Nel 1935 la predicazione e l'attività educativa di Romano Guardini lo portano a scrivere queste dieci riflessioni, una sintesi delle dimensioni fondamentali dell'esistenza cristiana. Confrontandosi, da un lato, con l'impostazione teologica dominante e, dall'altro, con il pensiero di John Henry Newman, l'autore affronta la questione del sorgere della fede e del suo contenuto, avendo attenzione anche ai momenti di crisi e tensione della stessa esperienza del credente. Di qui le pagine sulla fede nell'azione, nell'amore e nella speranza, sulla varietà delle forme in cui si concretizza, sul suo sapere e il rischio della gnosi come superbia intellettuale. L'opera si conclude con un approfondimento delle formulazioni dogmatiche nella Chiesa e sul significato del vivere i sacramenti, in quanto trasformazione interiore.
Questo libro rappresenta il capitolo mancante del capolavoro di Guardini che porta il titolo Il Signore: là dove si tratta infatti della persona e del messaggio di Gesù, si dovrebbe anche parlare della risposta che Egli diede ai suoi discepoli quando questi gli chiesero di insegnar loro a pregare. Il titolo dà una indicazione precisa: vuol dire che la preghiera non deve procedere da un sentimento imprevedibilmente mutevole, ma dalla luce della verità e dal profondo del cuore. Forse invece di "verità" sarebbe meglio dire "realtà", perché ciò che il Signore ha annunciato e su cui ha fondato la nostra vita non consiste soltanto di pensieri e di notizie, ma è il Regno del Dio vivente. La parola "verità" può quindi ben rimanere col suo chiaro rigore, ma intesa nel senso che essa significhi non solo l'autenticità della conoscenza, ma anche la consistenza dell'essere.
Nei capitoli di questo volume Romano Guardini espone le sue riflessioni sull'ansia del vivere come motivo esistenziale e spirituale. Sono pensieri che non nascono da preoccupazioni teoretiche, ma da una dolorosa sollecitudine per i problemi e le minacce che incombono sui singoli e sull'umanità. L'autore mette in discussione le fondamenta di alcuni idoli della cultura di massa, prima fra tutti l'idea di un incessante progresso economico e tecnico-scientifico che erroneamente si presume anche umano. All'acuta osservazione dei fenomeni che inaridiscono la fede si affiancano riflessioni filosofiche sulla struttura del potere, la libertà, la capacità di decisione richiesta dal pluralismo, l'avvilimento del valore dell'uomo. Ne risulta una prospettiva sulla civiltà e sulla cultura che ancora oggi interpella l'intelletto, la volontà, la fede.
Dalle riunioni educative per i giovani cattolici tedeschi avvenute nel 1929 al castello di Rothenfels nascono queste dieci meditazioni di Romano Guardini, che trattano altrettante dimensioni del volto del Dio di Gesù Cristo, offrendo un percorso carico di afflato spirituale. Le riflessioni toccano i temi della Provvidenza, della volontà di Dio, della grazia e della contrizione, del cuore e del Dio che consola, dando corpo alle grandi parole della fede e mettendo in luce il loro apporto vitale per l'esistenza. Grande è l'attenzione per l'umanità del credere, per i tratti che dicono la "carne" della fede e il midollo delle giornate: le domande, la morte, la coscienza della colpa, il perdono, la speranza. Con uno guardo profondo sulla realtà della creazione, Guardini testimonia e annuncia il Dio Vivente, il Dio della vita, appunto, che guarda il mondo e l'uomo con benevolenza.
Il volume raccoglie, per la prima volta in edizione italiana, le meditazioni di Romano Guardini sullo Spirito Santo. In queste pagine, che abbracciano un ampio arco cronologico (1933-1952), l'autore ne indaga la natura, il ruolo nella Rivelazione e nel mistero della Pentecoste, la presenza discreta e costante nella storia. Nel Libro della Genesi, lo Spirito aleggia sulle acque al momento della creazione, quando ancora la terra è "desolata e vuota"; è il respiro di Dio dal quale proviene all'uomo la vita. Da allora, è stato ed è presente in ogni momento nelle vicende del mondo, è principio generativo senza cui nulla è possibile: la vita delle creature, la fede, la preghiera. Con uno stile narrativo, a tratti poetico, l'autore offre uno strumento prezioso per esplorare le dimensioni fondamentali dello Spirito Santo, che "opera in modo che, più le cose sono nelle mani di Dio, più diventano se stesse".
Un ritratto di san Francesco scritto da un maestro della spiritualità del '900. Ne emerge un'immagine di Francesco, della sua santità, come modello di fede per le inquietudini dell'uomo contemporaneo: un Francesco disegnato con lineamenti vigorosi, al di là di talune diffuse presentazioni di maniera. In brevi e affascinanti pagine, Guardini guida il lettore alla scoperta del mondo di san Francesco: la sua Assisi, il "Cantico", l'amore per Dio e le creature.
In questo straordinario testo emerge quello che potremmo definire il discorso sul metodo di Guardini maestro di ermeneutica: l'interprete vi appare come colui che cerca di chiarire a sé ciò che un altro ha plasmato a suo modo. Ma l'approccio a un testo non deve ridursi a filologismo o estetismo: il rapporto con il linguaggio testuale deve saperne apprezzare la molteplicità di strati e l'ampiezza di significati. Per tutto ciò occorre andare incontro al testo con empatia: l'interpretare per Guardini è un incontro dialogico, un guardarsi l'un l'altro, un volgersi reciprocamente lo sguardo. La sorpresa sarà allora che il poeta - Rilke, Shakespeare, Hopkins, Dante, Raabe - avrà espresso qualcosa che trascende la sua concreta individualità - qualcosa che addirittura lo sorprenderebbe. È il fascino di ogni incontro, sia esso con una persona o con un testo letterario. Per Guardini l'opzione ermeneutica non nasce mai da debolezza teoretica, da un rifugiarsi dietro un altro, ma è un modo originale di ritrovare uno sguardo sul mondo, per cui vale per lui quanto diceva Goethe: «Se non avessi portato già il mondo in me mediante l'anticipazione, sarei rimasto cieco anche con gli occhi "veggenti"». (Silvano Zucal)
Che significato ha la preghiera dal punto di vista antropologico? Quale funzione esercita nel complesso della vita spirituale? Perché la sua efficacia è rinnovata e accentuata per la psiche dell'uomo contemporaneo? Sono alcuni degli interrogativi cui Guardini risponde in un'opera non volta a un'indagine teologica di scuola, ma a chiarire significato, forma, valore, condizioni, manifestazioni diverse, difficoltà della preghiera, e ad accostarne le ricchezze alle anime assetate dell'«acqua viva». L'autore ci aiuta a cogliere la sostanza dell'orazione: la lode, l'adorazione, il ringraziamento di fronte al Dio del pensiero e della fede, alla Trinità; la venerazione di Maria e dei Santi; la preghiera individuale e inventiva e quella ricevuta e tradizionale; la liturgia e la preghiera popolare. Le precisazioni sottili, le analisi fini, l'equilibrio armonioso delle pagine rivelano l'esperienza spirituale, sia personale che nella cura d'anime, oltre all'approfondimento dottrinale.
Nel 1841 fu pubblicato il libro di Ludwig Feuerbach, L'essenza del Cristianesimo, nel 1907 quello di Adolf von Harnack con lo stesso titolo. I due celebri scritti, che tante controversie accesero nel mondo cristiano e fuori di esso, appaiono, il primo, distruttivo e, il secondo, riduttivo di ciò di cui intendevano precisare l'essenza: né certo la religione "umanistica" feuerbachiana, né l'orientamento "liberale" harnackiano con la limitazione drastica del kérygma evangelico alla sola proclamazione del Regno, sono adeguati all'oggetto della loro indagine. Con quest'opera, che in brevi ma incisive pagine affronta il medesimo sgomentante tema, Romano Guardini propone alcune idee fondamentali sull'essenza di quella realtà che ha inserito nella storia del mondo l'esigenza tormentosa e beatificante della scelta: il messaggio di vita divina, l'annuncio di salvezza, la rivelazione della verità trascendente nel Cristo. Quest'essenza, messa a confronto con la sostanza di altre predicazioni "religiose" come quella buddhistica, l'eleva da esse nella sua assoluta eterogeneità: non è un discorso di consolazione, non è un metodo etico, non è un'elaborazione teoretica dell'esistenza umana e del mondo.
Tra le centinaia vergate da Romano Guardini, questa decina di lettere, pubblicate postume e indirizzate all'amico di una vita Josef Weiger, costituisce un documento rilevante per la volontà di affidarvi "la quintessenza della Rivelazione". Redatte negli ultimi anni di Guardini (1963-1967), segnati dalla conclusione dell'insegnamento presso l'Università di Monaco, dai problemi di salute e dall'avvicinarsi alla morte, ma anche da grandi cambiamenti come il Concilio Vaticano ii e il Sessantotto, tessono il filo rosso delle corrispondenze tra Dio, umanità e mondo. In forma e disposizione nuova si ritrovano diverse parole chiave della riflessione guardiniana: finitezza, libertà, storia, responsabilità. Ripercorrendo la sua opera e la sua esistenza, Guardini offre, comunicando solo l'essenziale, spunti per la riflessione teologica distillando una vita di pensiero, esperienza, sofferenza e fede.
La traduzione di questo inedito (1931-1939) è un tassello fondamentale per comprendere il pensiero di Guardini sull'antropologia cristiana nella sua evoluzione. È centrale, in queste pagine, la necessità di rispondere, in quanto cristiano, alle incognite del mondo moderno - come l'evoluzionismo, l'eutanasia, l'eugenetica o l'ingegneria sociale - e riflettere sulla portata dei mutamenti sociali e culturali che esso comporta. Una domanda che attraversa l'intera opera guardiniana e mostra qui il suo nucleo antropologico più profondo: ontologicamente l'uomo è relazione aperta, verso l'altro, Dio, o il nulla. Spetta all'uomo - provocato dalla modernità - la libera decisione. Premessa di Carlo Brentari.
L'autore, nelle tre meditazioni qui raccolte, ha inteso fare opera non teoretica, ma pratica: invitare, con l'urgenza di un appello rivolto alla singola persona, a un ripensamento del problema del bene, della coscienza e dei rapporti che li legano nel vivo dell'azione. Il testo è indirizzato a illuminare, in spirito religioso, che cosa sia concretamente il bene per colui che lo vuole attuare nella sua esistenza; e nell'unicità e assolutezza del bene, che ogni volta ci si propone e ci stimola a operare, ci fa contemplare il fulgore di santità del Dio vivente. Così la coscienza, che dal bene si lascia attirare, supera da una parte i pericoli di un moralismo astrattamente universale e superbo e dall'altra di un arbitrio universale. Essa attinge poi la sua perfezione cristiana quando, salendo alle vette del raccoglimento, vi schiude lo spazio dove può inabitare Dio con l'infinito delle sue sacre ispirazioni e con il dono delle grazie mistiche, che suggellano la dedizione suprema dell'uomo al Suo volere. Il procedimento "socratico", con la pacatezza della sua progressiva penetrazione, aggiunge persuasività al discorso.