Camminare può significare cose molto diverse per chi cammina. Può essere un modo per pensare meglio o per sentire il linguaggio del corpo scandito dal movimento dei muscoli e del respiro. Oppure un modo di fare un viaggio, per scoprire paesaggi e mondi nuovi. Per entrare in contatto con la natura attraversando boschi, prati, monti o per flâner per le strade di una città. Possiamo camminare per raggiungere un obiettivo o vagare senza meta. Lo si può fare da soli, in compagnia di un amico, di un amore, di un figlio o con tanta gente insieme. Si può camminare all'aperto o in casa, e perfino soltanto nella nostra immaginazione. Di tutte queste «figure» dell'andare a piedi dà conto l'autore, vagabondando tra le testimonianze di filosofi, scrittori, poeti ed esploratori che in diversa forma hanno lasciato traccia delle loro esperienze di cammino.
Negli ultimi anni la riflessione kantiana sulla pace e sulla guerra è stata al centro di un vivace dibattito, che ha coinvolto filosofi, storici e studiosi di teoria politica. Questo libro ricostruisce la posizione di Kant inserendola nel contesto della sua opera – con particolare riguardo alla filosofia del diritto, della politica e della storia – e mettendola in rapporto agli autori che ne hanno costituito le premesse storiche. Ne emerge un modello di federalismo cosmopolitico che ha rappresentato (si pensi alla Società delle Nazioni e all’Onu), e rappresenta ancora, un punto di riferimento essenziale per la teoria delle relazioni internazionali. Ma anche un pensiero ricco di tensioni interne, sospeso tra le esigenze razionali della filosofia trascendentale e i condizionamenti storico-culturali della propria epoca.