Migliaia di cittadini occidentali, immigrati di seconda generazione ma anche autoctoni convertiti, combattono in Siria e in Iraq tra le fila dell'Is o di Al Qgeda. Chi sono e cosa li spinge a compiere una simile scelta? I foreign fighters occidentali non hanno un profilo tipo: tra essi si trovano giovani che provengono da ceti medi e popolari, da periferie metropolitane come da zone residenziali, piccoli delinquenti di quartiere e laureati in buone università. Le biografie dei combattenti jihadisti mostrano la loro eterogeneità sociale e culturale. E permettono di analizzare il contesto nel quale matura la loro scelta estrema. A spingerli verso lo jihadismo è, innanzitutto, l'adesione a un'ideologia totalizzante vissuta come ultima grande narrazione capace di inrterpretare e dare forma al mondo. Ideologia che legittima una violenza dilatata sino al limite estremo e che induce chi vi aderisce a imboccare la via del "martirio" nei deserti mesopotamici o nelle città occidentali. Nel libro sono analizzate le cause politiche, culturali, religiose che inducono i giovani europei a partecipare al jihad. Volgendo lo sguardo verso i luoghi sociali, dalla Rete alle moschee, dalle periferie alle carceri, nei quali avviene la radicalizzazione che precede tale scelta. Per compiere, infine, una ricognizione nelle storie di vita di alcuni foreign fighters francesi, il gruppo più numeroso tra i combattenti europei, e di alcuni convertiti italiani.
Dall’esercizio «muscolare» del potere a una politica di cooperazione internazionale fondata sull’assunzione collettiva di responsabilità. È il progetto politico di Obama, che, in netta rottura con l’era Bush, ricorda come l’America sia stata forte quando ha saputo unire il potere di comando (hard power) al potere di attrazione (soft power), nella sintesi dello smart power. Declinazione che mira a rilanciare, insieme a una nuova idea di leadership, il ruolo degli Stati Uniti nel mondo.
Il concetto di globalizzazione costituisce una chiave teorica decisiva per comprendere i radicali mutamenti sociali in corso a livello mondiale. A partire dagli anni Novanta anche la sociologia ha contribuito a dare una maggiore definizione analitica del fenomeno globalizzazione, cercando di allargare lo sguardo oltre la dimensione nazionale per dar vita ad una nuova sociologia, che renda conto dei fenomeni di unificazione e diversificazione a livello globale. L'autore rivisita la riflessione di alcuni dei maggiori sociologi contemporanei come Bauman, Beck, Gallino, Giddens, Robertson, Wallerstein, mettendo a confronto le diverse tesi degli autori sulla società dell'era globale e fornendo un quadro del dibattito che ne è seguito.