Da bambina Lucy Nelson vede il padre alcolista finire in galera. Da quel giorno ha cercato di redimere qualunque uomo le capitasse intorno, per la rovina sua e dei suoi amanti. Quando Roy e Lucy iniziano a uscire insieme, lui lo fa perché sta cercando se stesso, lei perché non sopporta più una madre remissiva e un padre ubriacone. Si innamorano, o cosi credono. Quando Lucy cede alle estenuanti insistenze, alle canzoni romantiche e alle parole rassicuranti di Roy e "va fino in fondo", rimane incinta. Da quel momento in avanti, come in una tragedia greca in cui, qualunque cosa si faccia, non si può sfuggire al destino, tutto precipita. Lucy non vuole ripercorrere le orme della madre, non vuole diventare la moglie di un uomo egoista, debole e fallito, ma si convince di essere già quel tipo di donna, trascinando il matrimonio - e se stessa - alla rovina. Uscito subito prima del Lamento dì Portnoy, questo terzo romanzo di Philip Roth contiene già tutto il sarcasmo, l'ironia tagliente, l'inquietudine morale delle opere della maturità. Ma possiede una caratteristica che lo rende una stella preziosa: è l'unico romanzo del maestro di Newark ad avere per protagonista una donna. Con Lucy, Roth consegna alla storia della letteratura un personaggio agghiacciante e commovente, incarnazione di una donna che lotta per non sprofondare nella propria follia.
Pubblicato per la prima volta nel 1959, "Goodbye, Columbus" è la storia di Neil Klugman e della bella e determinata Brenda Patimkin. Lui vive in un quartiere povero di Newark, lei nel lussuoso sobborgo di Short Hills, e si incontrano durante una vacanza estiva, tuffandosi in una relazione che ha a che fare tanto con l'amore quanto con la differenza sociale e il sospetto. Questo romanzo breve è accompagnato da cinque racconti, il cui tono va dall'iconoclasta al sorprendentemente tenero.
Al cuore di "La mia vita di uomo" c'è il matrimonio di Peter e Maureen Tarnopol, un giovane scrittore e la donna che vorrebbe essere la sua musa ma è invece la sua nemesi. La loro unione si basa sulla frode ed è puntellata dal ricatto morale, ma è così perversamente duratura che, molto tempo dopo la morte di Maureen, Peter sta ancora cercando - inutilmente - di liberarsene attraverso la scrittura. Romanzo dentro il romanzo, edificio labirintico di meditazioni comiche, luttuose e strazianti sulla fatale impasse fra un uomo e una donna, "La mia vita di uomo", pubblicato originariamente nel 1974 e ora riproposto in una nuova traduzione, è il più impietoso tra i libri di Philip Roth. Per mezzo di invenzioni disperate e verità cauterizzanti, atti di debolezza, di tenerezza e di scioccante crudeltà, crea un'opera degna di Strindberg: una feroce tragedia di cecità e bisogno sessuale.
Tutto è finito per Simon Axler, il protagonista del nuovo conturbante libro di Philip Roth. Simon, uno dei più grandi attori teatrali della sua generazione, ha superato i sessant'anni e ha perso la sua magia, il suo talento e la sua sicurezza. Quando sale sul palcoscenico si sente un pazzo e si vede un idiota. La sua fiducia nelle proprie capacità è evaporata; s'immagina che la gente rida di lui; non riesce più a fingere di essere qualcun altro. "E scomparso qualcosa di fondamentale". La moglie se n'è andata, il pubblico l'ha abbandonato, il suo agente non sa come convincerlo a tornare in scena. In questo atroce resoconto di un'inspiegabile e terrificante autodistruzione, emerge il contraltare di un insolito desiderio erotico, certo una consolazione in quella vita spogliata di tutto, ma tanto rischiosa e aberrante da frustrare ogni speranza di conforto e gratificazione per puntare dritto verso un finale ancora più cupo e rovinoso. In questo lungo viaggio verso la notte, raccontato da Roth con l'inimitabile urgenza, bravura e serietà di sempre, tutti i mezzi che usiamo per convincerci della nostra solidità, tutte le rappresentazioni che nella vita diamo di noi stessi - talento, amore, sesso, speranza, energia, reputazione - vengono messi a nudo.
"Indignazione" racconta dell'educazione di un giovane uomo alle terrificanti opportunità e ai bizzarri impedimenti della vita nell'America del 1951. E una storia di inesperienza, stoltezza, resistenza intellettuale, scoperta sessuale, coraggio ed errore. E una storia narrata con tutta l'energia inventiva e l'arguzia di cui Roth è maestro, e un ulteriore poderoso tassello nella sua analisi dell'impatto della storia americana sulla vita di individui vulnerabili.
È l'estate del 1923 quando in due stanze in un sobborgo di Berlino una nuova coppia dà inizio al suo futuro comune. Lei si chiama Dora Dymant, lui Franz Kafka, e quello è l'ultimo anno della sua vita. Prima di allora ci sono state altre due brave ragazze ebree nella vita di Kafka, Felice e Julie, poi la passionale, anticonformista Milena. Ma lui è già "sposato con l'angoscia a Praga" e un altro matrimonio non ci sta. È solo con la giovane Dora che Kafka, avvicinandosi alla fine, riesce a svincolarsi dalla città nativa e a pensarsi, seppur per poco, libero di amare. E se fosse sopravvissuto alla tubercolosi che lo condusse a morte precoce? Se addirittura fosse scampato all'olocausto che si prese tutte le sue sorelle, rifugiandosi all'estero, magari in America, magari in un'accogliente comunità ebraica? Cosa sarebbe accaduto se il cantore di ogni forma di assoggettamento, vincolo, coercizione fosse riuscito a sfuggire? Quali inediti appagamenti il Nuovo Mondo delle mille possibilità avrebbe potuto riservargli? Philip Roth immagina per noi lo scenario e, incrociando quell'orizzonte letterario e umano al proprio, dà vita a una piccola gemma di lucidità critica e insieme di spassoso estro narrativo.
«Il marchio di fabbrica di Roth è da sempre la spinta agli estremi, fino al punto di rottura. La sua voce, modulata su tutta la gamma di toni dallo humour all'angoscia, come quella di Kafka, è quella di un uomo in fiamme».
The Daily Beast
Al centro di Nemesi c'è un animatore di campo giochi vigoroso e solerte, Bucky Cantor, lanciatore di giavellotto e sollevatore di pesi ventitreenne che si dedica anima e corpo ai suoi ragazzi e vive con frustrazione l'esclusione dal teatro bellico a fianco dei suoi contemporanei a causa di un difetto della vista.
Ponendo l'accento sui dilemmi che dilaniano Cantor e sulla realtà quotidiana cui l'animatore deve far fronte quando nell'estate del 1944 la polio comincia a falcidiare anche il suo campo giochi, Roth ci guida fra le più piccole sfaccettature di ogni emozione che una simile pestilenza può far scaturire: paura, panico, rabbia, confusione, sofferenza e dolore.
Spostandosi fra le strade torride e maleodoranti di una Newark sotto assedio e l'immacolato campo estivo per ragazzi di Indian Hill, sulle vette delle Pocono Mountains - la cui «fresca aria montana era monda d'ogni sostanza inquinante» -, Nemesi mette in scena un uomo di polso e sani principî che, armato delle migliori intenzioni, combatte la sua guerra privata contro l'epidemia. Roth è di una tenera esattezza nel delineare ogni passaggio della discesa di Cantor verso la catastrofe, e non è meno esatto nel descrivere la condizione infantile.
Quale che sia il loro scenario, tutti i personaggi della Controvita si confrontano con l'incessante tentazione di un'esistenza alternativa che possa ribaltare il loro destino.
A illuminare queste vite in transizione e a guidarci fra i suggestivi panorami del libro, familiari o alieni che siano, c'è la mente dello scrittore Nathan Zuckerman. Sua è l'intelligenza scettica e avvolgente che calcola il prezzo da pagare nella lotta per cambiare le sorti personali e dare un nuovo volto alla storia, che si attui in uno studio dentistico di un quartiere residenziale del New Jersey o in un villaggio inglese improntato alla tradizione nel Gloucestershire o in una chiesa del West End londinese o ancora in un minuscolo insediamento israeliano nel deserto della West Bank occupata.
«Il problema non consiste nell'o/o, nella scelta consapevole tra possibilità ugualmente difficili e incresciose: non è un o/o, ma un e/e/e/e/e e ancora e. La vita è composta di e: l'accidentale e l'immutabile, l'elusivo e l'afferrabile, il bizzarro e il prevedibile, l'attuale e il potenziale, tutte realtà che si moltiplicano, si aggrovigliano, si sovrappongono, entrano in collisione, si combinano tra loro¿ più il moltiplicarsi delle illusioni! Questo moltiplicato per questo, moltiplicato per questo, moltiplicato per questo...
Possibile che un essere umano dotato di intelligenza non sia molto di più che un produttore di incomprensioni su larga scala?»
«Roth è un genio del comico e in questo libro (meravigliosamente acuto, teso allo spasmo) sa elettrizzare».
Martin Amis
«Roth non ha mai scritto con tanta attenzione e, in alcuni passaggi, con tanto amore».
John Updike
Zuckerman fa tre incontri che in breve tempo spazzano via la sua solitudine gelosamente custodita. Il primo è con una giovane coppia alla quale, agendo d'impulso, offre uno scambio di case. Dall'istante in cui la incontra, Zuckerman è attratto dalla sfida erotica rappresentata dalla giovane donna, Jamie, e da tutto ciò che credeva di essersi lasciato alle spalle: l'intimità, il gioco vitalissimo fra il cuore e il corpo. Il secondo contatto lo stringe con una figura della sua giovinezza, Amy Bellette, musa e compagna del suo primo eroe letterario, E. I. Lonoff. Un tempo irresistibile, Amy è ormai una vecchia stremata dalla malattia ma ancora decisa a preservare la memoria dell'uomo che ha mostrato a Nathan la via solitaria per la vocazione di scrittore. Il terzo incontro è con l'aspirante biografo di Lonoff, un giovane segugio letterario pronto a tutto pur di stanare il «grande segreto» del maestro. Di colpo invischiato nuovamente - come mai avrebbe voluto o previsto - nelle trame dell'amore e della perdita, del desiderio e dell'animosità, Zuckerman mette in scena un dramma interiore di vivide e intense possibilità.
Dopo le cupe meditazioni sulla mortalità e la fine in Everyman e Il fantasma esce di scena, e l'amara ironia di uno sguardo retrospettivo sulla giovinezza in Indignazione, Roth aggiunge un altro inquietante tassello all'opera dei suoi ultimi anni.
Tutto è finito per Simon Axler, il protagonista del nuovo conturbante libro di Philip Roth. Simon, uno dei più grandi attori teatrali della sua generazione, ha superato i sessant'anni e ha perso la sua magia, il suo talento e la sua sicurezza. Quando sale sul palcoscenico si sente un pazzo e si vede un idiota. La sua fiducia nelle proprie capacità è evaporata; s'immagina che la gente rida di lui; non riesce più a fingere di essere qualcun altro. «È scomparso qualcosa di fondamentale». La moglie se n'è andata, il pubblico l'ha abbandonato, il suo agente non sa come convincerlo a tornare in scena.
In questo atroce resoconto di un'inspiegabile e terrificante autodistruzione, emerge il contraltare di un insolito desiderio erotico, certo una consolazione in quella vita spogliata di tutto, ma tanto rischiosa e aberrante da frustrare ogni speranza di conforto e gratificazione per puntare dritto verso un finale ancora più cupo e rovinoso. In questo lungo viaggio verso la notte, raccontato da Roth con l'inimitabile urgenza, bravura e serietà di sempre, tutti i mezzi che usiamo per convincerci della nostra solidità, tutte le rappresentazioni che nella vita diamo di noi stessi - talento, amore, sesso, speranza, energia, reputazione - vengono messi a nudo.
Indignazione è il nuovo romanzo di Philip Roth, il racconto dell'educazione di un giovane uomo alle terrificanti opportunità della vita nell'America del 1951.
Al centro del romanzo Marcus Messner, giovane ebreo di Newark come tutti i più noti personaggi di Roth. Nel lungo delirio che precede la sua morte per le ferite riportate combattendo in Corea, Marcus ricostruisce gli eventi che lo hanno condotto lì, tracciando così il ritratto di un'epoca.
Indignazione è una storia di inesperienza, stoltezza, resistenza intellettuale, scoperta sessuale, coraggio ed errore.
È una storia narrata con tutta l'energia inventiva e l'arguzia di cui Roth è maestro, e un ulteriore poderoso tassello nella sua analisi dell'impatto della storia americana sulla vita di individui vulnerabili.
Il nuovo romanzo di Roth è stato accolto con molto favore dai critici italiani. Repubblica del 9 settembre a Indignazione ha dedicato uno spazio in prima pagina e ne ha pubblicato un'anticipazione nelle pagine interne. E ancora Repubblica al romanzo ha dedicato la copertina di cultura del 14 settembre, con un'intervista di Antonio Monda a Philip Roth.
«Negli ultimi tempi ho scritto sempre di persone anziane.», ha dichiarato lo scrittore, «Questa volta ho voluto raccontare una storia di inesperienza e disperazione all'epoca di un periodo storico che tendiamo a dimenticare. Io venni arruolato in quel terribile conflitto [la guerra di Corea, ndr], ma, fortunatamente, la guerra terminò prima della mia partenza».
E al giornalista che gli chiedeva perché avesse scelto di raccontare ancora una volta un'iniziazione erotica e una storia di conflitti con l'ambiente accademico, Roth ha risposto: «Mi interessava raccontare la repressione sessuale precedente agli anni Sessanta. L'ambientazione in un college offre anche altri elementi di repressione e conflitto, anche se devo dire che come docente ho avuto un'esperienza interessante». (leggi l'intervista completa)
«In Indignazione ci sono gli elementi del miglior Philip Roth.», ha scritto Alessandro Gnocchi sul Giornale, «Quel che colpisce è la bravura eccezionale nel cogliere e raccontare temi universali, ad esempio il rapporto fra padri e figli. L'autore evita il rischio di cadere nella banalità con un racconto cinico ma toccante».
E se Francesca Borrelli, su Alias, ha definito Indignazione «la nuova magistrale performance di Philip Roth», Tiziano Gianotti così ha recensito il romanzo su D di Repubblica: «Roth è al suo meglio nel dar figura allo struggimento del giovane maschio alla soglia di un mondo ricco di opportunità, che si scopre frenato dalle pastoie delle convenzioni.[...] Un altro notevole libro di Philip Roth
Il libro, come recita il sottotitolo, è una storia vera. Protagonista è Hermann Roth, il padre di Philip. Hermann è un vedovo di ottantasei anni, agente di assicurazioni in pensione, conosciuto un tempo per il suo genio, la sua forza e il suo fascino, che ora lotta contro un tumore al cervello. Colmo di amore e attenzioni, di ansia e terrore, Philip accompagna il padre in ogni momento di questa enorme esperienza, lungo il calvario di una dilatata agonia. Il figlio condivide l'umore e le miserie che il malato è costretto a subire: consulti medici, l'orrore del decadimento fisico, l'attesa inumana della separazione finale. Gli episodi memorabili si accumulano: il figlio che paragona la fredda tomografia del padre al calore della propria biografia; il confronto del suo lascito patrimoniale con quello di un taxista psicopatico; ma anche il concerto di musica da camera suonato dagli amici per Hermann; o Philip che telefona a Joanna, una compagna d'università, per calmare le proprie angosce.