Il celebre gesuita Matteo Ricci (1552-1610) aprì per primo la porta sul Celeste Impero, bruscamente richiusa poi dall'imperatore Kangxi nel primo Settecento. Il libro segue l'ascesa e la caduta dell'avventura missionaria in Cina, e ne rileva la grandezza ma anche i forti contrasti tra gli ordini religiosi, che al principio del Settecento ne causarono il tramonto, soffermandosi sulla «controversia dei riti cinesi» e sulla sopravvivenza del cristianesimo in Cina.
Un lungo viaggio di oltre un secolo nella memoria delle generazioni, per mettere in luce le radici dell'Italia più contemporanea, l'identità morale, il pensare collettivo nella società e l'azione politica dai ceti dirigenti al popolo. Una mappa storica dei valori, delle passioni e dei conflitti degli italiani.
A metà tra storia e sociologia, tra ricerca e biografia generazionale, una ricostruzione della genesi del Sessantotto e un ritratto della gioventù che diede vita alla stagione più intensa della politica italiana del dopoguerra. Con lo sguardo partecipe di chi ha vissuto l'era della ricostruzione in prima persona e il distacco imparziale dello storico, l'autore racconta la difficile gioventù dei "figli della guerra" e del primo dopoguerra, cresciuti all'ombra dell'eredità della Resistenza, delle contraddizioni della "pacificazione nazionale" e del "miracolo italiano". Si dispiega così lo scenario sociale e culturale che rese possibile, nel bene e nel male, lo straordinario impegno politico della gioventù del Sessantotto.
Di mafie al mondo ce ne sono molte, ma è quella siciliana la mafia storica e la madre di tutte le altre. Per secoli ha alimentato la "Sicilia politica"; dopo l'unificazione nazionale è diventata parte integrante delle vicende del potere in Italia; dall'età dei padrini a quella dei boss, ha via via assunto rilievo internazionale intrecciandosi con le sorti del peggiore affarismo; infine si è addirittura innervata nelle più segrete e inquietanti operazioni "strategiche" dell'Occidente durante la guerra fredda. Il quadro degli eventi è tale da produrre un forte impatto sia sul lettore comune che sullo specialista: un grande affresco di potenti e poveracci, gattopardi e gabeliotti, briganti e politici, notabili e preti, affaristi e narcotrafficanti, tangentisti e massoni. Non si tratta, dunque, di un impasto di cronache di criminalità, bensì di una densa materia politica e sociale. Analizzarla significa indagare su processi di cui è protagonista l'Italia intera nel sistema mondiale delle sue relazioni e alleanze. Da questa prospettiva, e pensando anche al filo che lega la mafia ai misteri della prima repubblica, si coglie il dramma dell'antimafia e la reale portata etico-politica della "rivolta legalitaria" dopo il crollo del muro di Berlino. Scrivere tutto questo da italiani, e ancor più da siciliani, è perlomeno imbarazzante, perché costringe a "processare" mentalità radicate e tradizioni di lungo periodo. Nel farlo l'autore controlla la passione civile con l'equanimità di giudizio, in una ricostruzione affascinante, che utilizza criticamente anche la cronaca, realizzando un'opera tra le più insolite e ardite della storiografia italiana contemporanea.
Si continua a parlare e a scrivere di mafie vecchie e nuove, mentre le idee rimangono confuse persino sulla mafia-mafia originaria, nata in Sicilia ed esportata nel continente americano. Sull’argomento si moltiplicano le confusioni interpretative e i giudizi superficiali, insufficienti e devianti (del tipo canonico “la mafia è la criminalità organizzata”) e ambiguamente si invoca la legalità, mentre si impone nel mondo un più complesso interrogativo: con quale dinamica, e con quale natura (antica e nuova), agli oscuri poteri del capitalismo globalizzato si sta avvitando, come l’edera al tronco, il processo della globalizzazione mafiosa?
Di certo l’“egemonia” del malaffare sta dilagando dall’Italia al resto del pianeta nelle forme multiple e variabili di un inedito totalitarismo, incorporando sempre più inferme e improbabili “democrazie”. Ed è tanto malaffare quanto è politica ed è politica in quanto è economia.
Mancava un quadro interpretativo “globale” idoneo a spiegare come la peggiore Sicilia della mafia sia diventata negli anni la peggiore Italia delle mafie fino a intrecciarsi con tutte le altre del pianeta, segnandone metodi, stili, mentalità e mestieri criminali. Lo ha scritto, adesso, lo storico che aveva inaugurato la storiografia critica sul fenomeno mafioso.
Ne è nato questo testo snello, sintetico e intenso, tanto inquietante per le denuncie quanto accattivante per un inconfondibile stile di scrittura; un testo di riflessione e di azione civile, che si apre al dibattito come un Manifesto per un’Internazionale antimafia.
“COS’È LA MAFIA SICILIANA OGGI IN ITALIA E NEL MONDO, QUALI SONO LE SUE STRATEGIE E I SUOI OBIETTIVI?
PERCHÉ È MEGLIO PARLARE DI MAFIE, ANZICHÉ DI MAFIA?
QUAL È LA CONSISTENZA DEL POTERE MAFIOSO NEGLI ANNI 2000? E QUALE IL BILANCIO E LE PROSPETTIVE NELL’ANTIMAFIA IN ITALIA OGGI? E CON QUALE INFLUENZA E CON QUALI INTERAZIONI NEL MONDO NELL’ERA DELLA GLOBALIZZAZIONE DELL’ECONOMIA ILLEGALE?
QUESTE SONO LE DOMANDE DI FONDO ALLE QUALI CERCHERÒ DI RISPONDERE.”