Da sempre le grandi civiltà preclassiche dell'Oriente mediterraneo, dall'Egitto alla Mesopotamia, dall'Anatolia alla Siria all'Iran, sono state fonte d'ammirazione per l'imponenza colossale di celebri opere architettoniche, dalle Piramidi di Giza alla Torre templare di Babilonia al centro cerimoniale di Persepoli. Questa dimensione monumentale ha contribuito da sola a definire agli occhi dell'Occidente l'elemento distintivo e il limite fatale di tutta l'arte orientale antica, cioè la sua immutabilità e ripetitività ossessiva e straniante. Risalente a una sorta di età preistorica, l'espressione artistica di quelle civiltà, così dedita al meraviglioso, sarebbe stata del tutto estranea al rapporto con la Storia, che con le sue costanti trasformazioni sarebbe divenuta prerogativa fondamentale ed eccellenza dell'arte greca, romana e tardoantica. In realtà, nella prospettiva di Paolo Matthiae, proprio il ritratto, forma espressiva realistica e quindi storica tra tutte, costituì fin dagli inizi del III millennio a.C. una dimensione specifica di tutte le culture artistiche dell'Oriente antico. «Il ritratto è usualmente considerato un genere che, fin dalla civiltà etrusca, ha percorso tutta la storia dell'espressione artistica del mondo occidentale e che non ha conosciuto che rarissimi, inconsistenti e accidentali precedenti nel mondo orientale antico d'Egitto e d'Asia. Questo giudizio è non soltanto inaccettabilmente sommario, ma soprattutto non è per nulla corrispondente alla realtà, in quanto forme di rappresentazione che, pur molto approssimativamente, possono definirsi di ritratto, concepite e realizzate in relazione a definite visioni della natura - umana, divina o divinizzata - dei detentori del potere come maschere create in un complesso processo di comunicazione visiva di eccezionale rilievo per le società di quasi tutte le realtà statuali storiche - urbane, territoriali, nazionali, imperiali - dell'Oriente antico, sono ben documentate, con infinite varietà, lungo tre millenni di storia. Nelle pagine che seguono, per l'attenzione prestata alla restituzione dei collegamenti tra le opere artistiche e le concezioni dei ruoli istituzionali dei personaggi raffigurati, il tema del "ritratto" è trattato nella prospettiva di una sempre più avanzata storicizzazione dell'arte dell'Oriente antico».
L'appassionante racconto delle campagne archeologiche dell'antico Oriente da metà Ottocento a oggi, dalla decifrazione delle due scritture più antiche dell'umanità alle prime epiche imprese alla ricerca di Ninive, alle grandi scoperte nella Valle dei Re a Tebe, da Ebla, Qatna e Aleppo in Siria a Nimrud e Sippar in Mesopotamia, a Troia e Hattusa in Anatolia, ad Abido e Amarna in Egitto, fino a Gerusalemme in Palestina.
Ritenuta concordemente la piú importante scoperta archeologica della seconda metà del Novecento, Ebla, nella Siria settentrionale, poche decine di chilometri a sud di Aleppo, riportata alla luce dagli archeologi dell'Università di Roma La Sapienza, ha rinnovato le piú leggendarie imprese dell'archeologia orientale. Dopo il sorgere delle prime città della storia nella Mesopotamia dei Sumeri e il formarsi del primo stato dei Faraoni nella Valle del Nilo nella seconda metà del IV millennio a.C., il III millennio a.C. è l'età della sfida in Siria e in Alta Mesopotamia a consolidare la grande conquista della civiltà urbana fuori dalle piane alluvionali. Ebla - con i suoi edifici monumentali e le migliaia di tavolette del 2350-2300 a.C. - è oggi, per un millennio, fino alla definitiva distruzione attorno al 1600 a.C. il centro urbano meglio conosciuto dove questa grande sfida del mondo civilizzato è stata vinta, avendo ragione delle asperità della natura e delle contese degli uomini. La fine di Ebla, caso unico nella storia orientale antica, fu cantata in un poema hurrito-hittita, che la distruzione della città ha rievocato con modi e toni che da vicino preannunciano l'Iliade. In questo libro riemerge in tutti i suoi aspetti, dopo quasi cinquant'anni di scavi ininterrotti, l'immagine a tutto tondo di uno dei maggiori centri urbani dell'Antichità preclassica nella ricostruzione del protagonista della sua rinascita.
La rinascita di Ebla e della sua cultura è una delle più sensazionali scoperte dell'archeologia contemporanea. La ricostruzione di un mondo complesso di avanzata struttura amministrativa, di sofisticata ideologia e di raffinata cultura materiale è il risultato di una attività di ricerca che dura da oltre venticinque anni. La rivelazione inattesa di Ebla ha stupito il pubblico internazionale e il mondo scientifico non meno dei ritrovamenti di Schliemann a Troia e Micene. La riproposta è in occasione della mostra che si terrà a Roma da marzo a giugno. Nuova introduzione dell'autore e aggiornamento bibliografico.