Una giovane studentessa viene assassinata nella foresta di Bainem, alle porte di Algeri. E "nuda dalla testa ai piedi. E bella come solo una fata fuggita dalla tela di un artista [...]. Mirabilmente truccata, con i capelli costellati di pagliuzze luccicanti, si direbbe che la tragedia l'abbia colta di sorpresa nel bel mezzo di un banchetto nuziale". Intorno a lei il mondo, la città, si risveglia. Invece, "la Bella Addormentata ha chiuso con le favole. Ha smesso di credere al principe azzurro. Nessun bacio potrà resuscitarla". A dirigere l'inchiesta è chiamata Nora Bilal, una donna onesta e combattiva, che ha scelto di ignorare il pericolo che si corre in una società governata da squali e predatori, assetati di potere. Nora si trova ad affrontare uno degli "intoccabili" che controllano l'Algeria di oggi in ogni settore, figure di potere che mai vengono menzionate ma che tutti conoscono. Inizia così un viaggio nel lato oscuro di un paese stremato dalla corruzione, afflitto dall'ingordigia della classe dirigente e dei suoi complici. Un paese in cui, afferma un personaggio, "i nostri giovani non sanno cosa sia un turista o un cinema, i nostri vecchi dimenticano quello che sono stati, la nostra patria è sequestrata e le nostre speranze messe alla berlina. Una scimmia in gabbia ha più dignità di noi in spiaggia". E proprio riflettendo su questa umiliazione, Khadra reinventa ancora una volta la narrazione di genere, unendo le caratteristiche del romanzo noir a una denuncia e a una chiamata alle armi.
«Dopo vent'anni - è il rimpianto di Yasmina Khadra -, in cui il semplice ritorno alle cose naturali della vita ci sembrava una specie di miracolo, ma noi ci avevamo creduto, ecco che tutto è sparito in una voluta di fumo, eccoci rispediti alla casella di partenza». Questo romanzo dello scrittore algerino Mohamed Moulessehoul, che ha cominciato a scrivere con lo pseudonimo femminile di Yasmina Khadra - e dopo il successo ottenuto, lo ha mantenuto -, è stato pubblicato nel 2002, poco dopo l'intervento americano in Afghanistan. Attraverso le storie dei protagonisti, parla della vita quotidiana a Kabul sotto i talebani trionfanti, come sono trionfanti oggi vent'anni dopo. Il quadro di un'agghiacciante realtà pubblica, attraverso le scene private di due matrimoni. Mohsen e Zunaira, una coppia borghese ridotta in povertà: «Si erano conosciuti all'università. Lui studiava scienze politiche e aspirava alla carriera diplomatica; lei ambiva a diventare magistrato»; e Atiq e Mussarat, lui un carceriere, quindi un personaggio di un certo privilegio in mezzo a un popolo di prigionieri, lei una malata terminale, quindi ancor più emarginata nella sua condizione inferiore di donna. Tra queste due unioni, vive una colpa immensa e da nascondere assolutamente: l'amore. La bella Zunaira è per Mohsen l'amore di gioventù; Atiq è legato alla sofferente Mussarat di devozione e gratitudine per quello che lei aveva fatto anni prima. Che ne farà di loro «la città dannata», dove «la gioia viene annoverata fra i peccati capitali», e «le esecuzioni pubbliche tendono a diventare routine»? Oggi, «dopo vent'anni di guerra e di speranza», Kabul è ritornata la stessa città dannata. Nel libro c'è una frase che è un'espressione di ottimismo: «I talebani hanno approfittato di un attimo di confusione - dice Mohsen a Zunaira - per assestare un colpo terribile ai vinti. Ma non è il colpo di grazia». Rileggere questo romanzo e confrontarlo con quanto è successo significa prendere atto del colpo di grazia.