Nel 1936, il quarantunenne Ernst Jünger si imbarca sul Monte Rosa, storico piroscafo che collegava Amburgo al Sud America, e approda in Brasile. Il suo resoconto delle otto settimane di viaggio, pubblicato solo dopo la guerra, seduce pagina dopo pagina: per le preziose descrizioni di paesaggi esotici e di piante incontrate finalmente nel loro habitat naturale, come accade alle Azzorre, e poi di pesci volanti, serpenti velenosi, cacce agli insetti... La flora e la fauna delle foreste tropicali catturano il suo sguardo più di ogni altra cosa, ma non mancano le annotazioni sulla vita di bordo, che dà spunto a ritratti di personaggi singolari, né le osservazioni sugli abitanti del posto, con il loro lavoro e la loro stratificazione sociale, e sull'impronta lasciata dalla vecchia Europa nel nuovo mondo; la curiosità per i prodigi della meccanica, poi, spinge Jünger fin dentro il ventre del piroscafo, dove lavorano nell'aria rovente i grandi motori diesel. Non una parola sulle minacce di guerra che ormai si colgono in quegli anni, ma l'atmosfera serena e a tratti perfino felice che si respira in queste pagine è turbata verso la fine del viaggio dalle fiamme che, preludio di catastrofi, «già guizzano all'orizzonte». Questo diario è arricchito delle lettere confidenziali, aneddotiche, a tratti divertenti, che l'autore scrisse al fratello Friedrich Georg durante la traversata.
Nell'agosto del 1941, a seguito di alcuni attentati contro gli occupanti tedeschi, tutti i francesi loro prigionieri vengono dichiarati ostaggi: in caso di ulteriori attacchi, saranno fucilati. È l'inizio di un'inaudita spirale di violenza che culmina nell'ottobre dello stesso anno in vere e proprie esecuzioni di massa, suscitando indignazione nell'opinione pubblica francese e crescenti riserve anche tra i responsabili del comando militare tedesco a Parigi, in conflitto con Berlino. Incaricato dal comando di documentare fatti e responsabilità a futura memoria, il capitano Ernst Jünger stila un resoconto degli eventi asciutto e puntuale. Al documento accosta però la traduzione delle ultime lettere degli ostaggi condannati a morte dopo l'attentato di Nantes del 20 ottobre 1941, strazianti eppure composte e coraggiose. Tanto basta per sublimare la cronaca trasformandola in un omaggio commosso alla dignità delle vittime, per rivelare, dietro il soldato, l'uomo e lo scrittore.
Lasciare "tracce di luce sul gioco delle onde dei giorni vissuti", più come un "piacere che come un dovere". Sono le parole con cui, all'inizio di un nuovo anno, Ernst Jiinger rinnova il proposito di tenere il diario, distillando in un'immagine il senso di questo libro. Bassa Sassonia, 11 aprile 1945-2 dicembre 1948: è il tempo della desolazione, in cui si piangono i propri cari o ci si consuma nell'incertezza della loro sorte. In balia degli umori degli occupanti, con la fame, il peso degli orrori che filtrano dai racconti dei prigionieri liberati dai campi di concentramento e dei nuovi profughi dell'Est che affollano le strade, si soffre l'umiliazione dell'isolamento e dell'unanime condanna internazionale, e si sperimenta una dolorosa fragilità. La resa incondizionata, la catena di esecuzioni e suicidi dei potenti della stagione appena conclusa la capitolazione giapponese e le bombe su Hiroshima e Nagasaki; come pure il ripristino della corrente elettrica, la prima lettera ricevuta, la fioritura del giardino, il miracolo di un fossile che ci ricorda la vitalità e l'unità dell'universo al di là del tempo e dello spazio: ogni cosa viene puntualmente annotata. La resurrezione cui pian piano si assiste passa per le piccole cose, per una quotidianità di lavoro, letture, abitudini e affetti ritrovati o onorati nel ricordo (come il figlio Ernstel, caduto sul fronte italiano nel 1944); ma anche per un primo tentativo di valutazione di quanto è accaduto.
Nel 1939 Ernst Junger - eroe della Prima guerra mondiale, durante la quale si era distinto per le imprese eccezionali, che gli avevano fatto guadagnare la Croce al merito, la più alta onorificenza prussiana - viene richiamato e messo a capo di una compagnia tedesca sul fronte occidentale, per attaccare la linea Maginot. "Giardini e strade" è il diario preciso e puntuale innanzitutto degli ultimi mesi di pace e di scrittura prima di essere richiamato, mesi in cui Junger si dedica ai suoi studi di filosofia e di entomologia. Segue poi il racconto della guerra vera e propria, della lunga marcia verso Parigi, la città amata da uomo e da intellettuale ma ora vissuta da conquistatore.
La letteratura sulla droga è caratterizzata, nei suoi rappresentanti più illustri, da De Quincey a Artaud, da Baudelaire a Huxley, da due diversi, ma inscindibili aspetti: è tanto confessione che esperimento. Questi "Avvicinamenti" raccolgono l'eredità europea, facendo della confessione e dell'esperimento non tanto i momenti di uno sviluppo della coscienza, quanto gli spunti per una regressione.