La nostra è una società libera? Le dittature che hanno caratterizzato così duramente il secolo scorso sono davvero e per sempre scomparse?Per rispondere a queste domande Onfray si basa sull'analisi di due straordinarie opere di George Orwell: "1984" e "La fattoria degli animali", testi capitali per comprendere i maggiori totalitarismi del Novecento, lo stalinismo e il nazionalsocialismo. Ma l'intento di Onfray è di utilizzarli come strumenti per l'interpretazione dell'oggi: a partire da essi, l'autore descrive sette «fasi» o «comandamenti» necessari e sufficienti a far sì che il pericolo di una dittatura si realizzi concretamente: distruggere la libertà; impoverire la lingua; abolire la verità; sopprimere la storia; negare la natura; propagare l'odio; aspirare all'Impero. Ciascun comandamento viene poi analizzato in dettaglio nelle sue implicazioni, che l'autore definisce «principi», trentatré in tutto; a titolo di esempio, Praticare una lingua nuova, Usare un linguaggio a doppia valenza, Distruggere parole, Piegare la lingua all'oralità, Parlare una lingua unica, Eliminare i classici sono i principi del «comandamento» Impoverire la lingua. Attraverso un'argomentazione lucida, mai pessimista ma brillante, Onfray dipinge il ritratto di un'epoca, la nostra, che sembra aver smarrito ogni saldo riferimento e procede senza apparenti ostacoli verso la dittatura prossima ventura.
Il racconto di un lutto, di una malattia, del corpo che resiste, della vita che ha la meglio, nonostante tutto. Michel Onfray si confronta con la propria finitudine e affronta il potere dell'emotività partendo da un'esperienza personale molto forte.
"Conosciamo tutti le piramidi egizie, i templi greci, i fori romani, e tutti ammettiamo che le tracce di civiltà scomparse provano che le civiltà muoiono, e dunque che sono mortali! La nostra civiltà giudaico-cristiana, che ha duemila anni di vita, non sfugge a questa legge. Dal concetto di Gesù, annunciato nell'Antico Testamento e progressivamente nutrito d'immagini da secoli di arte cristiana, fino a Bin Laden, che dichiara guerra mortale al nostro Occidente spossato, provo qui a tracciare un affresco epico della nostra civiltà. Vi troviamo: monaci folli nel deserto, sanguinari imperatori cristiani, musulmani che costruiscono il loro «paradiso all'ombra delle spade», grandi inquisitori, streghe a cavallo delle scope, processi agli animali, indiani piumati a passeggio con Montaigne nelle strade di Bordeaux, la resurrezione di Lucrezio, un curato ateo che annuncia la morte di Dio, una rivoluzione giacobina che uccide due re, dittature di destra e poi di sinistra, campi di morte neri e rossi, un artista che vende i suoi escrementi, uno scrittore condannato a morte per aver scritto un romanzo, due ragazzi che rivendicando l'Islam sgozzano un prete durante la messa... e mille altre cose. 'Decadenza' è un libro né ottimista né pessimista, ma tragico, perché in questo momento non si tratta più né di ridere né di piangere, ma di comprendere." (Michel Onfray)
"Cosmo", primo volume della trilogia "Breve enciclopedia del mondo", propone al lettore una visione rivoluzionaria della vita naturale, che interroga la natura lì dove essa più vivacemente si agita e freme, trascinando nel suo movimento ogni cosa: l'atomo come elemento primordiale presente in tutto ciò che esiste, il nematode che parassita le sue prede spingendole al suicidio; l'anguilla che percorre migliaia di chilometri - dalle acque dolci dei fiumi fino alle più vertiginose profondità oceaniche - solo per riprodursi e poi morire; l'Homo sapiens sapiens, ovviamente, questo discendente della scimmia che crede di dominare ciò che in realtà lo domina, di essere libero di scegliere ciò che in verità lo determina; su fino alle meccaniche celesti, alle immani energie cosmiche, ai movimenti delle costellazioni, ai ritmi lunari e solari, all'alternanza delle stagioni da cui traggono origine le culture e le religioni, cristianesimo incluso (con buona pace dei seguaci del Libro monoteista). Ogni cosa dunque è animata da quella pulsione cieca e insopprimibile che Aristotele chiama l'arte di perseverare nel proprio essere, Spinoza la potenza di esistere, Nietzsche la volontà di potenza.
Venticinque secoli fa, Aristippo di Cirene, allievo di Socrate e fonte di ispirazione per Epicuro, "inventò" il piacere: per diffondere i suoi insegnamenti faceva ricorso al gioco, all'umorismo, all'ironia, sollecitava "il verduraio, il calzolaio, il marinaio, la prostituta" e praticava la filosofia come una terapia, anticipando per molti versi il metodo psicoanalitico. Per aver voluto nobilitare il corpo, il desiderio, il sensibile, il reale, Aristippo (come poi i Cinici e gli Epicurei) attirerà su di sé, nei secoli a venire, il disprezzo dei pensatori cristiani, spiritualisti, dualisti, idealisti, cadendo infine nell'oblio. Michel Onfray, affidandosi ai frammenti e alle testimonianze di amici e nemici di questa figura cardinale della filosofia antica, cerca di portare alla luce un continente sommerso ma alimentato dalla pulsione di vita, come antidoto alla rinuncia, all'autopunizione e all'odio verso sé stessi.