La società della potenza tecnica, affermatasi nel 1989, a partire dal 2008 è entrata in crisi. L'epoca della globalizzazione e della sua idea di potenza si è arrestata di fronte a un vortice di recessione che, forse, è irreversibile. O meglio, la crisi in corso sta imponendo alla storia una torsione inedita e inaspettata. La potenza tecnica dispiegatasi in modo formidabile in quei vent'anni ha generato una pericolosa illusione di onnipotenza, e oggi si trova nella drammatica impossibilità di risolvere i problemi che essa stessa ha causato. Ogni catastrofe, ogni crisi, richiede un cambio di prospettiva. Mauro Magatti compie un atto rivoluzionario e ragiona sulla deriva del mondo contemporaneo recuperando l'idea antica di potenza. Perché la potenza, spiega Magatti, è l'elemento che caratterizza la nostra specie. "La vita umana non è mai determinata solo dal dato biologico o storico. Benché vincolata o limitata, la sua forma più caratteristica è quella di 'essere possibilità'." La libertà creativa dell'uomo è radicata nella sua eccentricità. La potenza è la capacità di sottrarsi all'immediatezza e alla necessità del presente, è la facoltà di cogliere l'apertura delle possibilità per imprimere una nuova direzione. E da qui si deve partire per uscire dalla crisi del mondo contemporaneo. Riscoprire la natura eccentrica dell'uomo in ogni ambito della vita significa "riflettere sulla potenza che, come singoli e come collettività, siamo diventati capaci di produrre", vincendo il monopolio della società tecnica. In fondo, l'obiettivo è uno solo: migliorare il nostro mondo e, insieme, la nostra umanità.
Per uscire da una crisi serve un cambio di paradigma. Bisogna cambiare regole e prospettive, adeguare il proprio sguardo a un modo nuovo di interpretare la realtà. E prima che si stabilisca un nuovo paradigma, una nuova normalità, esiste un momento in cui tutte le possibilità sono aperte. Il sociologo Mauro Magatti dimostra che ci troviamo esattamente in quel momento. Il 2008 ha segnato l'inizio di una crisi economica che si è rivelata anche politica e culturale e ha portato alla fine di un'epoca. Fino ad allora il neoliberismo era stato il modello al quale avevamo affidato le nostre prospettive di crescita economica e di benessere. Ora quel modello è saturo, perché non più capace di rispondere alle esigenze di un mercato globale sempre più selvaggio e sregolato, né alla degenerazione della politica, sempre più populista e nazionalista. Ma questa, spiega Magatti, è una grande occasione. Perché se le vecchie regole non sono più valide, questo è il momento in cui possiamo inventarne di nuove. L'importante è avere chiara una direzione. E la direzione è quella della rinuncia alla cieca economia del consumo, per giungere a uno scambio sostenibile. "Solo la combinazione tra sostenibilità e logica contributiva può permettere di ricostruire su basi nuove il rapporto tra economia e società che il neoliberismo ha col tempo mandato in frantumi. E così rispondere alla domanda sulla natura della prossima crescita economica, nel quadro di una nuova stagione della democrazia."
La libertà in condizioni di libertà è diversa dalla libertà in condizioni di costrizione. È questo il problema che interpella oggi la "società dei liberi". È vero, ci siamo liberati. Ma nel frattempo siamo divenuti prigionieri della potenza: quella dei grandi apparati tecno-economici e quella della volontà di potenza soggettiva, in continua espansione. Tutti uguali, finalmente disinibiti, perennemente in cerca, sempre aperti a tutto. Ma trasformando, alla fine, il desiderio in godimento e facendoci schiavi della performance. Arrivando a negare la realtà, il senso, l'altro da noi, la vita. E così diventando violenti, insoddisfatti, depressi. Pieni di cose e perfettamente vuoti. E disuguali. Esiste però un'altra libertà: la "libertà generativa". Una libertà che insegue una speranza e sta in relazione con la realtà, con l'altro da sé. Un generare che è biologico e simbolico. Come movimento antropologico originario, speculare al consumo, la generatività si manifesta nell'arte, nel lavoro cooperativo, nel volontariato, in certa imprenditorialità, nell'artigianato. E si realizza in quattro tempi: desiderare, mettere al mondo, prendersi cura e, infine, lasciar andare. Movimenti che ci rigenerano come soggetti capaci e nuovi. Dunque, la generatività come nuovo immaginario della libertà che ci libera da noi stessi. È questo il modo per riformare il nostro modello di sviluppo e rinnovare la democrazia. Superando l'individualismo della società dei consumi.
La crisi attuale è un'occasione per rinnovare il capitalismo sul piano culturale e strutturale. Il modello neoliberista, dell'iperconsumo individualizzato e della crescita infinita, che si è rivelato insostenibile, è ormai alle nostre spalle e la nuova fase che si apre ci traghetta verso un capitalismo diverso, qui chiamato "capitalismo a valore contestuale". Il cambiamento riguarda le pratiche economiche e i modelli di business, ma anche, contemporaneamente, il modo di concepire la libertà dei soggetti e la loro realizzazione di sé. Il nuovo modello di sviluppo che si profila poggia sull'idea di una crescita integrale foriera di una nuova prosperità. Esso combina i tratti di quattro promettenti prospettive culturali, tra le altre: la nuova ecologia politica di Joseph Stiglitz, Amartya Sen e Jean-Paul Fitoussi; il convivialismo, che si radica nell'antiutilitarismo di Alain Caillé; l'economia della contribuzione teorizzata da Bernard Stiegler; la generatività italiana di cui è capofila lo stesso Magatti. Di tali prospettive si illustrano anche alcune traduzioni nelle pratiche.
Partendo dalla ricostruzione critica del modello di sviluppo affermatosi negli ultimi vent'anni, il libro approfondisce le origini culturali e sociali della crisi in atto. Il tema viene affrontato a partire da una domanda di solito rimossa: come mai, dopo un lungo periodo di crescita, i paesi occidentali si ritrovano indebitati, invecchiati, disuguali e depressi? Al di là degli aspetti finanziari ed economici, la crisi segna la fine del tecno-nichilismo. Per quanto faticosa, difficile e rischiosa, la crisi tuttavia è anche un'opportunità. Il problema non si risolve semplicemente attraverso interventi tecnici, ma tornando a chiedersi che cosa sia la crescita. Ciò è possibile a condizione però di mettere in discussione l'immaginario della libertà che si è affermato nei paesi occidentali, imprigionato in una concezione radicalmente individualista. Iniziando da qui si può cominciare a declinare diversamente il rapporto tra economia e società, superando un'economia basata sul consumo per entrare in un'economia basata sul valore.