Se per definizione paradigma è per lo più un sistema fisso che pare contraddire il movimento stesso della storia, qui invece esso serve a narrare un'epoca oltre la sua contingenza, esplicitando gli elementi divenuti assi portanti, per alcuni secoli, dell'istituzione "Chiesa" come storicamente si è sviluppata con e dopo il Concilio di Trento. Proseguendo la ricerca del maestro Hubert Jedin - iniziata ancor prima del 1940 sulla base della convinzione che «l'epoca tridentina della Chiesa era tramontata» -, Paolo Prodi rimedita su quel modello storiografico a lungo da lui approfondito, tenendo conto del permanere di molti elementi del passato a cinquant'anni dalla fine del Vaticano II e della fatica con cui stenta ancora a emergere la conclusione di quella fase della Chiesa nei travagli dei nuovi tempi. In queste pagine, l'autore riprende le discussioni storiografiche dei decenni precedenti «per rispondere a un interrogativo semplice e difficilissimo a un tempo: quali sono gli elementi che hanno caratterizzato la Chiesa tridentina come una fase di una storia bimillenaria ben più lunga e complessa?». Questo libro è un capitolo di storia della Chiesa e di storia dell'Occidente moderno, dove l'una aiuta a decifrare l'altra. «Un'esposizione problematica - scrive nella Prefazione Marco Cavarzere - di antiche e nuove questioni e un lascito per il futuro».
Uscita originariamente in due volumi quest'opera di Paolo Prodi ricostruisce la vicenda di Gabriele Paleotti - dagli anni di formazione fino alla promozione a vescovo di Bologna annunciata da Pio V nel concistoro del 30 gennaio 1566 - e analizza la complessità della vita della chiesa nella seconda metà del Cinquecento. Facendo perno proprio sulla figura del cardinale bolognese, che aveva preso parte all'ultima fase del concilio di Trento e che, in parallelo con Carlo Borromeo a Milano, intendeva applicare i decreti tridentini, vengono messi in luce le difficoltà e gli impedimenti che la struttura sempre più accentrata della chiesa romana poneva alla realizzazione della riforma nelle chiese locali. Non mancano aspetti meno noti come la vicinanza del cardinale a esponenti dell'ambiente accademico bolognese e del mondo intellettuale e artistico che saranno basilari per l'elaborazione di una riflessione sulla natura, sulla storia sacra e sulle arti figurative. Perché ripubblicare a distanza di tanti anni una biografia dedicata a Paleotti che è stata pensata prima del concilio Vaticano II, e prima della cosiddetta globalizzazione? Ebbene, questa nuova edizione vuole significare non un mero omaggio a un grande storico scomparso di recente, ma l'occasione per la riscoperta di un vero classico della storiografia italiana. Perché, sebbene le traiettorie religiose, politiche e culturali della Penisola e i percorsi della ricerca internazionale siano sensibilmente mutati rispetto agli anni cinquanta e sessanta del secolo scorso (ma potrebbe essere diversamente?), le pagine del Paleotti non appaiono affatto invecchiate e possono ancora stimolare numerose domande sul cammino moderno della Chiesa latina. (dall'Introduzione di Vincenzo Lavenia)
Questo volume costituisce una testimonianza autobiografica, arricchita e circostanziata da documenti personali, sul magistero di Giuseppe Dossetti e sulla cerchia di studiosi che con lui animarono il Centro di documentazione, fondato nel 1952 a Bologna. Nel ripercorrere il ruolo che essi ebbero nel Concilio Vaticano II, Paolo Prodi illustra anche l'evoluzione che il Centro (poi Istituto per le scienze religiose) subì nel corso degli anni. La storia di una esperienza di impegno cattolico che ha lasciato un segno rilevante nella politica italiana, nella Chiesa, negli studi.
Il volume è in larga parte centrato sull'opera del cardinale Gabriele Paleotti, che con un suo celebre trattato pose con forza il problema dell'aderenza dell'arte alla nuova spiritualità tridentina. La Roma papale, già avviata agli splendori della propria autocelebrazione, respinse tuttavia la rigorosa precettistica di Paleotti. Due posizioni inconciliabili che nell'arte figurativa conducono da una parte alla quotidianità sofferta di Caravaggio e dall'altra all'esaltazione atemporale del divino e delle sue manifestazioni nel barocco trionfante.
Rovesciando una prospettiva tradizionale che vedeva nello stato della Chiesa un ingombrante residuo dell'epoca precedente e un ostacolo allo sviluppo delle forme statuali moderne, questo saggio mostra come il pontefice, a un tempo sovrano di uno stato territoriale e capo della cristianità, papa-re, in quello sviluppo giocò in realtà un ruolo decisivo. La monarchia papale fornisce infatti allo stato il modello per incorporare la religione all'interno della politica e per costruire le moderne chiese territoriali. È questa l'eredità che il papato della prima età moderna ha lasciato alla Chiesa e allo Stato dei secoli successivi.
"Cristianesimo e potere" è dedicato a un tema che costituisce il filo rosso di tutta l'indagine dello storico Prodi: una ricerca dedicata a mettere in luce come la caratteristica della civiltà europea sia la peculiare divisione di ambiti fra Chiesa e Stato. Indagine storica ma insieme riflessione sulle trasformazioni di un presente in cui questo secolare equilibrio pare destinato a spezzarsi.
Se per definizione paradigma è per lo più un sistema fisso che pare contraddire il movimento stesso della storia, qui invece esso serve a narrare un’epoca oltre la sua contingenza storica, esplicitando gli elementi divenuti assi portanti, per alcuni secoli, dell’istituzione “Chiesa” come storicamente si è sviluppata con e dopo il Concilio di Trento. Proseguendo la ricerca del maestro Hubert Jedin – iniziata ancor prima del 1940 sulla base della convinzione che «l’epoca tridentina della Chiesa era tramontata» – Paolo Prodi rimedita su quel modello storiografico da lui approfondito per decenni, tenendo conto del permanere di molti elementi del passato a cinquant’anni dalla fine del Vaticano II e della fatica con cui stenta ancora ad emergere la conclusione di quella fase della Chiesa nei travagli dei nuovi tempi. «Queste pagine – scrive Prodi – vogliono riprendere alla luce della situazione attuale le discussioni storiografiche degli ultimi decenni per rispondere a un interrogativo semplice e difficilissimo a un tempo: quali sono gli elementi che hanno caratterizzato la Chiesa tridentina come una fase di una storia bimillenaria ben più lunga e complessa?».
Come a dire che la storia, in concreto, attesta l’esistenza di più paradigmi in cui si può identificare la comunità cristiana nel corso del tempo, e che, «se un paradigma finisce, i parametri che lo compongono si dissolvono inevitabilmente e possono e debbono trovare altre strade per ricomporsi lentamente in altri paradigmi sino alla fine dei tempi». Questo libro è un capitolo di storia della Chiesa e di storia dell’Occidente moderno, dove l’una aiuta a decifrare l’altra.
COMMENTO: Paolo Prodi, allievo di Hubert Jedin, riprende le riflessioni del maestro, analizzando il ruolo della Chiesa con e dopo il Concilio di Trento, alla luce della situazione attuale e delle più recenti discussioni storiografiche.
Questo libro è un capitolo di storia della Chiesa e di storia dell'Occidente moderno, dove una aiuta a decifrare l'altra.
PAOLO PRODI, professore emerito di Storia moderna all’Università di Bologna, allievo di Hubert Jedin, è uno dei maggiori storici italiani le cui opere sono tradotte in tutto il mondo. Solo per ricordarne alcune: Il sovrano pontefice. Un corpo e due anime: la monarchia papale nella prima età moderna (Il Mulino, 1982, 2006); Il sacramento del potere. Il giuramento politico nella storia costituzionale dell’Occidente (Il Mulino, 1992); Una storia della giustizia. Dal pluralismo dei fori al moderno dualismo tra coscienza e diritto (Il Mulino, 2000); Settimo non rubare. Furto e mercato nella storia dell’Occidente (Il Mulino, 2009).