Insieme ai precedenti lavori dedicati al giuramento politico e alla giustizia, questo volume porta a termine un'imponente opera d'interpretazione con cui Prodi ha indagato e messo in luce alcuni tratti costitutivi profondi della civiltà europea, ossia le strutture mentali, sociali, economiche e giuridiche che hanno consentito l'ingresso della società europea nella modernità. Queste pagine mostrano come a partire dal medioevo il mercato si sia affermato in quanto soggetto autonomo, luogo indipendente di determinazione del valore dei beni. Con il mercato mutano i concetti di ricchezza e di proprietà e anche il concetto di furto, inteso come violazione del "giusto prezzo" e delle regole del mercato. La formazione di un potere economico distinto da quello politico, e con questo in continua dialettica, è stato ciò che ha permesso non solo la nascita della civiltà industriale ma anche la nascita delle libertà costituzionali e dei diritti. Ripercorrendo una vicenda millenaria, "Settimo non rubare" finisce per interrogarsi sulla crisi in cui questa civiltà pare irreversibilmente entrata oggi.
Il 29 giugno 1944 a Guardistallo (Pisa), a seguito di uno scontro con i partigiani, i tedeschi effettuarono una rappresaglia uccidendo una sessantina di persone. Da allora il paese è diviso tra chi attribuisce ai partigiani la responsabilità prima dell'eccidio, e chi ne rivendica l'operato. Come andarono davvero le cose? Dall'indagine è nato questo libro. Ricostruendo l'accaduto Pezzino enuclea con chiarezza i tre nodi fondamentali: la responsabilità delle stragi tedesche; l'azione partigiana e le sue conseguenze sulla popolazione; la "lotta sulla memoria" ingaggiata tra difensori e detrattori della Resistenza nel dopoguerra. Quanto alle stragi, l'analisi mostra che erano frutto di decisione individuale e non di una direttiva generale all'esercito tedesco; quanto all'attività partigiana, essa collideva con una visione passiva e attendista, e originava forti tensioni fra partigiani e popolazione; quanto alla memoria Pezzino conclude che non potrà esistere di quegli anni di guerra una memoria comune e pacificata. La nuova edizione è completata da una lunga postfazione che fa il punto su quanto la storiografia degli ultimi dieci anni ha prodotto sul tema.
Il libro è diviso in due parti. Nella prima Prodi presenta una riflessione generale sul significato del lavoro storico, poi passa in rassegna i tratti essenziali che definiscono, ai vari livelli, l'età moderna; un terzo capitolo, opera di Angelozzi, traccia un sintetico profilo della storiografia in età moderna. La seconda parte, curata dalla Penuti, s'incarica invece di un doppio compito: essa fornisce da un lato le indicazioni di massima per iniziare e organizzare uno studio concernente l'età moderna, e dall'altro si presenta come autentico saggio bibliografico che, in stretta connessione con la prima parte del volume, fornisce una selezione di titoli su tutti gli aspetti rilevanti della moderna.
Taviani, ministro della Difesa dall'agosto 1953, visse da vicino la fase finale della questione di Trieste; il suo diario offre in presa diretta, e con il corredo di documenti inediti, la cronaca giorno per giorno di quel periodo che precedette il ritorno della città all'Italia. Accanto alla questione di Trieste sono però registrate nel diario altre vicende cruciali dell'Italia di allora: le trattative del CED (Comunità Europea di Difesa), il caso Pisciotta, il caso Montesi con le sue ripercussioni nella DC sicché il libro si presenta come una testimonianza ad ampio raggio su un anno cruciale e denso di avvenimenti del nostro dopoguerra.