Ernesto Olivero racconta la storia dell'avventura cominciata nel 1964 con il Sermig, il Servizio missionario giovani, costituito inizialmente da un gruppo di ragazzi folli, sognatori e idealisti che decide di impegnarsi per sradicare la fame nel mondo. Da questo ideale nasce la sintesi di una storia che negli anni si sarebbe arricchita di molte sfumature: missioni di pace, piani di sviluppo, aiuti umanitari, sostegno ai poveri, progetti di giustizia.
Ogni parola di questo libro nasce da un fatto, da una lacrima, da una tragedia, da una nuova possibilità.
E ogni fatto di speranza è ripetibile, a portata di mano di ogni uomo e di ogni donna, a qualsiasi latitudine. Se un uomo o una donna imparano a non vedere nell'altro un nemico, un affare, un problema, entrano nel campo delle opportunità. Perché nell'altro ci possiamo rispecchiare, nell'altro possiamo trovare un riflesso di sapienza, un maestro. La mia vita ha incontrato la logica del «non bussate, è già aperto», mi sono lasciato incontrare da migliaia e migliaia di persone: poveri e ricchi, ultimi e primi, piccoli e grandi. Attraverso la fatica mia e degli uomini in cui mi sono rispecchiato, lentamente ma decisamente ho cancellato le parole «mio», «nemico», «diverso», «infedele». Questa scelta mi ha disarmato! Ogni incontro ha allargato il mio cuore e la mia mente, mi ha reso diverso. Non è retorica quando dico che sono un bambino di strada, una prostituta, uno straniero, un malfattore. Conosco il dolore, conosco i limiti, conosco le contraddizioni della vita, ma in tutto questo ho scoperto la speranza. È a lei che dedico questo libro per dire che il bene esiste nella misura in cui trova casa in me, in noi, in tutti, e che solo il bene può trasformare il male. Senza finzioni, senza moralismi, senza trionfalismi. Mi piacerebbe che chi legge questo libro potesse dire: «È capitato a lui, può capitare anche a me».
Ernesto Olivero
Queste pagine sono indirizzate ai giovani che si avvicinano alla nostra fraternità. Sonoa nche per ognuno di noi che ha già detto il suo sì al Signore nel matrimonio, nel sacerdozio, nella vita consacrata, perché tutti siamo chiamati ad amare e a servire. Dopo tanti anni penso ancora, e oggi con maggior convinzione, che diventare semplicemente cristiani sia l'avventura più bella della vita.
Dicono i Padri della Chiesa che è teologo solo chi prega. Fare teologia non significa ragionare in modo astratto su Dio, avere idee brillanti per spiegare che cos'è la Santissima Trinità e che cosa c'entra con il mondo e con la vita.
Il teologo, per i Padri, è colui che nella preghiera ha fatto esperienza di Dio e ne è stato trasformato, e che vive cercando di realizzare nella sua limitatezza umana l'immensità dell'amore che gli è stato donato. Per questo motivo il libro di Ernesto Olivero è un libro di teologia: perché parla d'amore.
L'autore è un «teologo» che ha reso vita vissuta e concreta ciò che porta nel cuore, e che ha deciso di raccontarlo, nel modo semplice, scarno ed emozionante, che solo la verità conosce.
Scelte difficili, scommesse che nessun altro avrebbe raccolto, persone dure, storie sconvolgenti: non c'è niente che faccia paura a quest'uomo che prega, forte di una forza non sua.
Dio non guarda l'orologio è il racconto avvincente di un uomo la cui vita è stata cambiata dall'incontro con Dio; è il racconto di cosa succede quando qualcuno risponde all'appello e vive nella pratica quotidiana, mettendosi perennemente in gioco, l'essenza del cristianesimo.
Nota dell'autore: L'autore desidera avvertire che tutti i diritti della vendita del libro saranno messi a disposizione dei poveri che varcano ogni giorno la soglia dell'arsenale della pace. L'autore ha scoperto da tempo che non c'è affare più redditizio
Pensieri, episodi e riflessioni per non dimenticare che mai come oggi bisogna essere vicino agli ultimi.
«Caro Ernesto, tu sei tra quelli che preferiscono pregare piuttosto che parlare di preghiera; sei tra quelli che preferiscono amare piuttosto che parlare di amore; sei tra quelli che aprono la porta a Dio: e Dio entra e uno spazio di mondo si riempie di luce e di speranza. Tu hai capito che il sogno di Dio dobbiamo costruirlo noi con Lui, seminando gesti d'amore che, come gocce d'acqua nel deserto, fanno spuntare i fiori: l'Arsenale della Pace è uno di questi splendidi fiori». (dalla Prefazione di Angelo Comastri)