Nella Bibbia ricorrono numerose le immagini di Dio: ha occhi per guardare, orecchi per ascoltare, bocca per parlare e, come ci ricorda questo libro, per sorridere. Anzi, Paolo De Benedetti nella Prefazione afferma che, in quanto Dio è amore, il suo rapporto con gli uomini è legato soprattutto alle sue labbra che sorridono. Se la storia della salvezza parte dal riso di Sara di fronte alla promessa divina, a lei sterile e anziana, di una sterminata discendenza, la Bibbia - e in particolare la Bibbia ebraica - non manca di humour, emerso dalla recente attenzione alle sue dimensioni letterarie. Ma l'origine dell'umorismo che caratterizza l'animo ebraico è da rintracciarsi nella tradizione orale della Torah e nelle procedure della letteratura talmudica con le sue serie di domande e risposte destinate a sfociare in altre domande e i suoi aneddoti spesso paradossali e irrealistici. Un'ironia biblico-teologica, dissacrante ma mai in antagonismo alla fede, si ritrova anche nella tradizione popolare americana: innumerevoli film, fumetti e cartoni sono l'espressione di una libertà nella religione di cui l'umorismo è parte essenziale.
Il tempo di Dio è in quel “Tutto è compiuto”, nel Figlio diletto che dall’alto della croce invita il buon ladrone a quell’oggi in cui potrà essere con lui, in Paradiso. È la pazienza dell’agricoltore che attende la maturazione, o lascia ancora un anno il suo albero perché si decida a dare frutto, o che lascia crescere grano e zizzania. È l’amore benigno e paziente di quel Padre che ogni giorno sa di poter sperare nel ritorno a casa del figlio che si è voluto allontanare. Da queste pagine di meditazione e preghiera emerge una verità, semplice quanto spiazzante: i tempi di Dio non coincidono con i nostri. Nei Salmi torna più volte la supplica dell’uomo a Dio affinché risponda al grido della sua anima, intervenga, operi. E spesso questa esortazione è caratterizzata da una domanda: “quando?”. Eppure, nel tempo di Dio c’è un grande mistero, c’è tutta la bellezza del suo progetto, che prende senso se osservato da una prospettiva più ampia, che non ci appartiene ancora, ma di cui evidentemente siamo capaci.