All'inizio di marzo 2020 il mondo ha cominciato a riunirsi intorno a televisori, social network e social media, quasi contemporaneamente, per seguire le notizie sulla diffusione di un virus contagioso, il Covid-19. In pochi giorni si è passati da una situazione di normalità a una vita in maschera, tutti sollecitati a coprire naso, bocca e mani con protezioni sterili per sfuggire al contagio del coronavirus. In neanche una settimana gli scaffali di farmacie, supermercati, negozi di alimentari sono rimasti vuoti e le scorte di mascherine e guanti protettivi si sono esaurite persino su Amazon. La ricerca Mind the Queue! (MdQ) è nata dall'esigenza di comprendere se e che cosa abbiano avuto in comune, nel corso di quei primi due mesi di diffusione della pandemia, nazioni così distanti e diverse fra loro, in tutti i sensi: Costa d'Avorio, Cuba, Haiti, Iraq, Italia, Messico, Stati Uniti e Venezuela. È emerso che società lontane per cultura, economia, politica, hanno affrontato l'emergenza Covid-19 nello stesso modo, pur nelle loro differenze etniche, sociali e morfologiche. La ricerca MdQ, che si è sviluppata da marzo a maggio 2020, non ha avuto l'intento di fornire un contributo quantitativo alla migliore conoscenza della prima fase della pandemia in quei Paesi, quanto di aggiungere riflessioni e stimoli di tipo qualitativo al dibattito in corso, attraverso l'acquisizione sul campo di informazioni, dati, commenti raccolti direttamente da chi in quei due mesi stava vivendo un'esperienza unica. Senza avere alcuna pretesa di completezza, si ritiene che la conoscenza di quelle realtà sociali, acquisita attraverso questa ricerca, possa aver contribuito a migliorare la percezione delle dinamiche antropologiche e sociologiche sottese al sentimento della paura derivante da grandi emergenze, siano esse legate a fenomeni naturali o politici. Se mai ce ne fosse bisogno, come ha scritto uno degli intervistati, il virus ha confermato ancora una volta almeno una verità, cioè che siamo tutti uguali: Le Corona nous a montré que nous sommes tous pareils!
Il 17 marzo 2023 la Pre-Trial Chamber II della Corte penale internazionale con sede a L'Aja ha emesso il mandato di arresto nei confronti di Vladimir Vladimirovich Putin, per i crimini di guerra di deportazione e trasferimento illegale di bambini dalle aree occupate dell'Ucraina alla Federazione Russa. Un anno prima, le immagini dell'aggressione russa all'Ucraina avevano indignato il mondo che, solo da qualche mese, stava uscendo dalla tragedia della pandemia da virus SARS COVID-19. A distanza di cento anni due eventi catastrofici, virus e guerra, sono tornati insieme a colpire il mondo, dopo che nel 1918 alla fine della Prima guerra mondiale, la grande influenza, o influenza spagnola, iniziò a circolare in alcuni paesi del mondo. Pandemia e guerra, allora come oggi, causa di innumerevoli decessi, soprattutto tra i cosiddetti giovani adulti. La ricerca "Mind The Queue! 3", sempre dedicata alla catastrofe del coronavirus e delle sue incidenze sulla società contemporanea, conclude l'approfondimento sulla pandemia, questa volta con uno studio condotto anche sulla contestuale, tragica catastrofe della guerra di aggressione russa in Ucraina, sui giovani adulti di nove Paesi del mondo: Congo, Cuba, Italia, Messico, Pakistan, Siria, Ucraina, Stati Uniti e Venezuela.
A distanza di più di un anno dall'inizio della pandemia generata dal virus COVID-19 che cosa è cambiato nel mondo? Se ne è discusso alla Camera dei deputati il 4 ottobre 2021 nella Conferenza internazionale "Mind the Queue! Evidenze di coronavirus nel mondo, a un anno dalla pandemia", organizzata in collaborazione con la Presidenza del Gruppo Misto. L'emergenza che abbiamo attraversato, e che ancora stiamo vivendo, ci ha indotto a riflettere, e se possibile comprendere, se nell'altro vediamo elementi di comunanza personale. A partire dalla sofferenza, dimensione ontologica dell'esistenza umana, che sorprende, annichilisce a volte, lascia attoniti, ma che quasi sempre ci induce a reagire. Crediamo che l'aver compreso in questi mesi che non siamo soli ad affrontare questa dinamica della vita, la sofferenza appunto, che invece sempre rifuggiamo; insomma, l'aver considerato ancora una volta e una di più che nous sommes tous pareils, che siamo tutti uguali, ci ha reso migliori. E preparato ad affrontare il domani con maggiore consapevolezza e fiducia.