"È con Pasolini che ho 'litigato' di più", scrive Goffredo Fofi, "è da lui che mi sono sentito più provocato, chiamato in causa su argomenti fondamentali della nostra storia civile, e dunque della mia stessa storia". In questo libro Fofi ricapitola i suoi rapporti con Pier Paolo Pasolini attraverso un lungo saggio autobiografico e la riproposizione di tutti gli interventi scritti sull'argomento dal 1964 al 2022, testi spesso difficili da recuperare ma tuttora attuali per comprendere meglio la figura di Pasolini e il suo tempo. Da una parte l'iniziale convergenza sul meridionalismo di Danilo Dolci ed Ernesto De Martino, le critiche al Vangelo secondo Matteo e ai Racconti di Canterbury, dall'altra la comunità letteraria e cinematografica che ruotava intorno a lui, da Elsa Morante a Sergio Citti e Laura Betti, fino al trauma della morte violenta di Pasolini, alle riflessioni sulla sua eredità, alla verifica delle sue profezie. Ma è soprattutto nel testo iniziale che Fofi fa compiutamente i conti con il regista di Salò, rievocando incontri e scontri, collaborazioni e contrasti che si spinsero fino al litigio, sempre comunque nel segno di una fertile dialettica.
Gli incauti ed entusiasti studiosi che hanno osato chiamare il Novecento "il secolo dei giovani" non pensavano certamente ai molti ragazzi morti nei due conflitti mondiali ma alle nuove forme di protagonismo giovanile che si affermarono in reazione alle due "grandi" guerre. I giovani cresciuti durante e subito dopo il secondo conflitto mondiale pensarono di essere (o meglio, si sentirono) padroni del proprio destino e al centro, almeno apparentemente, di tutto. Ma "il secolo dei giovani" ebbe una vita assai breve. "Corri, ragazzo, ché il vecchio mondo vuole riacciuffarti" recitava un manifesto del Sessantotto francese, con l'immagine di un giovane in fuga inseguito dalle vecchie immagini del potere: poliziotti, politici, mamme, preti e quant'altro... quel timore fu avvertito solo da pochi, dai migliori. Ancora in qualche luogo qualche ragazzo sogna e pensa un mondo migliore, ma si scontra con l'accettazione del mondo così come lo impongono i nuovi poteri. La cultura del narcisismo e l'attenzione spasmodica del capitale alle forme della comunicazione e del controllo hanno compiuto l'opera. La sola speranza può nascere oggi da una coscienza ecologica che esige bensì altrettanta consapevolezza del funzionamento del potere e dei modi in cui esso inganna, corrompe e distrugge. Che tante Greta nascano e lottino!