Il nostro tempo sembra aver dissolto ogni confine, compresi quelli stabiliti dai tabù. Non esiste più un limite che non sia possibile valicare. La trasgressione è divenuta un obbligo che non implica alcun sentimento di violazione. La disinibizione diffusa ha preso il posto della reverenza passiva e sacrificale di fronte alle nostre vecchie credenze. Ma i tabù devono semplicemente essere smantellati dalla nuova ragione libertina che caratterizza il nostro tempo oppure conviene provare a ripensarli criticamente senza nutrire alcuna nostalgia per il passato? Ci sono parole chiave come preghiera, lavoro, desiderio, colpa, eutanasia, famiglia, che sono state in modi diversi associate ai tabù e che esigono oggi di essere riattraversate criticamente. Vi sono anche figure mitologiche, storiche o letterarie che sono divenute crocevia essenziali della nostra storia individuale e collettiva e che ci spingono a incontrare in modo nuovo lo spigolo duro del tabù: Ulisse, Antigone, Edipo, Medea, Amleto, Isacco, Don Giovanni, Caino. Dal riferimento a grandi autori dell'Occidente - da Platone a Hegel, da Dostoevskij a Sartre, da Freud a Lacan, da Marx a Calvino, da Molière a Beckett - così come nelle miserie della nostra vita quotidiana, Recalcati rintraccia la sparizione del tabù e l'apparizione delle sue nuove maschere.
Un giovane psicoanalista formato alla scuola di Jacques Lacan è chiamato a insegnare a contratto dall'Università di Urbino per la cattedra di Teoria e tecnica del colloquio psicologico. L'anno accademico è quello del 1998-99. Le sue lezioni si svolgono nell'Aula Magna dei Collegi di Urbino e vengono seguite da centinaia di studenti della facoltà di Psicologia. L'atmosfera è elettrica: è la prima volta che, in quella università, il nome di Lacan non viene lasciato ai filosofi e agli studiosi di scienze umane ma viene calato nella realtà viva della clinica psicoanalitica. Nell'Aula Magna dei Collegi i posti sono esauriti e col passare del tempo gli studenti si sistemeranno accalcati e seduti a terra. Questo libro riporta quelle lezioni, che hanno avviato molti allievi allo studio di Lacan e della psicoanalisi. Il lettore troverà inoltre un saggio e una conferenza ritrascritta da un Recalcati più maturo che hanno sempre come tema il colloquio clinico e la pratica della costruzione del caso clinico in psicoanalisi.
Massimo Recalcati lavora sulla fisionomia psichica dei figli nel mondo di oggi e indica la possibilità di un superamento dell'Edipo, a partire dalla parabola evangelica del figliol prodigo, che apre una possibilità invisibile al mito greco: quella del ritorno alla legge del padre e della capacità del padre di festeggiare quel ritorno. Perché i nostri figli vivono immersi in un mondo che mai come oggi è quello del godimento cieco e vuoto, e a volte sembrano lontani, forse perduti. Tuttavia, come Recalcati indica, attingendo alla sua esperienza clinica, ma anche lavorando su figure di figlio come Amleto o Isacco, c'è sempre la possibilità che un figlio si ritrovi, e venga ritrovato.
Dopo aver indagato la paternità nell'epoca contemporanea con "Il complesso di Telemaco" e altri libri, Massimo Recalcati volge lo sguardo alla madre, andando oltre i luoghi comuni, anche di matrice psicoanalitica, che ne hanno caratterizzato le rappresentazioni più canoniche. Attraverso esempi letterari, cinematografici, biblici e clinici, questo libro racconta i volti diversi della maternità mettendo l'accento sulle sue luci e le sue ombre. Non esiste istinto materno; la madre non è la genitrice del figlio; il padre non è il suo salvatore. La generazione non esclude fantasmi di morte e di appropriazione, cannibalismo e narcisismo; l'amore materno non è senza ambivalenza. L'assenza della madre è importante quanto la sua presenza; il suo desiderio non può mai esaurire quello della donna; la sua cura resiste all'incuria assoluta del nostro tempo; la sua eredità non è quella della Legge, ma quella del sentimento della vita; il suo dono è quello del respiro; il suo volto è il primo volto del mondo.
I saggi contenuti in questo volume ripercorrono la riflessione teorico-clinica che ha portato Massimo Recalcati ad affermarsi come voce di riferimento della psicoanalisi italiana. Dalla psicopatologia dell'anoressia e della bulimia alla clinica dei nuovi sintomi, sino al "complesso di Telemaco" e alle riflessioni su psicoanalisi ed estetica, questo libro sintetizza l'itinerario di un pensiero.
Jacques Lacan è stato innanzitutto uno psicoanalista che ha dedicato la sua vita all'ascolto della sofferenza sintomatica dei pazienti e al rinnovamento della teoria e della clinica della psicoanalisi. Il suo impegno è stato costante e capace di frutti originalissimi per più di mezzo secolo. In questo libro viene offerto un ritratto articolato della clinica psicoanalitica seguendo i diversi tornanti che caratterizzano l'insegnamento di Lacan e la sua ripresa della lezione freudiana: la clinica delle psicosi (paranoia, schizofrenia, melanconia), quella delle nevrosi (isteria e nevrosi ossessiva), quella della perversione e la sua concezione della cura analitica. In un tempo in cui il rigore del ragionamento clinico sembra destinato a essere sostituito da classificazioni diagnostiche anonime e la pratica della cura da un'operazione disciplinare di normalizzazione, questo libro ricorda, con Lacan, che l'analisi è uno spazio radicale di libertà dove il soggetto può incontrare le impronte del proprio destino singolare. Massimo Recalcati conclude con questo secondo volume l'opera monografica dedicata al suo maestro.
Dopo aver indagato la paternità nell'epoca contemporanea con "Il complesso di Telemaco" e altri libri, Massimo Recalcati volge lo sguardo alla madre, andando oltre i luoghi comuni, anche di matrice psicoanalitica, che ne hanno caratterizzato le rappresentazioni più canoniche. Attraverso esempi letterari, cinematografici, biblici e clinici, questo libro racconta i volti diversi della maternità mettendo l'accento sulle sue luci e le sue ombre. Non esiste istinto materno; la madre non è la genitrice del figlio; il padre non è il suo salvatore. La generazione non esclude fantasmi di morte e di appropriazione, cannibalismo e narcisismo; l'amore materno non è senza ambivalenza. L'assenza della madre è importante quanto la sua presenza; il suo desiderio non può mai esaurire quello della donna; la sua cura resiste all'incuria assoluta del nostro tempo; la sua eredità non è quella della Legge, ma quella del sentimento della vita; il suo dono è quello del respiro; il suo volto è il primo volto del mondo.
Edipo e Narciso sono due personaggi centrali del teatro freudiano. Il figlio-Edipo è quello che conosce il conflitto con il padre e l'impatto beneficamente traumatico della Legge sulla vita umana. Il figlio-Narciso resta invece fissato sterilmente alla sua immagine, in un mondo che sembra non ospitare più la differenza tra le generazioni. Le nuove generazioni appaiono sperdute tanto quanto i loro genitori. Questi non vogliono smettere di essere giovani, mentre i loro figli annaspano in un tempo senza orizzonte. Telemaco, il figlio di Ulisse, attende il ritorno del padre; prega affinché sia ristabilita nella sua casa invasa dai Proci la Legge della parola. In primo piano una domanda inedita di padre, una invocazione, una richiesta di testimonianza che mostri come si possa vivere con slancio e vitalità su questa terra. Il processo dell'ereditare, della filiazione simbolica, sembra venire meno e senza di esso non si dà possibilità di trasmissione del desiderio da una generazione all'altra e la vita umana appare priva di senso. Eppure è ancora possibile, nell'epoca della evaporazione del padre, un'eredità autenticamente generativa: Telemaco ci indica la nuova direzione verso cui guardare, perché Telemaco è la figura del giusto erede. Il suo è il compito che attende anche i nostri figli: come si diventa eredi giusti? E cosa davvero si eredita se un'eredità non è fatta né di geni né di beni, se non si eredita un regno?
Il senso di colpa più profondo, l'unico giustificabile è quello di tradire, cedere sulla propria vocazione. Questa la verità che l'autore presenta attraverso delle riflessioni sulla parola "desiderio". Finché c'è desiderio, c'è la vita. Il desiderio allunga la vita, ne dilata l'orizzonte. E quando qualcuno rinuncia ad ascoltare la chiamata del proprio desiderio, lì la vita si ammala.
Come si costituisce un soggetto e cosa rende la sua vita degna di essere vissuta? Queste due domande sono al centro del pensiero di Lacan, di cui Massimo Recalcati presenta qui una lettura ampia centrata sulle categorie di desiderio e di godimento. Questo testo, cui seguirà un secondo volume dedicato alla clinica psicoanalitica, non prende partito per il Lacan del desiderio contro il Lacan del godimento né viceversa. Sceglie la via di mostrare come desiderio e godimento siano i poli entro i quali si snoda il processo di soggettivazione e accentua lo statuto etico del soggetto esposto ad una responsabilità illimitata eppure senza padronanza. Attraverso questa griglia il lettore potrà seguire lo sviluppo del pensiero di Lacan sul soggetto e ripercorrere i suoi temi più conosciuti: lo stadio dello specchio, l’aggressività paranoica, la funzione dialettica della parola e le leggi strutturali del linguaggio, il Nome del padre, il dono d’amore, il fattore letale del significante, l’oggetto piccolo (a), l’angoscia come incontro con il reale, l’inesistenza della Donna e del rapporto sessuale, la pratica dell’arte come organizzazione del vuoto, Joyce-il-sinthomo.
L'autore
Massimo Recalcati, tra i più noti psicoanalisti lacaniani in Italia, è membro analista dell’Associazione lacaniana italiana di psicoanalisi e direttore dell’irpa (Istituto di ricerca di psicoanalisi applicata). Insegna all’Università di Pavia. Le sue numerose pubblicazioni sono tradotte in diverse lingue. Nelle nostre edizioni ha pubblicato con successo L’uomo senza inconscio (2010), Cosa resta del padre? (2011) e Ritratti del desiderio (2012).