In queste pagine è raccontato il depistaggio di via D’Amelio alla luce delle nuove acquisizioni e sentenze: il protagonismo dei servizi segreti e la continuità storica con le deviazioni che hanno caratterizzato la storia delle stragi in Italia, da Piazza Fontana alla stazione di Bologna.
Questa è la storia di un giudice ucciso due volte: da una Fiat imbottita di tritolo e da una clamorosa macchinazione di Stato che ha coperto i veri responsabili della sua morte. È la storia dell’indagine affidata illegalmente al Sisde di Bruno Contrada e consegnata al gruppo investigativo di Arnaldo La Barbera, che si è trasformata nella più grande mistificazione giudiziaria della Repubblica. C’è solo da leggerla, reprimendo la rabbia e l’indignazione, e raccontarla ad altri, e poi ad altri ancora, perché nessuno possa dimenticare cosa è successo in questo paese e quel che resta oggi delle indagini inquinate: un processo a tre pesci piccoli e tante domande senza risposta, nel trionfo dell’omertà istituzionale. Ventisette anni di falsi testimoni e false verità: colloqui investigativi “anomali”, ritrattazioni ignorate, sopralluoghi mai verbalizzati, investigatori a caccia di colpevoli fasulli, magistrati “distratti” e guerre tra apparati. In queste pagine è raccontato il depistaggio di via D’Amelio alla luce delle nuove acquisizioni e sentenze: il protagonismo dei servizi segreti e la continuità storica con le deviazioni che hanno caratterizzato la storia delle stragi in Italia, da Piazza Fontana alla stazione di Bologna.
Molto è stato detto per celebrare la figura eroica di Paolo Borsellino. Molto poco invece si sa degli ultimi 56 giorni della sua vita, dalla strage di Capaci all'esplosione di via d'Amelio, quando qualcuno decide la sua condanna a morte. Lo Bianco e Rizza ricostruiscono quei giorni drammatici con l'aiuto delle carte giudiziarie, le testimonianze di pentiti e di ex colleghi magistrati, le confidenze di amici e familiari. E ci restituiscono le pagine dell'agenda scomparsa nell'inferno di via d'Amelio, in cui Borsellino annotava le riflessioni e i fatti più segreti. Qualcuno si affrettò a requisirla: troppo scottante ciò che il magistrato aveva annotato nella sua corsa contro il tempo, giorno dopo giorno. Chi incontrava? Chi intralciava il suo lavoro in Procura? Quali verità andava scoprendo? E perché, lasciato solo negli ultimi giorni della sua vita, disse: "Ho capito tutto... mi uccideranno, ma non sarà una vendetta della mafia... Forse saranno mafiosi quelli che materialmente mi uccideranno, ma quelli che avranno voluto la mia morte saranno altri"?
"Ai lettori dico di non fidarsi delle ricostruzioni distorte delle indagini sulla trattativa. Sarà un processo foriero di tensioni: guardate ai fatti, non alle versioni delle parti in causa. E lo stesso chiedo ai giornalisti. Una parte del paese non vuole la verità sulle stragi, e mi stupirei del contrario: non la voleva vent'anni fa, non la vuole adesso." "C'è una verità indicibile nelle stanze del potere, un potere non conoscibile dai cittadini che si nasconde, che si sottrae a ogni forma di controllo. La ragion di Stato rischia di diventare un ombrello difensivo sotto il quale proteggere la parte oscura del potere, il suo volto osceno, e la storia occulta dei patti inconfessabili, compreso quello tra Stato e mafia." Le stragi e le bombe del '92-93, la nascita della Seconda Repubblica, la corruzione come sistema, l'attacco alla Costituzione e alla magistratura, la debolezza della sinistra, le indagini sulla trattativa, il conflitto con il Quirinale. Antonio Ingroia, procuratore aggiunto della Procura di Palermo, racconta vent'anni di berlusconismo e la difficoltà di ricostruire la verità sui rapporti tra mafia e Stato.
Molto è stato detto per celebrare la figura eroica di Paolo Borsellino. Molto poco invece si sa degli ultimi 56 giorni della sua vita, dalla strage di Capaci all'esplosione di via D'Amelio, quando qualcuno decide la sua condanna a morte. Lo Bianco e Rizza ricostruiscono quei giorni drammatici con l'aiuto delle carte giudiziarie, le testimonianze di pentiti e di ex colleghi magistrati, le confidenze di amici e familiari. E ci restituiscono le pagine dell'agenda scomparsa nell'inferno di via D'Amelio, in cui Borsellino annotava le riflessioni e i fatti più segreti. Qualcuno si affrettò a requisirla: troppo scottante ciò che il magistrato aveva annotato nella sua corsa contro il tempo, giorno dopo giorno. Chi incontrava? Chi intralciava il suo lavoro in Procura? Quali verità andava scoprendo? E perché, lasciato solo negli ultimi giorni della sua vita, disse: "Ho capito tutto... mi uccideranno, ma non sarà una vendetta della mafia... Forse saranno mafiosi quelli che materialmente mi uccideranno, ma quelli che avranno voluto la mia morte saranno altri"?