagna nell'ultimo viaggio con una tenera pietà tutta femminile.
Tra Verona, Venezia, Genova e la Torino di Lombroso e De Amicis si consuma il destino paradossale di un uomo solo, prigioniero dei mondi che lui stesso ha creato. La sua vicenda è strettamente intrecciata con le passioni di un'epoca lanciata nelle sue sfide tecnologiche: l'automobile, il cinema, i viaggi in pallone, i primi aerei, l'avveniristica Esposizione Universale che celebra i cinquant'anni dell'Unità d'Italia.
Il «forzato della penna» getta la sua morte in faccia a un mondo da cui si sente escluso.
La vita e le opere del grande scrittore che ci ha insegnato a ragionare e a distinguere, ad avvicinare i segreti della bellezza della materia vivente, a fissare l'orrore senza disperare.
L'uomo grassocio che sbarca, nel maggio 1814, all'isola d'Elba sembra un commerciante qualsiasi: è Napoleone Bonaparte. Tra gli elbani che lo accolgono diffidenti e curiosi c'è Martino Aquabona, un letterato che non si rassegna all'inumanità degli uomini e che da anni cerca di decifrare il mistero dell'Eroe, o dell'Orco, che ha sconvolto l'Europa. Nominato bibliotecario dell'Imperatore, Martino diventa testimone e interprete dello strano interludio dei 300 giorni e dell'intera parabola napoleonica, di cui cercherà di deviare il percorso con un gesto estremo. Le sue memorie sono il dialogo su due modi di vivere: modificare il mondo attraverso l'azione eroica, o cercare di dargli un senso attraverso la scrittura. Da questo romanzo è stato tratto il film di Paolo Virzì N (Io e Napoleone).
Dopo diciannove secoli, torna alla luce uno straordinario papiro dalla storia avventurosa. Destinato a ospitare un libro di geografia di Artemidoro di Efeso, già andato perduto, un papiro diventa un album da disegno utilizzato nelle botteghe d'arte dell'Alessandria di Cleopatra, e finisce in una maschera funeraria che lo conserva fino a noi. Questa scoperta emozionante offre ad Ernesto Ferrero l'occasione di un romanzo storico che ci restituisce vivacemente la vita quotidiana di due secoli, tra Efeso, capitale della provincia d'Asia, la Roma repubblicana e imperiale, la Spagna, Alessandria e i mari del Mediterraneo.