Per la prima volta in un testo italiano si affronta il tema della follia nell’antichità.
Per i Greci la follia non era solo una malattia ma anche un mezzo per dilatare la personalità: era lo strumento con cui la Pizia rendeva oracoli a Delfi, stava alla base di culti estatici come quello di Dioniso, attraverso cui molte persone avevano la possibilità di sperimentare esperienze visionarie. Perciò in Grecia i folli non venivano reclusi ma la società si attrezzava per fare della follia un “buon uso”.
L'autore
Giulio Guidorizzi insegna Teatro e drammaturgia dell’antichità all’Università di Torino. Si dedica da sempre allo studio dell’antropologia del mondo antico e ha curato, tra l’altro, l’edizione della Biblioteca di Apollodoro (Adelphi 1995) e il primo volume del Mito greco per i Meridiani Mondadori (2009).
I Greci non ebbero un libro sacro. Espressero la loro visione della vita attraverso il libero gioco dei miti, che circolavano oralmente in un intreccio di versioni spesso contraddittorie: un sistema solo in apparenza caotico, ma in realtà coerente e animato da inesauribile energia fantastica. Di ciò da conto questa antologia in due volumi (il secondo sarà dedicato agli eroi): Guidorizzi ha infatti costruito un percorso strutturato attraverso i miti usando parole e racconti degli antichi. Ne risultano dei capitoli collegati tra loro che offrono una visione complessiva del mito e dei suoi valori culturali e religiosi. Il primo volume prende le mosse da teogonia e cosmogonia, per poi narrare nascite, matrimoni, sofferenze, punizioni e amori divini; degli dèi descrive il mondo (celeste, infero o marino) ed enumera poteri e prerogative. Si conclude catalogando, accanto alle divinità maggiori, esseri meravigliosi a metà tra l'umano e il divino, e mostri inquietanti e spaventosi.