Commissionato nella seconda metà del Cinquecento da Federico III del Palatinato, il Catechismo di Heidelberg è un classico della fede riformata, di cui offre uno dei compendi meglio riusciti. Illustrando con rara chiarezza che cos'è il cristianesimo, il suo rigoroso discorso teologico è tuttavia animato - cosa assai rara in un catechismo - da un afflato di viva pietà. Ritraducendolo in toto e commentandone con ampiezza ciascuno dei 129 articoli, il teologo Paolo Ricca ne fa concretamente il proprio "testamento spirituale".
In questi ultimi anni si sono moltiplicati i libri contro la fede cristiana e, più in generale, la religione in ogni sua forma ed espressione.
Libri quali L'illusione di Dio di Richard Dawkins, Dio non è grande di Christopher Hitchens, sottotitolato Come la religione avvelena ogni cosa, o Perché non possiamo essere cristiani di Piergiorgio Odifreddi forniscono ragioni per non credere e si prefiggono di dimostrare che l'ateismo è il traguardo dell'"uomo adulto", l’approdo inevitabile della ragione libera.
Senza polemiche o confutazioni, in queste pagine Paolo Ricca intende offrire ai lettori, attraverso una serie di commenti biblici, le "ragioni per credere" e accedere a una fede che non inquina nulla, non ha nulla di assurdo né, tanto meno, di infantile.
DESCRIZIONE: Paolo Ricca ci invita a fare quello che ogni essere pensante dovrebbe avere interesse a fare: liberarci dai cliché e dai pregiudizi. Nel caso di Calvino il primo, e più ingombrante, è quello dello spietato e freddo riformatore, uccisore del mite e ottimo Serveto. Va detto che – lo testimoniano le biografie e le sue parole – anche Calvino era mansueto e tenero negli affetti, desideroso di pace e di concordia. Questo non lo assolve certo dall’aver assecondato (non eseguito) la condanna al rogo di Serveto. Ma una volta di più dovrebbe rendere a noi più problematico il nodo che si ripresenta in tutta la cristianità – come in tutte le “fedi”, religiose o meno – del nesso tra la certezza del bene e la possibilità dell’errore.
In secondo luogo, se cerchiamo di esercitare “critica” invece di “pre-giudizio”, forse arriveremo a capire che anche la dottrina della predestinazione, inconcepibile, se assunta in maniera schematica da noi, figli della postmodernità, se invece considerata dialetticamente ci può aiutare a rimettere a fuoco, quanto meno, il dramma del rapporto tra destino e libertà, e, biblicamente, il dramma del conflitto tra la volontà di Dio e la decisione che spetta a ogni singola creatura.
Paolo Ricca ci esorta a prendere in considerazione, nel proporci di conoscere Calvino, la vera posta in gioco della Riforma: una ricerca intorno alla “verità”.
(Gabriella Caramore)
COMMENTO: Il pensiero di Giovanni Calvino nella lettura chiara e partecipata del massimo storico protestante italiano. La teologia, la dottrina della predestinazione, le vicende della Riforma, l'attualità.
BENEDETTO CARUCCI VITERBI è docente emerito di Storia della Chiesa presso la Facoltà Valdese di teologia a Roma. Per l’editrice Claudiana cura le Opere scelte di Martin Lutero. Presso la Morcelliana ha pubblicato: Le dieci parole di Dio. Le Tavole della libertà e dell’amore (20012); Il pane e il Regno. Commento al Padre nostro (2001); Evangelo di Giovanni (2005).
Paolo Ricca ci conduce lungo un sentiero, un itinerario, all'interno della Bibbia toccando tappe fondamentali che riguardano la fede e la vita cristiana.
Il senso dell'immenso mistero di Dio che, nella sua libertà, si abbassa e si svuota della sua divinità per raggiungere l'essere umano e rendere possibile la realtà del suo Regno pervade e sostiene queste meditazioni del teologo valdese.
Perché e per chi il Regno è un "evangelo"? Lo è per i peccatori, ai quali è annunciato e donato il perdono. Lo è per i malati, molti dei quali vengono guariti. Lo è per i poveri, che vengono evangelizzati e dichiarati "beati". Lo è per gli affamati, che vengono saziati perché il pane non solo è moltiplicato, ma viene distribuito, cioè condiviso [...]. Il Regno è un "evangelo" per le donne, che finalmente vengono accolte nella compagnia dei discepoli di Gesù. Lo è per gli ultimi, che diventano primi, lo è per gli esclusi, che vengono inclusi. Il regno di Dio è il nostro mondo capovolto. Ecco perché i potenti della terra ne hanno tanta paura.
Paolo Ricca
Il commento al Vangelo di Giovanni, nel suo significato teologico e spirituale, nei dialoghi tra Gabriella Caramore, dal 1993 autrice del programma di cultura religiosa "Uomini e Profeti" di Radio Rai, e Paolo Ricca. Dialoghi che mostrano la perenne attualità dei versetti dell'evangelista.
«Mai nella storia umana la vita è stata così tutelata legalmente e socialmente, e mai è stata così minacciata, manipolata, mercificata, distrutta».
Con queste parole il teologo Ricca stigmatizza il tragico paradosso di una società che da un lato protegge a oltranza la vita e dall'altro sparge la morte in forme sempre nuove.
Una società che registra su vasta scala il fenomeno della «rimozione della morte» dalla coscienza collettiva e della sua «privatizzazione»; una società che mentre insegue la massima protezione scientifica dalla morte lascia al contempo culturalmente indifesi e disarmati credenti e non credenti.
Una breve riflessione sull'enigma della morte per meglio comprendere e amare la vita.
"Non c'è nulla di certo nella Bibbia, ma bisogna fare un percorso per capirlo. Mi sono valso di tante voci importanti... è un elenco lungo che va da Mosè a monsignor Ravasi. Mi ha aiutato Paolo Ricca." (Roberto Benigni)
C'è sempre bisogno dell'altro, sia che si dica Altro per volgere gli occhi in alto o altri per edificare la terra, per costruire i rapporti umani familiari e sociali, per immaginare un assetto strutturale ed etico delle città. Soltanto attraverso la lenta e faticosa costruzione dei legami è possibile individuare terreni comuni di incontro. La nostra difficile storia è comprensibile infatti solo attraverso l'analisi dei rapporti sconnessi o costruttivi con cui cerchiamo di legare con gli altri. Attraverso il percorso di alcuni filosofi e dalla lettura di passi scelti della Scrittura, queste pagine intendono accompagnare il lettore all'interno della difficile arte dell'incontro.
La filosofia a cui alludono queste pagine e' cio' che rifugge l'altezza dell'idea, come riflesso di cio' che viviamo giorno dopo giorno, convinta, al contrario, che sia la vita, in tutte le sue complicate manifestazioni, ad offrire al pensiero il luogo della riflessione e della fatica nell'intelligenza. Questo libro, frutto di una meditazione pensosa su quanto ci accade, dai problemi impellenti posti dalla bioetica alle questioni legate al pensiero femminile e a quello culturale ed ecclesiale, non fa che confermare questo pensiero, quello cioe' che sia proprio la vita quotidiana, colma di piccoli gesti e di grandi attese, a costituire il bene che ci abbraccia, anche quando prende la forma di un dolore o di una interrogazione.
Considerato a ragione uno dei filosofi più rilevanti del Novecento, Franz Rosenzweig ha assunto un rilievo fondamentale nel pensiero ebraico, contribuendo a ridisegnare la fisionomia identitaria del popolo ebraico, dopo l'orrore di Auschwitz.
Le sue riflessioni infatti risultano anche determinanti per la riflessione sul senso della storia a cui è stata consegnata una promessa eterna, sul significato dell'alterità come sfida dialogica e interreligiosa, sulla dimensione della formazione delle nuove generazioni, quale necessario supporto all'umanesimo europeo. Inoltre tali elementi, lungi dall'essere situati soltanto all'interno dell'ebraismo contemporaneo, sono in grado di offrire notevoli provocazioni alla filosofia occidentale, estenuata da logiche cognitive, svuotar da riferimenti valoriali e gettata su derive nichiliste