Una storia gloriosa quanto tormentata, quella dei Templari, segnata da processi, roghi, scandali, accuse di eresia: è forse per questo che intorno al potente ordine cavalleresco non hanno mai smesso di fiorire leggende e miti, destinati a suscitare un sempre rinnovato interesse. Il libro ne dipana l'intricata vicenda, dalla fondazione nel Duecento all'abolizione agli inizi del Trecento, in un racconto limpido e appassionante, basato su ricerche originali che hanno portato l'autrice a rintracciare, dopo settecento anni, il documento che attesta l'assoluzione papale dei cavalieri del Tempio.
Ogni volta che sentiamo nominare san Francesco d'Assisi, la nostra mente si affolla di immagini: lupi ammansiti, dialoghi con gli uccelli, mani segnate dalle stigmate, aureole dorate che doppiano l'umile cerchio di capelli della chierica. Il suo volto, nei nostri ricordi, ha l'eleganza pacata degli affreschi di Giotto o la spigolosità timida del ritratto di Cimabue. In ogni caso, ci appare sempre come se fosse nato con il saio addosso. Ma com'era Francesco prima della conversione? Quali impegni e svaghi occupavano le sue giornate di figlio primogenito di un mercante ricchissimo, in odor di nobiltà? Le biografie antiche non dedicano molto spazio ai suoi anni giovanili, quando militava nelle truppe di cavalleria del comune di Assisi e spendeva i suoi giorni dividendosi fra la lucrosa attività paterna e i divertimenti tipici dei signori di fine XII secolo. Eppure, qualche testimonianza arrivata fino ai nostri giorni ci permette di recuperare un'immagine vivida e dettagliata della sua giovinezza, che la Legenda maior, la biografia ufficiale scritta da san Bonaventura, preferisce tacere. Scopriamo così che il giovane Francesco carismatico, arguto e un po' sopra le righe - non era proprio un modello di virtù cristiane: soldi, donne, cacce audaci e battaglie sanguinarie segnarono la giovinezza del santo più amalo d'Italia. Lasciando larghissimo spazio alle fonti storiche, Barbara Frale porta il lettore dentro uno spaccato vivace di Medioevo, con i suoi complessi riti militari, le sue gerarchie sociali..
Il 5 luglio 1294, dopo oltre due anni di Sede vacante, i cardinali riuniti in conclave finalmente convergono su un uomo del tutto estraneo alla Curia Romana, l'eremita abruzzese Pietro da Morrone. Digiuno di politica e lontanissimo dalle logiche del secolo, Celestino V si sente fin da subito a disagio tra i fasti di Roma, al punto che dopo soli cinque mesi comunica ai porporati la decisione di deporre la tiara. Il suo gesto apre la strada all'elezione di Bonifacio VIII, cardinale dalle notevoli doti diplomatiche, una nomina salutata dal mondo intero come provvidenziale. Non è di quest'idea, però, Dante, che nel terzo canto dell' "Inferno" sembrerebbe riferirsi proprio a Celestino con il verso "colui che fece per viltade il gran rifiuto". Sembrerebbe, appunto. Barbara Frale ricostruisce in questo libro la storia di Celestino, del suo rapporto con Bonifacio, raccontando eventi poco noti, non di rado delittuosi, risvolti e retroscena, infamie e amare verità che danno a questa biografia le sfumature del romanzo gotico. Protagonisti, insieme a Celestino V e Bonifacio VIII, sono il re di Francia Filippo il Bello, il re di Napoli Carlo II d'Angiò, le grandi famiglie nobiliari romane, i teologi della Sorbona, e un secolo, il Trecento, particolarmente gravato da scandali, processi, dispute dottrinali e lotte di potere, rese più infuocate dalla propaganda di tutte le parti in gioco. Fino a impedire di vedere nel "gran rifiuto" l'inganno che in realtà è stato. Introduzione di Franco Cardini.
Nel settembre del 2001 è stata riportata alla luce presso l'Archivio Segreto Vaticano una pergamena originale che la comunità scientifica credeva perduta da secoli. L'atto di assoluzione da parte di papa Clemente V all'ultimo Gran Maestro del Tempio e agli altri capi dell'ordine rinchiusi dal re di Francia nel castello di Chinon. I risultati confermano quanto contenuto in un altro importante documento conservato nella cancelleria di Clemente V, una carta privata sul quale il papa lavorò con i suoi collaboratori giungendo alla conclusione che i Templari non erano eretici. Gli strumenti dell'analisi diplomatica illuminano i punti oscuri di uno dei più grandi intrighi internazionali del Medioevo.