Il racconto parte da una semplice constatazione: se per noi che viviamo nelle moderne città occidentali è facile affrontare l'inverno, per molte persone non è così. E doversi preparare ai lunghi mesi di gelo è un problema che riguarda non soltanto paesi lontani come la Patagonia o la Sibera, ma anche certi villaggi isolati delle nostre montagne. L'autore offre quindi una serie di "istruzioni per l'uso": una sorta di manuale in cui racconta come ci si prepara ai rigori invernali in assenza degli agi messi a disposizione dal progresso. Non mancano neanche i consigli per restare in buona salute. E ciò che emerge da tanti consigli pratici è il ritratto di un'esistenza vissuta secondo ritmi antichi. In attesa della primavera.
Un libro intriso di memoria. Seguendo con fedeltà le tracce degli uomini, non arrendendosi alle ragioni del tempo, ogni racconto trae in salvo qualcosa o qualcuno: i tanti nomi della neve, un pastore solitario che parla con amore alle sue pecore, paesaggi scomparsi, la storia di un popolo, un giovane legnaiolo la cui esistenza è sconvolta dall'apparizione di una strega bellissima e impietosa, un focolare intorno al quale si raccolgono vivi e morti intrecciando rimpianti e speranze. I ricordi si coagulano in frammenti o si dilatano in narrazioni estese come quella che apre il libro, incentrata sulla lunga marcia verso casa di un uomo uscito dal Lager, gracile scheletro che arranca tra i relitti lasciati dalla guerra.