«Il mistero del Natale, come annotava Hannah Arendt, allieva di Romano Guardini per un semestre a Berlino, si incrocia come il tema dell'"inizio": proprio "la nascita di Gesù è stata posta come un nuovo, costitutivo inizio, che è originariamente cristiano: un bambino è nato per noi". Egualmente il Capodanno rappresenta un "nuovo inizio". Certo esiste un inizio che subito svanisce, una volta attuato; è quello che i Latini chiamano initium, il punto di partenza nel tempo. Ma Guardini rivolge lo sguardo a un inizio più importante, quello che si mantiene e che i Latini chiamano principium, l'inizio che domina tutto ciò che verrà. Gustare il dono dell'"inizio" sia in quella nascita a Betlemme che richiama anche tutte le nascite, sia in quel nuovo anno. A ciò, in modo sapiente, ci introduce in questi bellissimi testi Romano Guardini.» (Silvano Zucal)
Il volume raccoglie, per la prima volta in edizione italiana, le meditazioni di Romano Guardini sullo Spirito Santo. In queste pagine, che abbracciano un ampio arco cronologico (1933-1952), l'autore ne indaga la natura, il ruolo nella Rivelazione e nel mistero della Pentecoste, la presenza discreta e costante nella storia. Nel Libro della Genesi, lo Spirito aleggia sulle acque al momento della creazione, quando ancora la terra è "desolata e vuota"; è il respiro di Dio dal quale proviene all'uomo la vita. Da allora, è stato ed è presente in ogni momento nelle vicende del mondo, è principio generativo senza cui nulla è possibile: la vita delle creature, la fede, la preghiera. Con uno stile narrativo, a tratti poetico, l'autore offre uno strumento prezioso per esplorare le dimensioni fondamentali dello Spirito Santo, che "opera in modo che, più le cose sono nelle mani di Dio, più diventano se stesse".
Che significato ha la preghiera dal punto di vista antropologico? Quale funzione esercita nel complesso della vita spirituale? Perché la sua efficacia è rinnovata e accentuata per la psiche dell'uomo contemporaneo? Sono alcuni degli interrogativi cui Guardini risponde in un'opera non volta a un'indagine teologica di scuola, ma a chiarire significato, forma, valore, condizioni, manifestazioni diverse, difficoltà della preghiera, e ad accostarne le ricchezze alle anime assetate dell'«acqua viva». L'autore ci aiuta a cogliere la sostanza dell'orazione: la lode, l'adorazione, il ringraziamento di fronte al Dio del pensiero e della fede, alla Trinità; la venerazione di Maria e dei Santi; la preghiera individuale e inventiva e quella ricevuta e tradizionale; la liturgia e la preghiera popolare. Le precisazioni sottili, le analisi fini, l'equilibrio armonioso delle pagine rivelano l'esperienza spirituale, sia personale che nella cura d'anime, oltre all'approfondimento dottrinale.
Nel 1841 fu pubblicato il libro di Ludwig Feuerbach, L'essenza del Cristianesimo, nel 1907 quello di Adolf von Harnack con lo stesso titolo. I due celebri scritti, che tante controversie accesero nel mondo cristiano e fuori di esso, appaiono, il primo, distruttivo e, il secondo, riduttivo di ciò di cui intendevano precisare l'essenza: né certo la religione "umanistica" feuerbachiana, né l'orientamento "liberale" harnackiano con la limitazione drastica del kérygma evangelico alla sola proclamazione del Regno, sono adeguati all'oggetto della loro indagine. Con quest'opera, che in brevi ma incisive pagine affronta il medesimo sgomentante tema, Romano Guardini propone alcune idee fondamentali sull'essenza di quella realtà che ha inserito nella storia del mondo l'esigenza tormentosa e beatificante della scelta: il messaggio di vita divina, l'annuncio di salvezza, la rivelazione della verità trascendente nel Cristo. Quest'essenza, messa a confronto con la sostanza di altre predicazioni "religiose" come quella buddhistica, l'eleva da esse nella sua assoluta eterogeneità: non è un discorso di consolazione, non è un metodo etico, non è un'elaborazione teoretica dell'esistenza umana e del mondo.
Tra le centinaia vergate da Romano Guardini, questa decina di lettere, pubblicate postume e indirizzate all'amico di una vita Josef Weiger, costituisce un documento rilevante per la volontà di affidarvi "la quintessenza della Rivelazione". Redatte negli ultimi anni di Guardini (1963-1967), segnati dalla conclusione dell'insegnamento presso l'Università di Monaco, dai problemi di salute e dall'avvicinarsi alla morte, ma anche da grandi cambiamenti come il Concilio Vaticano ii e il Sessantotto, tessono il filo rosso delle corrispondenze tra Dio, umanità e mondo. In forma e disposizione nuova si ritrovano diverse parole chiave della riflessione guardiniana: finitezza, libertà, storia, responsabilità. Ripercorrendo la sua opera e la sua esistenza, Guardini offre, comunicando solo l'essenziale, spunti per la riflessione teologica distillando una vita di pensiero, esperienza, sofferenza e fede.
La traduzione di questo inedito (1931-1939) è un tassello fondamentale per comprendere il pensiero di Guardini sull'antropologia cristiana nella sua evoluzione. È centrale, in queste pagine, la necessità di rispondere, in quanto cristiano, alle incognite del mondo moderno - come l'evoluzionismo, l'eutanasia, l'eugenetica o l'ingegneria sociale - e riflettere sulla portata dei mutamenti sociali e culturali che esso comporta. Una domanda che attraversa l'intera opera guardiniana e mostra qui il suo nucleo antropologico più profondo: ontologicamente l'uomo è relazione aperta, verso l'altro, Dio, o il nulla. Spetta all'uomo - provocato dalla modernità - la libera decisione. Premessa di Carlo Brentari.
È stato Romano Guardini nei primi Anni Venti del secolo appena scorso ad uscire in quell'espressione, che può essere assunta come diagnostica di uno dei lineamenti della teologia cristiana della prima metà del XX secolo: "Un processo di incalcolabile portata è iniziato: il risveglio della Chiesa nelle anime". Un risveglio, che era connesso, nell'analisi del giovane teologo italo-tedesco, con il risveglio culturale ad un vero senso della realtà vissuta e al senso comunitario. Svaniva, sulle macerie della prima Guerra Mondiale, l'incanto per l'idealismo e per l'io astratto, e la coscienza cristiana iniziava a percepire la Chiesa come via verso la personalità, e insieme, come via verso la comunità. Le "Lezioni sulla Chiesa", tenute da Guardini all'università di Bonn nel 1921 e pubblicate nel 1922 con il titolo Il senso della Chiesa, avevano entusiasmato il suo uditorio e i suoi lettori, che le avvertivano "come un colpo d'ala, un soffio di cristianesimo originario, pentecostale", in quanto additavano "nuove vie verso un rapporto vivo tra Chiesa e personalità, verso una crescita umana autentica fondata sulla libertà interiore, che sfocia in una comunità di grazia" (Rosino Gibellini, La teologia del XX secolo)
Queste "scintille", brevi brani da cui dovrebbe accendersi il lento fuoco d'una meditazione quotidiana, illuminano con intensità crescente squarci del pensiero teologico e spirituale di Guardini. Vi domina il senso dell'abbandono fiducioso all'occhio misericorde di Dio. Al suo sguardo, ogni inadeguatezza, tutto ciò che in noi è indegno e cattivo, che di giorno in giorno ci contrista, non è ancora mortale, se non si sottrae a quella luce di verità e insieme di amore infinito. È questa disposizione come una sorgente inesauribile donde zampilla il rinnovamento: tutto è possibile nella forza liberatrice di Dio.
Nel vastissimo panorama della letteratura di esegesi e critica dantesca, in Italia e all'estero, si inseriscono con una loro originalità i due saggi di Romano Guardini qui raccolti, "Gli angeli nella Divina Commedia" e "Paesaggio dell'eternità". L'angolatura non è la più consueta per indagini sull'Alighieri: essa è innanzitutto teologica e filosofica, pur non trascurando notazioni linguistiche e rilievi stilistici che testimoniano, insieme con un gusto sottile, l'amorosa familiarità col testo, che all'autore era stata instillata dal padre. La cultura che vi si dispiega è ricca di suggestioni, che scaturiscono da accostamenti e contrasti imprevisti, come tra le figure angeliche dantesche e l'enigmatica essenza dell'angelo di Rilke, o sottofondi sapienziali remoti, quali appaiono, ad esempio, nel riferimento alla "mistica rosa" del "Paradiso" alla struttura del mandala orientale, o negli inquietanti paralleli tra le metamorfosi dei ladri nell'"Inferno" e fenomeni di spersonalizzazione quasi da "lupo mannaro" nell'epos nordico. Agli studi danteschi ne viene l'apporto dell'apertura di orizzonti non abituali, dove la ricerca può svilupparsi fecondamente, tendendo a una comprensione del pensiero di Dante, oltreché dell'arte sua, più profonda e matura.
«Che ne è dell'uomo nell'era del compiuto dispiegarsi del dominio della tecnica? Quale immagine di uomo corrisponde al nostro tempo, contrassegnato da un vertiginoso svuotamento - un farsi astrazione - della realtà? Sono le domande che nei primi decenni del '900 hanno tormentato le intelligenze più acute Weber, Spengler, Rathenau, Heidegger. Tra di esse sta di diritto Romano Guardi-ni con questo suo libro. L'autore fa del resoconto di un suo viaggio sulle rive del lago di Como l'occasione per una lucida esplorazione del movimento tellurico che stava trasformando l'immagine del mondo. La tecnica diviene qui problema filosofico: in essa ne va del senso della storia. Con disincanto Guardini ausculta i segni del tempo e, senza il rimpianto di passate identità, diagnostica il sorgere di una nuova «forma dell'uomo»: «Si ha l'impressione che si sia aperta una dimensione interiore che attiri a sé l'uomo [...] un raccoglimento che non neghi l'essere e l'agire della vita che ci attornia, ma sia nel cuore di questa».
La riflessione di Guardini sulla vita morale e le sue strutture si è svolta sempre in feconda osmosi con quella sulle forme dell'impegno intellettuale, sulle manifestazioni della fede, sulla partecipazione liturgica, sui fenomeni culturali come visioni del mondo, sulle grandi svolte dello spirito nella storia. Anche queste meditazioni non escludono agganci alla filosofia, alla teologia, alla scienza delle religioni. Il discorso non è quindi puramente esortativo e 'moralistico'. Vi si annoverano invece pagine tra le più nitide e profonde stese dall'Autore, con anticipazioni geniali sul divenire del costume del nostro tempo. L'accettazione o accoglienza, la pazienza, la giustizia, il rispetto, la fedeltà, la singolare virtù ch'è l'assenza di intenzioni o propositi, la quale potrebbe equivalere all'autentica 'gratuità', l'ascesi, al di là dei sospetti psicanalitici, il coraggio, la bontà, la comprensione, la cortesia, di cui è fatta una garbata apologia in uno spietato esame delle ragioni del suo attuale declino, la riconoscenza, il disinteresse, il raccoglimento, il silenzio: 'virtù' che - indagate a un livello apparentemente soltanto di convivenza umana dignitosa e riguardosa si svelano, nella Postilla, tessere d'un mosaico il cui disegno segreto è la giustizia davanti a Dio.
«Un titolo pregnante e promettente, quello che Romano Guardini ha assegnato a una ricca raccolta di saggi, di trattati, di conversazioni culturalmente ambiziose sulla scia di quanti in Germania e altrove hanno sviluppato il concetto goethiano di Bildung, di formazione. Per l'autore, nel 1923, assumeva un'importanza cruciale l'applicazione delle sue idee pedagogiche generali, messe alla prova nel cantiere educativo del Castello di Rothenfels e nella creazione dell'associazione giovanile Quickborn, all'ambito della liturgia cattolica. Da tale necessità nacque Formazione liturgica che si proponeva - scavando più a fondo rispetto a Spirito della liturgia (1918), con un processo fenomenologico e inserito in una prospettiva di antropologia metafi sica - di mostrare come la liturgia abbia fondamenti incrollabili nella natura dell'homo religiosus, per giungere poi a una piena espansione nell'area della grazia "soprannaturale", una sfera di gratuità "positiva", quella della fede rivelata, al cui centro è l'incarnazione del Verbo di Dio, di Cristo.» (dalla premessa di Giulio Colombi)