«Oggi dovremmo capire come servirci dell'ironia per difenderci dai pericolosi dogmatismi dell'epoca nostra. In particolare, dal dogmatismo dell'"immediato" che è appunto quello dei nostri politici, i quali, magari, non concepiscono che ci sia qualcosa come l'ironia». Giulio Giorello, filosofo della scienza e matematico, si confronta con il tema dell'ironia, che definisce «un'arma di costruzione di massa»: di massa nel senso che può essere utilizzata da chiunque. L'ironia si dimostra capace non solo di smantellare intere fortezze, infiltrandosi con le sue domande impertinenti, ma di costruire lei stessa nuovi castelli, a patto che si sia consapevoli che questi sono dei veri e propri castelli in aria, così come sono di sabbia le fortezze che man mano gli esseri umani costruiscono nel tempo. Ottimi esempi di ironia si trovano in quella combinazione di serietà e umorismo che ci è stata regalata dai fumetti, da Topolino, ai Peanuts a Tex. Ma anche in tante opere letterarie: dalla critica di Jonathan Swift alle pretese dei dotti di formare una corporazione di privilegiati nei "Viaggi di Gulliver" alla suprema ironia di Robert Musil, che nell'"Uomo senza qualità" descrive il protagonista come colui che aspira a quella stessa condizione ideale che il suo critico era così pronto ad attribuirgli, o ancora l'irriverente ironia di James Joyce, che prende di mira persino il buon Dio, che «ha scritto il folio di questo mondo, e l'ha scritto sbagliato». Anche la scienza nei momenti creativi, quando cioè distrugge un paradigma costituito e comincia a costruire un'alternativa, usa l'ironia. Non solo, è capace di servirsene come strumento di alta retorica e di sottile comunicazione della novità. Non era ironico, forse, Giordano Bruno quando nella "Cena de le Ceneri" difendeva un universo «senza margine» contro il mondo chiuso di Aristotele? Ecco allora disvelata tutta la potenza dell'ironia, che «nel solco di quell'Illuminismo che ha rappresentato un modello coraggioso di ricerca e di rispetto della verità, segnatamente della verità scientifica», si dimostra un'arma civile per combattere schemi, categorie e istituzioni rigide, grazie alle sue doti a un tempo distruttive e creative.
A forza di reset-spegni-riaccendi nella nostra realtà high-tech l'errore ha perduto il suo valore conoscitivo, mandando in soffitta uno dei modi di dire più comuni che ci ha accompagnato per generazioni, l'altrimenti saggio "sbagliando s'impara". L'errore ci sgomenta, non può riguardarci: soprattutto in ambito medico tendiamo a considerarlo troppo spesso inaccettabile e scandaloso. Ma la nostra storia genetica ci ricorda come le specie sopravvivano adattandosi all'ambiente a partire da errori "casuali", talvolta fatali ma spesso utili e risolutivi. Nel mondo al tempo dell'Artificial Intelligence, l'anomalia inevitabile dell'imperfezione è ancora necessaria per avanzare nel cammino della conoscenza.
In una memorabile scena del "Giulio Cesare" di Shakespeare, Cassio, dopo l'uccisione del dittatore, si rivolge alla folla di Roma invocando "Liberty, Freedom, and Enfranchisement", ovvero libertà, indipendenza ed emancipazione. Queste tre parole indicano per Giulio Giorello tre aspetti costitutivi dell'esperienza libertaria. Liberty (libertà) riguarda le nostre facoltà esercitate senza alcuna costrizione; molto, qui, ha a che fare con la scienza, l'attività umana che forse più di altre esige libertà per progredire. Freedom (indipendenza) denota una ragione che opportunamente riconosce l'inevitabile potere delle passioni, con tutti i vincoli che queste comportano; ma resta una libertà strutturale, che rende responsabili le nostre scelte, pur sapendo che non tutto ciò che noi crediamo libero può dirsi davvero tale. Enfranchisement (emancipazione) è il processo di affrancamento da qualsiasi condizione servile, che rimanda, se necessario, alla lotta che donne e uomini combattono per fare della propria libertà uno strumento per avere ancora più libertà, perché "la libertà può essere ristretta, ma solo a vantaggio della libertà stessa".
"Dimmi che pensi degli spiriti notturni, dato che teologi e filosofi credono all'esistenza di simili creature" aveva chiesto il politico Hugo Boxel a Baruch Spinoza nella tormentata Olanda del Seicento. "Non ci credo" aveva ribattuto il filosofo "e mi fa sorridere che qualcuno teorizzi che i fantasmi sono tutti maschi perché nessuno li ha mai visti partorire. Per risolvere l'enigma non basterebbe dare un'occhiata... ai loro genitali?" In questo libro Giulio Giorello incastra, tra un brevissimo Prologo e un Epilogo un po' più articolato, cinque brillanti racconti, alcuni ambientati nelle brume del Nord e altri sotto il sole del Mediterraneo. Chi legge fa così la conoscenza di spettri, larve, anime disincarnate e messaggeri dall'Inferno, talora subdoli e perversi, talaltra burloni e ridicoli, ma sempre un po' maligni, perché la loro malizia consiste appunto nel fatto che non esistono eppure continuano a essere percepiti da noi. Sono diafane creature a un tempo libertine e libertarie, insofferenti di ogni placido buon senso e di qualsiasi "correttezza politica". Ma è così che ci inducono a persistere nel desiderare di desiderare. Dunque, i fantasmi sono sogni fatti della stoffa di cui sono intessuti i nostri desideri...