A torto ritenuto un’epoca immobile, il Medioevo è fatto anche di viaggi. Per ragioni politiche e per lavoro, per pregare o per studiare: viaggiano re e mercanti, pellegrini e fuorilegge, chierici e giullari, emarginati e cavalieri erranti. E si naviga nei fiumi, nei laghi, nei canali, nei mari e nell’oceano. Ma che cosa significava mettersi per strada lasciando la propria casa alle spalle, come si viaggiava in concreto, quali erano le conoscenze e le fantasie geografiche, quali i paesi conosciuti, quale il rapporto con le genti straniere? Le fonti dell’epoca, che il libro fa parlare, ci consentono di osservare la gente del Medioevo in cammino, ce la raffigurano mentre attraversa paesi e continenti, mostrandoci i percorsi, le fatiche, le paure, le emozioni.
Anche nel Medioevo troviamo donne disposte a vendere il proprio corpo «pro pretio, lucro et questu»: condannata e ritenuta una vergogna, la prostituzione era però considerata ineliminabile e persino necessaria. Giustificabile, perché salvava da mali peggiori come la corruzione delle vergini e delle spose e «l'abominevole vizio della sodomia». Ma qual era la posizione della Chiesa e dei pubblici poteri nel regolare questo fenomeno divenuto assai rilevante? Nel Trecento, infatti, si assiste ovunque in Europa al proliferare dei postriboli, a volte quasi piccole fortezze del piacere, a volte strade o quartieri riservati, e la vita delle donne pubbliche - forestiere o straniere, spesso sopraffatte dai debiti - dentro e fuori fu sottoposta a rigide norme.