A quarant'anni dalla prima edizione, Principi di neuroscienze di Kandel et al. continua a essere il punto di riferimento indiscusso nella conoscenza della disciplina. Questa quinta edizione italiana rinnova le caratteristiche che hanno fatto grande quest'opera e le hanno permesso di fornire un quadro completo, ben strutturato e approfondito dei principi di base delle neuroscienze, senza disperdersi in una conoscenza enciclopedica - una sfida ambiziosa se si considera la crescita esponenziale della ricerca negli ultimi anni. L'opera è suddivisa in nove parti, che guidano nel mondo delle neuroscienze con l'aiuto di un ricco apparato iconografico e una chiarezza espositiva fuori del comune, in grado di trasformare l'esposizione della disciplina in una narrazione coinvolgente. Le prime tre parti forniscono una panoramica sulle tematiche più rilevanti, tra cui l'organizzazione anatomica del sistema nervoso e le basi genetiche delle sue funzioni e del suo comportamento. Segue una parte in cui si affronta il complesso tema della percezione sensoriale e di come gli stimoli captati dagli organi periferici vengano trasmessi al sistema nervoso centrale, mentre nella parte quinta si considerano i meccanismi neurali che permettono il movimento, dalle proprietà delle fibre muscolari scheletriche alle modalità con cui sono raggiunte dai comandi motori. Nelle quattro parti successive si analizzano i processi cognitivi di livello superiore, iniziando con il controllo omeostatico, le emozioni e la motivazione, per passare allo sviluppo del sistema nervoso e all'origine del comportamento, fino a una trattazione congiunta di apprendimento, memoria, linguaggio e cognizione, che comprende anche un capitolo sui temi complessi di decisione e coscienza. L'ultima parte affronta i meccanismi neurali alla base delle principali patologie del sistema nervoso, perché malattie che sembravano non correlate, come le malattie neurodegenerative e i disturbi del neurosviluppo, hanno in realtà alcuni principi in comune.
"Cogito ergo sum", penso dunque sono. Questa frase, scritta nel 1637 dal filosofo francese René Descartes, è ancora oggi una delle asserzioni più citate nella filosofia occidentale. Una delle grandi lezioni che ci ha dato la biologia del ventesimo secolo è che l'affermazione è errata per due ragioni. In primo luogo, Descartes è ricorso a questa frase per sottolineare la separazione che secondo lui esisteva tra la mente e il corpo: oggi, invece, i biologi ritengono che le attività della mente nascano da una parte specializzata del nostro corpo: il cervello. Sarebbe pertanto più corretto riformulare la frase invertendola: "Io sono, dunque penso". La seconda ragione, più importante, è che noi non siamo ciò che siamo semplicemente perché pensiamo, ma perché abbiamo la capacità di ricordare ciò che abbiamo pensato. Ogni nostro pensiero, ogni parola pronunciata e ogni azione intrapresa - in definitiva il senso del proprio io e il senso del legame con gli altri - li dobbiamo alla nostra memoria, alla capacità del cervello di ricordare e di immagazzinare le esperienze. La memoria è il collante che consolida la nostra vita mentale, l'impalcatura che sorregge la nostra storia personale e ci permette di crescere e di cambiare nel corso della vita. Negli ultimi trent'anni vi è stata una vera e propria rivoluzione per quanto riguarda le conoscenze sulla memoria e sui processi che si svolgono nel cervello quando apprendiamo e ricordiamo.