Non c'è paragrafo del Nuovo Testamento che non rinvii all'evento della Crocifissione. Quale parola può dunque fl uire da una morte così turpe? Come può l'arte della persuasione declinarsi con l'evento più scandaloso della storia umana? Tale paradossale congiungimento è stato possibile soltanto a condizione che gli autori raggiungessero il grado zero della retorica: una retorica senza orpelli, dove forma e contenuto sono inscindibili poiché, in tal caso, la forma è il contenuto, lo stile è il messaggio, la parola è il silenzio. Se fin dall'epoca patristica si è cercato di cogliere il messaggio persuasivo del Nuovo Testamento, tuttavia nel corso dei secoli troppe volte si è sminuito o addirittura trascurato il nesso tra stile e contenuto. È quanto si propongono i due autori. Essi hanno individuato 105 voci che riassumono sistemi argomentativi, figure e tropi che innervano gli scritti del Nuovo Testamento. Se ne offre la definizione, se ne elencano esemplificazioni testuali e se ne illustra la funzione contenutistica. Dopo la Sinossi paolina bilingue (San Paolo, 2013), gli autori offrono un altro strumento innovativo e completo, in grado di condurre verso la bellezza dei contenuti nel Nuovo Testamento.
La lettera a Filemone ha visto negli ultimi decenni un'esplosione bibliografica. Il commentario di Antonio Pitta si caratterizza per l'analisi storico-sociale della schiavitù e il metodo retorico-epistolare alla lettera. Da tale duplice metodo emerge che Onesimo non è uno schiavo fuggitivo, né è rimandato a Filemone come semplice raccomandato di Paolo, suo amico. Piuttosto la lettera è inviata affinché Filemone riaccolga Onesimo come fratello in Cristo e lo rimetta a disposizione di Paolo durante la prossima evangelizzazione. Generato alla fede in Cristo, dalla predicazione di Paolo, Onesimo è da accogliere non più come schiavo, ma come fratello amato.
Nel corso del tempo si è considerata la giustificazione per la sola fede come il nucleo della teologia di Paolo. Antonio Pitta, uno dei massimi paolinisti, rimette al centro un tema che percorre tutte le lettere paoline: la speranza. Ne segue il nascere e il plasmarsi, dai primi scritti (1 Tessalonicesi) fino al testamento postumo (2 Timoteo). L'analisi per ordine cronologico permette di cogliere il passaggio dal Dio della speranza a Cristo nostra speranza, fino alla speranza nella vita eterna; dalla parusia di Cristo (lettere autografe) alla sua epifania (lettere pastorali). Non dove si andrà, ma con chi si sarà, oltre la morte, è l'essenza della speranza: essere «in Cristo» per essere sempre «con il Signore». Mai riportata negli elenchi delle virtù, come invece l'amore e la fede, la speranza è evento, dono e condizione. In tale dinamica si conferma l'importanza dello Spirito: esso è la fonte della giustificazione sperata. Il volume si chiude riflettendo su quali conseguenze trarre dalla centralità della speranza nel pensiero e nella mistica di Paolo e come possa contribuire a una moderna teologia della speranza.
Al centro di questa introduzione ai quattro vangeli sta Gesù di Nazaret che, pur non avendo scritto nulla di proprio pugno, è il loro protagonista. Quattro ritratti per ricostruire la sua straordinaria personalità. Ma al lettore non si propone una nuova storia o biografi a di Gesù. Gli si offre un vademecum in cui si condensano anni di docenza. Esso è scandito dalle seguenti fasi: questioni preliminari di tipo storico e ambientale, composizione, messaggio e due brani di esegesi, scelti per la rilevanza che assumono in ogni vangelo. Perciò è richiesta la pazienza di partire dalle basi storiche, per salire al pian terreno delle composizioni narrative di ogni vangelo e ai piani superiori della loro diversa visione su Gesù, Dio, lo Spirito, i discepoli, la comunità e gli esseri umani. Una mappa non sostituisce mai le strade urbane, ma aiuta i turisti a orientarsi e a distinguere una via principale da una secondaria, un vicoletto da un vicolo cieco e a immergersi nella vita quotidiana. Se, nonostante il consenso generale, i vangeli non sono comuni biografi e è perché il lector è sempre in fabula: non sta al di fuori della vita di Gesù, ma ne è immerso.