Una delle difficoltà nella stesura della Biografia intellettuale di un filosofo si presenta nel tentativo di sistematizzare ciò che, per definizione, è in divenire: il pensiero. Quando però si cerca di ricostruirne l'evoluzione, nei suoi nodi teoretici frequentati per una vita, il modello biografico pare venir meno. È il paradosso del pensiero il cui movimento, in Ludwig Feuerbach (1804-1872) come perlopiù nelle menti speculative, si dà nel costante interrogarsi su un unico problema, nel suo caso sul rapporto filosofia/religione: un confronto di lungo periodo, che si dipana sotto il segno di vita, morte e immortalità; essenza, storia ed esistenza; individualità e empiria; uomo, natura e naturalismo. Temi, affrontati nei capitoli del volume, che prendono sul serio una problematica - l'essenza del cristianesimo - e ne diventano punti di osservazione, secondo un modello ermeneutico auspicato da Feuerbach medesimo, che fa del domandare l'essenza stessa della filosofia. Questa biografia riesce da una parte a restituire un volto complessivo di Feuerbach, con ampi riferimenti a lettere, scritti del periodo giovanile e inediti - risultato di uno studio più che trentennale e della consultazione del Nachlass -; dall'altra a metterne in discussione i punti teoretici più critici e le opinioni dominanti. Un'opera di riferimento per la storiografia, destinata a riscrivere la stessa interpretazione del filosofo tedesco.
Il Vangelo di Giovanni è un testo complesso, e si presta a più letture: una, più immediata, riguarda direttamente la vita di Gesù, l'altra da voce a un simbolismo che rinvia alla riflessione teologica del redattore stesso. Ma questa molteplicità di significati permea il Vangelo con metodo, diventa il veicolo delle diverse visioni del mondo in esso contenute - di Gesù, dei discepoli, della comunità e dei "giudici" in primo luogo...
Pensiero giudaico ellenistico è un’espressione priva di confini ben definiti. Comprende la filosofia, ma si estende anche ad ambiti teorici compresi in opere di carattere letterario, scritti religiosi, apologetici o parenetici. Il termine stesso filosofia rinvia alle sue origini greche; in senso stretto, però, in periodo ellenistico, di filosofia ebraica si può parlare solamente a proposito di Filone di Alessandria, forse di Aristobulo, di quegli autori che sistematicamente hanno utilizzato categorie filosofiche per la loro elaborazione, in un dialogo serrato con platonismo, aristotelismo, stoicismo, epicureismo e altri indirizzi teorici. Autori che, non solamente scrivono in greco e sono formati alla cultura greca, ma a questa attingono come ambito categoriale di interpretazione della realtà e delle Scritture. Autori per i quali, parallelamente, la Torah costituisce punto di partenza ineludibile, testo di autorità, espressione della tradizione e dell’identità. In particolare Filone, vero e proprio iniziatore di un modo di fare filosofia, coniuga interpretazione della Bibbia e lettura del pensiero greco. Difficilmente definibili sono opere quali Il libro della Sapienza o Giuseppe e Aseneth o anche La Lettera di Aristea: se non possono essere dette filosofiche fanno parte, però, della storia del pensiero. Anche da un punto di vista geografico l’ambiente di provenienza è differenziato: il fulcro della produzione è Alessandria d’Egitto, ma il referente ideale costante è Gerusalemme, il polo cui guarda la diaspora, il luogo in cui ha sede il Tempio, il faro cui tutti gli ebrei si rivolgono.
In quest’ottica il termine stesso «ellenismo» ha più volti: se da un lato indica un periodo storico (il tempo che va dal regno di Alessandro Magno alla battaglia di Azio nel 31 a.C.), dall’altro significa una forma culturale e politica nuova, l’incontro tra popoli, conoscenze, culture differenti. È nella pluralità dei significati, e nell’evolversi dei concetti fra mondo greco e pensiero ebraico che si muove, pionieristicamente, questa storia.
COMMENTO: La prima storia del pensiero giudaico ellenistico, dai libri biblici fino a Filone di Alessandria, scritta da una delle maggiori studiose di filosofia antica.
FRANCESCA CALABI è docente di Storia della Filosofia tardo antica all’Università di Pavia. Tra le sue pubblicazioni: God’s Acting. Tradition and Philosophy in Philo of Alexandria; Lingua e legge di Dio: interpretazione e politica in Filone alessandrino. Ha tradotto opere di Filone di Alessandria, di Flavio Giuseppe e la Lettera di Aristea a Filocrate.
DESCRIZIONE: Isidoro di Siviglia è una figura che non manca di sorprendere: fu celebre dai suoi tempi fino a tutto il Medio Evo (immortalato da Dante nel cielo dei sapienti, Par. X, 130-131), e di lui non abbiamo una biografia; fu originale nel nucleo del suo proposito di fornire un’affidabile e pronta enciclopedia dello scibile a popolazioni che non avevano altra fonte accessibile e nei suoi scritti singoli attinse dalle più varie parti senza apportare contributi personali specifici; fondò il genere letterario della Summa, e le Etimologie costituiscono un insigne monumento al suo merito.
È una personalità che giova quindi conoscere nella sua fisionomia esatta, con precisione di analisi e obiettività di valutazione. La presente Introduzione mira appunto a soddisfare questa esigenza. Ne illustra pertanto l’attività sociale e l’opera letteraria, esaminate quale proiezione del suo carattere e della sua mentalità.
COMMENTO: Un ritratto (la vita, il pensiero, la recezione nella posterità) del grande Padre della Chiesa, celebre per le sue Etimologie e Sentenze, che compendiano il meglio della cultura patristica.
FRANCESCO TRISOGLIO ha insegnato Storia bizantina e Storia della civiltà e della tradizione classica presso la Facoltà di Lettere, indirizzo classico, dell’Università di Torino. Della sua bibliografia – un centinaio di articoli e volumi – ricordiamo gli studi concernenti la letteratura greca (specialmente i tragici e gli storici) e latina (Cicerone e Plinio il Giovane), quella cristiana greca (Gregorio di Nazianzo, il Christus Patiens e Basilio) e latina (Cipriano, Ambrogio, Girolamo, Massimo di Torino) e quella bizantina (Procopio di Cesarea). Per Morcelliana ha curato Gregorio di Nazianzo, Autobiografia. Carmen de vita sua (2005); Isidoro di Siviglia, Le sentenze (2008).
Docente di storia della filosofia all'Università di Vercelli, Francesco Tomasoni offre in questo libro una biografia del pensatore tedesco (1655-1728) tra i padri dell'Illuminismo europeo, autore di studi sul diritto, la filosofia, la religione.
Svoltosi negli anni Venti del Novecento, il dialogo tra Hans Kelsen e Sigmund Freud costituisce un episodio tanto rilevante quanto poco nolo della storia del pensiero. In una Europa che sta vivendo il travagliato e fragile passaggio alla democrazia, il giurista della Dottrina pura del diritto e il padre della psicoanalisi si trovano a discutere la differenza tra massa e Stato, così come il ruolo del capo quale fattore coesivo dell'organizzazione sociale. Questo libro propone una lettura della controversia che mette al centro il rapporto, sempre eccentrico e mai perfettamente conciliabile, tra la dimensione soggettiva dell individuo e quella oggettiva dello Stato, nella convinzione che, seppure diversamente, tanto per Kelsen quanto per Freud sia possibile rinvenire proprio nella democrazia l'indicazione per una composizione politica di questa eterna tensione.
Il rapporto tra Sigmund Freud e la filosofia evoca uno dei temi, forse il principale, che testimonia l'intreccio costitutivo tra la psicoanalisi freudiana e l'universo della cultura, dei saperi umani, in cui gioca un ruolo centrale la tradizione filosofica. Freud stesso ne era consapevole, come attesta la sua autobiografia. Era chiaro a lui, e resta evidente per ogni studioso di Freud, che attraverso quella relazione si torna a definire la fisionomia specifica del conoscere e del pensare psicoanalitici in quanto scienza, oltre che del pensare in quanto tale. L'originalità di questa prospettiva è esaminare il confronto costante che Herbert Marcuse, Jean-Paul Sartre, Jacques Derrida, Jürgen Habermas, Ludwig Wittgenstein hanno istituito tra il proprio pensiero e la psicoanalisi freudiana, e rilevare quali suoi aspetti di volta in volta sono stati utilizzati 'per la filosofia'. Se il primo passaggio di questa storia è costituito dal distacco della psicoanalisi dalla psicologia di Franz Brentano, maestro viennese del giovane Freud, il tema filosofico decisivo della contaminazione reciproca di psicoanalisi e filosofia è la nozione di pulsione. Si delinea qui uno stile nuovo del pensare filosoficamente la psicoanalisi.
DESCRIZIONE: Il problema da cui prende le mosse il libro è se sia possibile una teoria fenomenologica della soggettività capace di dar conto della fisiono- mia della soggettività stessa, o se invece questa possa soltanto essere presupposta ma non autenticamente indagata. Ci si deve chiedere se quella che Husserl chiama l’«oscurità» del soggetto sia tale per disporsi a ricevere la luce del chiarimento fenomenologico, essendo la dimensione dell’inconscio essa stessa parte integrante della soggettività. Di qui il confronto con Freud, che più di altri ha scavato nel cono d’ombra della psiche. Un confronto che investe non solo gli stili conoscitivi della fenomenologia e della psicoanalisi – l’epoché e l’archeologia – ma anche categorie quali coscienza, passività, ritenzione, rimozione, tempo. Emerge un’immagine paradossale della soggettività, divisa tra necessità di rischiarare il vissuto e suo impossibile compimento: un paradosso sul quale la filosofia deve sostare.
COMMENTO: Il primo confronto tra il padre della fenomenologia e il padre della psicoanalisi.
FRANCESCO SAVERIO TRINCIA è professore di Filosofia morale nella Facoltà di Filosofia dell’Università di Roma “La Sapienza”. È autore di: Il Dio di Freud (Milano 1992); Freud e il Mosè di Michelangelo (Roma 2000); Normatività e storia. Marx in discussione (Milano 2000); Il governo della distanza. Etica sociale e diritti umani (Milano 2004).