Dopo la sua morte, questo piccolo libro è da leggersi come il testamento di Kapuscinski. Chi è veramente l'altro da noi? Non quello che condivide la sorte di essere uomo (che sente fame, freddo, gioia, dolore). Fino a quel punto, siamo tutti pronti – almeno in linea teorica – a riconoscerci, a simpatizzare. Il discorso cambia di fronte alla razza, alla religione, alla cultura. È lì che scatta veramente l'essere altro. E lì scatta anche la volontà di capire e investigare. Sei conferenze che hanno lasciato il segno. Una breve, illuminante "lezione" di Kapuscinski.
Il libro
La definizione "l'altro"/"gli altri" può venir intesa come l'altro da sé, come l'individuo contrapposto agli altri individui, ma anche l'altro che affonda le radici nella diversità di sesso, generazione, nazionalità, religione. Attraverso il reportage (che secondo Kapuscinski è il genere letterario più collettivo che esista) l'autore ci rammenta gli interlocutori incontrati sulle strade del mondo, quelli che raccontano la storia della loro vita o che parlano della società alla quale appartengono. Chi sono questi interlocutori? Sono persone fatte da due parti spesso difficili da separare. Una è l'uomo uguale a noi, con le sue gioie e i suoi dolori, i giorni fasti e quelli nefasti, che teme la fame e il freddo, che sente il dolore come una sventura e il successo come soddisfazione e appagamento. L'altra, sovrapposta e intrecciata alla prima, è l'identità razziale, culturale e religiosa. Le due parti non appaiono mai distinte, allo stato puro e isolato, ma convivono influendo l'una sull'altra.
Kapuscinski lavora su questo doppio aspetto di uomo-individuo e di uomo-razza lasciando emergere come la percezione culturale non sia mai rigida, statica, stabilita una volta per tutte, ma dinamica, mobile, mutevole, soggetta ad alti e bassi di tensione a seconda del contesto esterno, delle esigenze del momento, delle aspettative circostanti e perfino dello stato d'animo e della nostra età.
Il mondo che Kapuscinski ha imparato a conoscere camminando si disvela ancora una volta ma in una nuova accezione: come territorio in cui la salvaguardia della diversità passa attraverso la conoscenza della diversità.
Un piccolo libro che raccoglie il materiale di sei conferenze e diventa occasione per riflettere sull'altro che è in ciascuno di noi, sulla distanza fra l'uomo ipoteticamente senza connotazioni e l'uomo connotato.
Un piccolo libro. Un grande testamento spirituale.
In questi dieci reportage narrativi apparsi tra il 1962 e il 1966 sul settimanale "Polityka", con l'occhio attento e la profondità di giudizio che gli sono propri Kapuscinski descrive il periodo di rottura nella storia del continente: la nascita di nuovi Stati, i capi che li hanno guidati, la crisi dei primi sistemi politici e le storie della gente comune. Storico per formazione e per passione, Kapuscinski ha osservato ogni cosa sul campo, rischiando talvolta la vita; e questo fa sì che, per quanto gli stessi eventi siano stati narrati da giornalisti di tutto il mondo, nessuno di loro abbia lasciato una testimonianza paragonabile. L'acutezza, la densità, la complessità delle analisi sono quelle che ritroviamo in "Ebano" e "La prima guerra del football". Ma la cosa più straordinaria è che a distanza di quarant'anni questo libro continui a essere fondamentale per chiarire i problemi dell'Africa e, per varie ragioni, resti una delle più importanti testimonianze mondiali della decolonizzazione africana.
Da un materiale di migliaia di pagine e di oltre cento conversazioni, è stata ricavata una scelta, distribuita tematicamente in varie sezioni: le origini di Kapuscinski, le ragioni che lo hanno portato a scegliere la professione di reporter, il suo approccio alla materia, la sua visione del mestiere, il modo di scrivere, gli stili adottati, le tematiche dei singoli libri, la profonda trasformazione del mestiere di reporter rispetto all'epoca in cui non imperversavano i media. Questo libro è un'occasione per comprendere i ferri del mestiere di un grande reporter e il modo di adoperarli sia dal punto di vista tecnico che morale. Per conoscere la profonda etica umana e ontologica di un uomo cresciuto nella miseria più nera che nel suo lavoro mette al primo posto la comprensione e il rispetto per le sofferenze degli altri. Dietro alla professionalità di Kapuscinski sta infatti qualcosa di molto speciale, di mite e nello stesso tempo durissimo: la vocazione.
Il libro raccoglie il materiale di sei conferenze e diventa occasione per riflettere sulla distanza fra l'uomo ipoteticamente senza connotazioni e l'uomo connotato. La definizione "l'altro"/"gli altri" può venir intesa come l'altro da sé, come l'individuo contrapposto agli altri individui, ma anche l'altro che affonda le radici nella diversità di sesso, generazione, nazionalità, religione. Attraverso il reportage (che secondo Kapuscinski è il genere letterario più collettivo che esista) l'autore ricorda gli interlocutori incontrati sulle strade del mondo, quelli che raccontano la storia della loro vita o che parlano della società alla quale appartengono. Questi interlocutori sono persone fatte da due parti spesso difficili da separare. Una è l'uomo chiunque, l'altra, sovrapposta e intrecciata alla prima, è l'identità razziale, culturale e religiosa. Le due parti non appaiono mai distinte, allo stato puro e isolato, ma convivono influendo l'una sull'altra. Kapuscinski fornisce in questo lavoro il suo punto di vista sulla percezione culturale delle persone.
Da un materiale di migliaia di pagine e di oltre cento conversazioni, è stata ricavata una scelta, distribuita tematicamente in varie sezioni: le origini di Kapuscinski, le ragioni che lo hanno portato a scegliere la professione di reporter, il suo approccio alla materia, la sua visione del mestiere, il modo di scrivere, gli stili adottati, le tematiche dei singoli libri, la profonda trasformazione del mestiere di reporter rispetto all'epoca in cui non imperversavano i media. Questo libro è un'occasione per comprendere i ferri del mestiere di un grande reporter e il modo di adoperarli sia dal punto di vista tecnico che morale. Per conoscere la profonda etica umana e ontologica di un uomo cresciuto nella miseria più nera che nel suo lavoro mette al primo posto la comprensione e il rispetto per le sofferenze degli altri. Dietro alla professionalità di Kapuscinski sta infatti qualcosa di molto speciale, di mite e nello stesso tempo durissimo: la vocazione.