Con questa pubblicazione, l’autore offre un tentativo di presentazione generale della spiritualità conciliare, a partire dai documenti del Concilio Vaticano II e dall’interpretazione che di essi diede il beato Paolo VI lungo il corso del suo pontificato. È la «messa a fuoco» del valore religioso e spirituale di un Concilio che attende ancora di sprigionare tutta la sua forza profetica, indirizzata soprattutto a rimotivare la comunità cristiana nel compito sempre attuale della «nuova evangelizzazione». Attraverso l’esposizione di alcuni «punti focali» del ricco magistero conciliare e l’esperienza spirituale di quanti ad esso si sono ispirati, si rilancia il forte invito alla santità per cui «l’antica storia del Samaritano è stata il paradigma della spiritualità del Concilio» (7.12.1965). Le parole di Paolo VI motivano questa introduzione al vasto «paesaggio spirituale » esplorato e approvato sotto la guida dello Spirito Santo, mentre allargano l’orizzonte del cammino dei cristiani sulla strada del buon Samaritano dell’umanità, muniti della «bussola » dei testi conciliari.
Diceva già Paolo VI diversi decenni orsono: «Colui che intende accogliere lo spirito e la norma del rinnovamento conciliare si accorge d’essere modellato da una pedagogia nuova, che lo obbliga a concepire e ad esprimere la vita religiosa, la vita morale, la vita sociale in funzione della comunità ecclesiale alla quale appartiene. […] La conclusione è questa: dobbiamo aumentare in noi il senso comunitario e l’esercizio delle virtù corrispondenti; cioè dobbiamo crescere nella carità: questo termine deve acquistare senso, valore, pratica; questo è lo spirito comunitario, al quale il Concilio ci vuole formati e fedeli» (Udienza generale, 2 giugno 1970). Tutto quello, infatti, che non si traduce in riflessione, preghiera e azione, non si trasforma in «carne e sangue»; non cambia la mentalità di chi è chiamato in prima persona a rispondere all’azione di Dio e agli appelli della comunità umana; mortifica la grazia di Dio con una stantia ripetizione di quanto si è sempre fatto, dispensando dall’impegno di un vero rinnovamento spirituale.
La Professione di fede di Paolo VI continua a risuonare nella Chiesa e nei cuori dei credenti, quale voce autorevole che varca i confini del tempo e dello spazio per inabissarci nell'immensità dell'amore di Dio, con intelligenza colma di stupore e fiducia incrollabile nella Parola certa di salvezza. Un breve commento spirituale alle parole con cui "il papa del Concilio" intese ritornare alle sorgenti della autentica fede professata, testimoniata, proclamata e vissuta. Parole antiche e sempre nuove, commentate con quelle del Catechismo della Chiesa Cattolica, capaci di alimentare in ognuno e nelle nostre comunità una fede illuminata, una rinnovata speranza e una più ardente carità.
In questo testo il lettore troverà la pratica devozionale dei Sette dolori di San Giuseppe. Spunti personali di riflessione, Salmi e invocazioni della devozione popolare, tracciano un itinerario meditativo sulle orme di San Giuseppe.
Il testo si inserisce nella lunga storia della devozione a San Giuseppe e offre al lettore parole antiche, ma sempre attuali, che esprimono il bisogno, per l'uomo di ogni tempo, di trovare una guida sicura, un modello di vita, un padre affidabile, un intercessore fedele.
L'autore propone un agile sussidio rivolto a chi svolge il ruolo di lettore nelle comunità parrocchiali. Il testo ripercorre la storia di questo ministero offrendo spunti di riflessione e di approfondimento storico, biblico e liturgico per sfociare in una pastorale che eviti l'improvvisazione. Risponde alla esigenza reale delle comunità - in particolar modo di quelle parrocchiali - di formare laici volenterosi, chiamati esplicitamente a svolgere il compito di proclamare la Parola di Dio nelle celebrazioni liturgiche. Lo stile è semplice e diretto, risultando quasi una sorta di vademecum utile per acquisire una vera ars celebrandi nelle liturgie.