La critica radicale di Illich della modernità e delle istituzioni dell'Occidente coincide con un nuovo sguardo sull'umanità dell'uomo, che non appare più come una natura biologica o un'identità culturale presupposta, ma come l'insieme delle pratiche e delle tecniche immemoriali attraverso le quali gli uomini e le donne si rendono la vita possibile, cioè come la dimensione che Illich chiama «convivialità». Si suole distinguere nella biografia di Illich il periodo in cui egli opera ancora all'interno della Chiesa e quello in cui dichiarerà di rinunciare per sempre all'esercizio del mistero sacerdotale, iniziando un'attività di scrittore e conferenziere che farà di lui in pochi anni una figura conosciuta e discussa in tutto il mondo. I testi raccolti in questo primo volume, in buona parte inediti, mostrano che fra l'Illich dentro la Chiesa e quello fuori (o ai margini) della Chiesa non è possibile segnare alcuna frattura. La concettualità dell'Illich critico della modernità e archeologo della convivialità nasce come uno sviluppo radicale e coerente di categorie teologiche e filosofiche già presenti nel pensiero del sacerdote, prima di tutto quella escatologica di Regno, che non è per lui un compito da realizzare nel futuro, ma qualcosa di integralmente presente, di cui occorre testimoniare qui e ora.
Apparso per la prima volta nel 1984, questo libro annuncia profeticamente ciò che e oggi sotto gli occhi di tutti: l'avvento del genderless, del senza-genere, la figura in cui giunge pienamente a compimento quel processo proprio delle società industriali che va sotto il nome di "uguaglianza tra i sessi". Un compimento inscritto nell'essenza stessa dell'Homo oeconomicus per la quale uomini e donne non sono altro che "neutri economici". Illich indaga "il passaggio da un mondo sotto l'egida del gender a uno sotto il regime del sesso" ricostruendo i mutamenti nei modi della percezione del corpo e delle sue relazioni col mondo nel passaggio cruciale dall'antica società vernacolare e conviviale alla società industriale. E svela come il sessismo delle società moderne non sia soltanto altra cosa dalla differenza sessuale propria del gender nell'universo vernacolare, ma nasca dai suo stesso misconoscimento.
"La cospirazione cristiana" è la trascrizione dell’incontro tenutosi a Camaldoli nel maggio 2002, preparato da una Lettera aperta, “La terza via”, una visione etica antica e nuova oltre le ideologie della destra e della sinistra che hanno monopolizzato le idee politiche per oltre due secoli. Il dialogo di Camaldoli, coordinato da Giannozzo Pucci, ha il suo centro nelle relazioni di Giuseppe Sermonti sulla scienza e di Ivan Illich sulla tecnica. L’incontro di Camaldoli è stato l’ultimo avvenimento pubblico di più giorni a cui ha partecipato Ivan Illich prima della sua morte, nel dicembre del 2002. Dialogo coordinato da Giannozzo Pucci. con interventi di Paolo Blasi, Giovanna Carocci, Fabrizio Fabbrini, Domenico Galbiati, Francesca Garavini, Antonio Martino, Giosuè Mursia, Sergio Paderi, Giorgio e Anna Tavecchio in appendice: Giorgio Campanini, don Carlo Cappi, Ernesto Burgio, mgr. Franco Gualdrini, Muska von Nagel (mother Jerome)
Ivan Illich conduce in questo suo libro una serrata analisi critica che demitizza l'istituzione medica. L'estrema medicatizzazione della società e la gestione professionale del dolore e della morte appaiono a Illich come l'esempio paradigmatico di un fenomeno di dimensioni più ampie. La "nemesi medica", cioè la "vendetta", la minaccia per la salute quale conseguenza di una crescita eccessiva dell'organizzazione sanitaria, è infatti solo un aspetto della più generale "nemesi industriale", cioè degli effetti paradossali e delle ricadute negative di uno sviluppo abnorme della tecnologia e dei servizi. Scritto nel 1976, questo libro è oggi considerato un classico del moderno pensiero radicale.
Questo libro analizza la particolare relazione uomo-strumento che si è affermata nel contesto della società industriale.
Questo volume presenta i materiali delle conversazioni di Ivan Illich con David Cayley, negli anni 1997-1999. Nei suoi 22 capitoli, altrettante voci della riflessione illiciana vengono sviscerate dapprima nella forma monologante dell'autotestimonianza, poi in quella dialogica dell'intervista. Ne deriva un resoconto completo e coraggioso anche di ciò che Illich non ha mai trovato l'occasione o la forza di mettere per iscritto, e che ora, sul limitare della vita, egli affida all'amico-interlocutore alla stregua di proprio "testamento". Gli ormai storici contributi di questo autore straordinario alla critica delle moderne istituzioni, si tratti della scuola o della sanità, del libro o del sesso, acquistano così uno spessore nuovo, conferito loro dalla lunga e coerente esperienza umana qui rievocata, così come da una sottostante meditazione teologica, liturgica, ecclesiologica, in precedenza mai emersa con tanta chiarezza. Prefazione di Charles Taylor.
In questo libro - il cui titolo originano è "Celebration of awareness" (Celebrazione della consapevolezza) - parla certamente un cristiano che nel XX secolo, all'età di trentacinque anni circa, sente il dovere di chiamare alla celebrazione, nel senso di ostensione e di messa, tutti coloro che sentono, nella condizione umana in cui si sono venuti a trovare, l'esigenza di ripensare profondamente - di rivoluzionare - l'uomo e le sue istituzioni: educative, religiose, economiche, tecnologiche, sociali, civili, mediche. "Maverik intellectual", impossibile da classificare in alcuna scuola, linea di pensiero e sentimento del tempo, Ivan Illich è un filosofo vero e un credente provocatorio, che ha osato contraddire l'illusione che la modernità ha migliorato la vita delle persone. Attraverso le sue parole e i suoi scritti il pensatore austriaco cosmopolita cerca di portare alla luce il lato oscuro che la società tecnica porta con sé. Tale approccio, da quando è stato pronunciato, non ha mai cessato di crescere di statura; va oggi oltretutto preso alla lettera, quasi facesse parte della nostra cronaca attuale rispetto alla quale anche gli anacronismi contenuti nel testo possono essere visti come parti integranti della profondità e dello spessore della visione che promuove. Introduzione di Erich Fromm.
L'autore fa la storia della perdita di significato dei nostri sensi con lo svilupparsi di una realtà sempre più astratta e dominata da regolamenti tecnici e da scelte che diminuiscono la nostra libertà invece che aumentarla.
Una apologia della bicicletta: della sua bellezza e saggezza, della sua alternativa energetica alla crescente carenza di energia e al soffocante inquinamento. Illich nota che la bicicletta e il veicolo a motore sono stati inventati dalla stessa generazione. Ma sono i simboli di due opposti modi di usare il progresso moderno. La bicicletta permette a ognuno di controllare la propria energia metabolica (il trasporto di ogni grammo del proprio corpo su un chilometro percorso in dieci minuti costa all'uomo 0,75 calorie). Il veicolo a motore entra invece in concorrenza con tale energia.
Nei testi che qui presentiamo Illich, paziente e instancabile archeologo del sapere, scava alle radici dei luoghi comuni della modernità per riesaminarli in una prospettiva storica. "Solo nello specchio del passato risulta possibile riconoscere la radicale alterità della topologia mentale del ventesimo secolo e divenire consapevoli dei suoi assiomi generativi, che normalmente rimangono oltre l'orizzonte dell'attenzione dei contemporanei". Affrontando questi temi, Illich ci stimola a pensare il presente e il futuro con una consapevolezza nuova: "La mia é una ricerca della politica dell'autolimitazione, grazie alla quale il desiderio possa fiorire e i bisogni declinare".
Ivan Illich, noto per le sue polemiche contro le istituzioni della modernità, propone un saggio di "etologia" storica sulla lettura e sulle condizioni tecniche che, molto prima di Gutenberg, hanno reso possibile la nascita del libro così come lo conosciamo oggi.