Il Cristianesimo è una religione politica o ha introdotto un principio di essenziale separazione tra sfera religiosa e sfera politica? Il tema è stato molto dibattuto nei tempi recenti da storici che sono andati a verificare i propri assunti alle origini del movimento cristiano. Invece di discutere il problema dell'essenza, Vittorio Frajese esamina il problema in un periodo determinato della storia europea: l'Italia del '500 e del '600. Comunque sia della sua essenza, è infatti certo che nell'Italia moderna la chiesa è stata un'istituzione politica e la religione è stata parte essenziale del governo degli uomini e della società. Il libro ricostruisce dunque alcuni aspetti essenziali del rapporto tra politica e religione nell'Italia moderna raccogliendolo in quattro grandi temi: la discussione sui rapporti tra potere ecclesiastico e potere civile avvenuta tra '500 e '600; le strategie pratiche e teoriche da due oppositori della chiesa controriformistica: Paolo Sarpi e Ludovico Zuccolo; le forme della censura; ed infine le specifiche categorie politico-religiose forgiate dalla cultura della Controriforma. Frajese ne individua quattro principali che hanno più profondamente inciso sulla storia italiana: il gesuitismo, il machiavellismo, l'ateismo e la "superstizione". Seguendo il filo di questi quattro concetti creati, o essenzialmente caratterizzati, nel corso della Controriforma, il libro indaga le categorie dello spirito italiano.