Parliamo di donne velate e subito pensiamo allo hijab o agli altri tipi di copertura del capo, o del volto, o dell'intero corpo della donna che sono in uso nel mondo islamico e che, non senza originare polemiche, molte islamiche indossano anche nei paesi occidentali. Ma la prescrizione alle donne di coprirsi il capo appartiene in pieno anche alla storia dell'Occidente. Proviamo allora a riscoprire un costume millenario, documentato dalla Bibbia e dalle statue dell'antica Grecia, dai Padri della Chiesa, dalle normative medievali, da innumerevoli testimonianze artistiche e letterarie. Il capo coperto era prerogativa delle donne sposate, era la divisa delle religiose, così come ogni vedova era tenuta a portare il velo del lutto. Segno di verecondia e modestia, il velo, leggero quanto simbolicamente carico, era però anche un accessorio alla moda, il complemento fondamentale nello sfoggio di lusso ed eleganza, come ancora oggi può essere il foulard griffato.
La moda è un fenomeno che caratterizza la vita contemporanea, tanto più in un paese come il nostro che del "made in Italy" ha fatto il suo biglietto da visita sul mercato internazionale. Ma il predominio italiano è un fatto relativamente recente all'interno di una storia della moda che viceversa inizia nel Medioevo comunale. È questa la storia qui ripercorsa con curiosità e leggerezza da una delle principali storiche della moda italiane. Dopo aver identificato a grandi linee le diverse epoche della moda, segnate volta a volta dall'influenza dell'Italia, poi della Spagna, infine e lungamente della Francia, l'autrice in una carrellata che arriva ai giorni nostri tocca gli aspetti costitutivi del fenomeno, dall'evoluzione del ruolo dei sarti al disciplinamento del lusso, dall'uso degli abiti per segnare appartenenze di luogo e status al succedersi del gusto per i colori, le righe, le fogge larghe o aderenti, i busti e le crinoline.
Il volume, in una nuova edizione, disegna la storia del vestire nell'età medievale sia nella sua materialità, sia nei suoi usi sociali vale a dire nei significati che la società medievale attribuiva agli abiti. Partendo da inventari notarili dell'epoca, l'autrice illustra con una serie di casi concreti di che cosa in effetti era composto il guardaroba degli uomini e delle donne nel Medioevo, riscontrando nelle tipologie e nelle quantità dei vestiti le caratteristiche dei diversi gruppi sociali. Il libro descrive poi tutto il processo legato alla produzione e al commercio dei vestiti, dalle botteghe dei vari artigiani (tintori, setaioli, conciatori, cuoiai, calzolai, sarti) ai venditori di panni e ai merciai. Infine l'autrice si occupa dell'uso sociale degli abiti mostrando come ci si vestiva nelle varie situazioni, come i vestiti sancivano le differenze di ceto, come la Chiesa e le stesse leggi cercavano di porre un freno al lusso.
L'arte della comunicazione non l'hanno scoperta gli imbonitori televisivi: già nel Medioevo i predicatori erano maestri nell'arte, virtuosi della parola e dei suoi segreti, incantatori delle piazze. A tale "spettacolo" della predicazione è dedicato questo libro. La predica, che serviva a "pescare uomini", doveva quindi essere un'esca appetibile: seguendo vere e proprie strategie retoriche il predicatore ammaliava il pubblico, lo incatenava alle sue parole, e lo sospingeva per la strada della fede con la forza e la suggestione del suo discorso. E i bravi predicatori (da Giordano da Pisa a Bernardino da Siena, da Giacomo della Marca a Bernardino da Feltre), al pari delle star odierne, erano contesi dalle città che facevano a gara per assicurarseli. Bernardino da Feltre, che era uno dei più famosi, solo negli ultimi cinque anni di vita percorse, sempre a piedi, quasi 6.000 chilometri. Attingendo a cronache e documenti del tempo, l'autrice delinea un quadro vivace e curioso di questo aspetto centrale nella religiosità e nella vita della città medievale.