Icona della Santa Famiglia con Gesù, Maria e il promesso sposo Giuseppe. Il Cristo viene presentato con una tunica bianca (simbolo di trascendenza) e un manto oro (simbolo di regalità). Giuseppe è completamente vestito di blu (colore del Cielo) forse per ricordare che è solo custode di una Paternità che viene dall’Alto.
Copia fedele e austera in stile bizantino (Scuola Cretese – Teofanis) realizzata da padre Pefkis, agiografo diplomato dell’Accademia Ecclesiastica del Monte Santo (località Athos), con colori autentici e tradizionali, con foglio dorato su tela e legno invecchiato.
Ciò che, al primo impatto, maggiormente colpisce nell’icona di San Pietro sono la fluente capigliatura e la folta barba, entrambe bianche. Sono simboli per comunicare che ci troviamo di fronte ad un anziano (presbitero), ad un saggio. Mentre con la mano destra benedice, la sinistra presenta un “rotolo”, simbolo delle Lettere da lui scritte. Sempre nella mano sinistra si intravedono due chiavi: sono le chiavi del Regno affidate al Principe degli Apostoli: «Ti darò le chiavi del Regno dei cieli, tutto ciò che avrai legato sulla terra resterà legato nei cieli e tutto ciò che avrai sciolto sulla terra resterà sciolto nei cieli» (Mt 16,19).Anche il mantello e la stola, con il loro colore oro, richiamano fortemente l’idea dell’autorità di Pietro (Primato) all’interno del collegio apostolico. San Pietro non guarda direttamente chi si pone di fronte all’icona, quasi a suggerire che egli non ne è il protagonista, lasciando così spazio alla contemplazione del rotolo della Parola.
Il «datore di vita».
Icona di scuola greca. Il Cristo viene presentato come “Parola” (il Libro) incarnata che da al mondo la vita. Nell’aureola crociata il nome di Dio (Colui che è) dice la sua essenza e la posizione delle dita della mano benedicente affermano il suo appartenere alla Ss.Trinità (le tre dita aperte) e la presenza in Lui delle due nature, quella umana e quella divina (le due dita che si toccano). Nelle vesti il rosso della tunica simboleggia il sangue versato, la vita donata, mentre l’azzurro del manto riporta al colore del cielo e quindi alla realtà di Dio. La stola dorata, una cui parte si vede sulla spalla destra, testimonia la regalità di Cristo. Gli angeli, in alto, adorano il grande mistero.
Icona della Santa Famiglia con Gesù, Maria e il promesso sposo Giuseppe. Il Cristo viene presentato con una tunica bianca (simbolo di trascendenza) e un manto oro (simbolo di regalità). Giuseppe è completamente vestito di blu (colore del Cielo) forse per ricordare che è solo custode di una Paternità che viene dall’Alto.
Copia fedele e austera in stile bizantino (Scuola Cretese – Teofanis) realizzata da padre Pefkis, agiografo diplomato dell’Accademia Ecclesiastica del Monte Santo (località Athos), con colori autentici e tradizionali, con foglio dorato su tela e legno invecchiato.
L’apostolo Paolo è ritratto, nella tradizione bizantina, senza spada (allusione al carattere “tagliente” della Parola), ma solo con un libro in mano: Paolo è il grande apostolo della predicazione della Parola.
Ciò che, al primo impatto, maggiormente colpisce nell’icona di San Pietro sono la fluente capigliatura e la folta barba, entrambe bianche. Sono simboli per comunicare che ci troviamo di fronte ad un anziano (presbitero), ad un saggio. Mentre con la mano destra benedice, la sinistra presenta un “rotolo”, simbolo delle Lettere da lui scritte. Sempre nella mano sinistra si intravedono due chiavi: sono le chiavi del Regno affidate al Principe degli Apostoli: «Ti darò le chiavi del Regno dei cieli, tutto ciò che avrai legato sulla terra resterà legato nei cieli e tutto ciò che avrai sciolto sulla terra resterà sciolto nei cieli» (Mt 16,19).Anche il mantello e la stola, con il loro colore oro, richiamano fortemente l’idea dell’autorità di Pietro (Primato) all’interno del collegio apostolico. San Pietro non guarda direttamente chi si pone di fronte all’icona, quasi a suggerire che egli non ne è il protagonista, lasciando così spazio alla contemplazione del rotolo della Parola.
L’icona rappresenta fedelmente l’episodio evangelico del primo miracolo operato da Gesù. Nella scena sono ben individuabili i protagonisti: lo sposo al centro della tavola e in basso a sinistra Maria che invita Gesù a provvedere alla mancanza di vino. Dal centro verso destra vediamo il garzone che esegue l’ordine di Gesù ed
il maestro di Tavola che porge il “vino nuovo” agli invitati, attinto dalle giare. Il brano evangelico è spesso consigliato nella liturgia del Sacramento del Matrimonio; questo fa sì che l’icona si presti molto bene come regalo di nozze a coppie di sposi.
L’icona rappresenta fedelmente l’episodio evangelico del primo miracolo operato da Gesù. Nella scena sono ben individuabili i protagonisti: lo sposo al centro della tavola e in basso a sinistra Maria che invita Gesù a provvedere alla mancanza di vino. Dal centro verso destra vediamo il garzone che esegue l’ordine di Gesù ed il maestro di Tavola che porge il “vino nuovo” agli invitati, attinto dalle giare. Il brano evangelico è spesso consigliato nella liturgia del Sacramento del Matrimonio; questo fa sì che l’icona si presti molto bene come regalo di nozze a coppie di sposi.
Madonna della tenerezza. Una delle tipologie classiche delle icone mariane, definita soprattutto dalla posizione guancia a guancia tra la Madre e il Bambino. La tunica verde richiama la terra (natura umana di Maria), la tunica blu richiama il cielo (presenza del divino in Maria) mentre il manto rosso dice amore e partecipazione alla Redenzione operata da Cristo. I fregi dorati sul manto indicano sia la sua regalità che le grazie particolari di cui Maria è stata fatta oggetto. Sulla fronte e sulle spalle (ne è visibile solo una sulla spalla sinistra) tre stelle annunciano la Verginità di Maria prima, durante e dopo il parto. Lo sguardo della Vergine non è rivolto al Bambino, ma a colui che guarda l’icona per introdurlo all’incontro con il Cristo, portatore della buona novella. Lei è la Mediatrice.
Icona dal titolo "Maria Odigitria" con bordo legno, in cui il manto della Madonna è di colore viola. «Colei che mostra la via», questo significa “odigitria”. Copia fedele e austera in stile greco-bizantina dell’icona dipinta da Andrej Rublëv nel 1425 in memoria del grande santo russo Sergio. Realizzata da padre Pefkis (agiografo diplomato dell'Accademia Ecclesiastica del Monte Santo) su tela e legno invecchiato e dipinta a mano con colori autentici e tradizionali, con foglio dorato. La posa della Madonna appartiene a una tipologia classica delle icone mariane definita soprattutto dalla posizione di una mano della Vergine che indica il Cristo, unica Via dell’uomo per tornare al Padre. Questa icona ricorda anche la Madonna della tenerezza (glicofilusa). Nella versione con il manto viola si può fare riferimento alla porpora con cui era rivestito l'interno dell'Arca dell'Alleanza. Maria è la nuova Arca.
L’icona della Natività è una icona ricchissima di elementi simbolici che aiutano a riflettere sul mistero di Cristo e della sua Incarnazione. La scena è dominata dalla Madre di Dio, adagiata nella porpora regale ai piedi della grande montagna che rappresenta il Cristo: «Questo monte non è sulla terra: è il Cristo stesso.“Vi siete accostati al monte Sion...(Eb. 12,22). Salirvi è incorporarsi a Cristo”» (Ilario di Poitiers). Tra laVergine e la montagna è presentato il Bambino adagiato nella mangiatoia.A ben guardare, però, la fasciatura del Bambino e la forma della mangiatoia rimandano al sepolcro in cui il Cristo, avvolto in fasce, sarà deposto dopo la sua morte. Questo a simboleggiare che la kenosi (lo svuotamento) del Cristo, che avrà il suo compimento nella passione e morte, inizia già con il mistero dell’Incarnazione. Dietro la mangiatoia, il bue e l’asino a ricordare la profezia di Isaia:“Il bue conosce il suo proprietario, e l’asino la greppia del suo padrone. Ma Israele non mi ha conosciuto, il mio popolo non mi ha compreso”. Ecco perché i due animali sono all’interno di una grotta che rappresenta gli Inferi (è la stessa che si ritrova nella icona della Resurrezione). Il peccato genera morte, oscurità e tenebra e impedisce di riconoscere
e confessare i prodigi di Dio. Ad indicare il Bambino un raggio luminoso proveniente da una stella posta in alto. In realtà la stella sembra avere tre raggi di cui il secondo si allunga fino al Bambino. La stella tripartita è simbolo della
Trinità di cui la Seconda Persona (il Figlio), simboleggiata dal secondo raggio, si rende visibile nel Figlio dellaVergine. In alto a sinistra, l’adorazione e lo stupore degli angeli di fronte al prodigio divino, mentre uno di loro (a destra) porta il lieto annuncio ai pastori. Di fronte allaVergine e al Bambino, le figure dei Magi che manifestano la loro adorazione offrendo doni. In basso, a sinistra, San Giuseppe seduto e in una espressione pensosa e silenziosa. Egli rappresenta l’umanità che si interroga davanti all’evento inspiegabile. Gli sta innanzi un pastore (Tirso) che rappresenta
il dubbio e la tentazione che si insinua nella mente di Giuseppe. La tradizione vuole che questo pastore, ben saldo sul suo bastone, dica a Giuseppe:“Come questo bastone non può produrre fronde, così un vecchio come te non può generare, e, d’altra parte, una vergine non può partorire” (InnoAkathistos).
Spostando però lo sguardo a destra, proprio ai piedi dellaVergine troviamo un tronco che sta germogliando, quasi un alberello e, poco più in là, due personaggi di cui uno, quello vestito di pelli, rappresenta il profeta Isaia. Siamo subito condotti a ricordare le profezie messianiche che si trovano appunto nel Libro del profeta Isaia:“Un germoglio spunterà dal tronco di Iesse, un virgulto germoglierà dalle sue radici...”, e ancora:“Ecco: la vergine concepirà e partorirà un figlio...” (Is 11,1; 7,14). Il secondo personaggio con il dito puntato sul Bambino è allora colui che indica il compimento delle profezie e apre le porte allo stupore ed alla contemplazione
L’icona della Risurrezione (Anastasis) è dominata dalla figura regale (le vesti color oro) del Risorto che, disceso negli Inferi (la caverna), ne risale vittorioso.
Ai piedi del Cristo stanno le porte scardinate degli Inferi disposte a formare una croce per indicare quale è stato il “mezzo” accettato da Cristo per sconfiggere la morte. Nella mano sinistra Egli ha un rotolo che non è quello della Parola, bensì il “chirografo” del peccato: quella cambiale sottoscritta dai nostri Progenitori, Adamo ed Eva, per la quale eravamo schiavi della morte. Cristo, attraverso l’obbedienza al Padre fino alla morte, ha saldato il debito ed ha riscattato tutti “coloro che erano nelle tenebre e nell’ombra di morte”.
Con la mano destra infatti risolleva Adamo, prendendolo per il polso (luogo dove si sentono le pulsazioni, dove si sente scorrere la vita) e ridonandogli la vita eterna. Al fianco di Adamo c’è Eva, madre dell’umanità, vestita di rosso (colore che rappresenta appunto l’umanità), e con le mani coperte in segno di adorazione.
Dietro ai Progenitori altri personaggi in rappresentanza dell’umanità immersa nelle tenebre.
A sinistra dell’icona, ancora altri personaggi che rappresentano i giusti in attesa del giorno del Signore. Sono riconoscibili Giovanni Battista (capelli e barba lunghi e scuri), il vecchio Re Davide (con corona, abiti regali e capelli e barba bianchi), il profeta Daniele (con il caratteristico copricapo orientaleggiante).
“Cristo è risorto dai morti; con la sua morte ha sconfitto la morte e a coloro che giacevano nei sepolcri ha fatto dono della vita” (Inno pasquale)