Da dove proviene il male?, si chiede Kant. Il male è radicale, è inscritto nell’uomo proprio in quanto libero. Una prospettiva con la quale la filosofia contemporanea non ha potuto esimersi dal fare i conti – si pensi alla dialettica tra radicalità e banalità del male come costante interrogazione nel pensiero di Hannah Arendt. Una domanda che Jaspers già aveva preso sul serio, rispondendo alla Arendt: «questo male è banale, non il male». Perché il male ha una natura così problematica da non potersi ridurre a opposizioni. La stessa radicalità di cui parla Kant non va intesa come un “corpo estraneo” con cui giustificare la tensione fra caduta originaria e libero arbitrio dell’uomo. Jaspers si spinge oltre l’idea di libertà: il male è enigma e di esso si può dire solo dove non può avere fondamento. Non appartiene alla sensibilità – perché non siamo padroni delle nostre inclinazioni naturali – né alla ragione che è depositaria della legge morale. Il male, come figura del limite umano, in queste pagine pare persino dischiudere all’uomo la possibilità della “grazia”: essa non è forse anche guadagnata dall’uomo, e non solo gratuitamente “data” da Dio? Una prospettiva che pone Jaspers nel solco del pensiero religioso liberale.
Postfazione di Umberto Galimberti
Con un commento di Pietro Chiodi
Il libro
Karl Jaspers, tra i grandi protagonisti della cultura del Novecento, descrive qui le origini della filosofia, la posizione dei filosofi nei confronti della libertà, del mondo, della storia, della scienza e della fede.
L’impronta del pensiero personale di Jaspers, così come il coraggio della semplicità, unito alla chiarezza nell’affrontare le grandi questioni filosofiche, rendono questo testo un’eccellente introduzione all’intera storia della filosofia.
L'autore
Karl Jaspers è con Martin Heidegger la figura più rappresentativa dell’esistenzialismo tedesco. Nelle nostre edizioni ha pubblicato, tra gli altri, Genio e follia (2001) e La fede filosofica (2005)
Alla vigilia della seconda guerra mondiale uno dei più grandi filosofi del Novecento. Karl Jaspers, viene cacciato dall'Università di Heidelberg. dove insegnava, poiché marito di un'ebrea. Successivamente, seppur in condizioni di libertà vigilata, egli trova il coraggiosi pronunciarsi in due pubbliche conferenze su un tema assai spinoso quale il rapporto tra Nietzsche e il cristianesimo. Jaspers, consapevole del pericolo mortale cui va incontro la civiltà tedesca assoggettata al nazismo, vede quanto l'ideologia nazista può trovare terreno fertile in Nietzsche e, in particolare, nell'interpretazione strumentale della sua teoria del Superuomo. Perciò il suo discorso si concentra preliminarmente sulla necessità di leggere Nietzsche nel contesto generale della sua opera: non si può isolare un frammento nietzschiano e attribuirgli valore assoluto. Jaspers sottolinea il punto nodale della speculazione nietzschiana. Figlio di un pastore protestante. Nietzsche non ha fede nel cristianesimo: dichiara la morte di Dio e annuncia che l'uomo europeo è ormai entrato nell'epoca del nichilismo. Jaspers non si stanca però di ammonire: tanto compiaciuta è la critica nietzschiana al cristianesimo, altrettanto preoccupato è Nietzsche circa il futuro dell'uomo europeo dopo l'avvento del nichilismo. Il Superuomo dev'essere dunque un individuo capace di rinunciare all'illusione di Dio.
Che cosa so io davvero? Che cos'è la verità? In questo testo fondamentale, Jaspers ripercorre le tappe della ricerca di una verità di cui si possa dire: è ciò che è al di là di ogni cosa in quanto ne costituisce il fondamento. La fede, intesa come dimensione della filosofia e non come superiore conoscenza fornita da una rivelazione divina, è in sintesi l'itinerario che rivela all'uomo la possibilità del suo progetto esistenziale, come tensione continua verso il futuro.