Come individuare e definire le azioni simboliche dei profeti? Perché questi gesti, rari e occasionali nei profeti anteriori, si moltiplicano col passar del tempo e diventano centrali nei libri di Geremia e di Ezechiele? Che cosa dicono a noi, lettori del XXI secolo, questi gesti paradossali e talvolta sconcertanti (Isaia deve camminare nudo e scalzo per tre anni, Geremia non può sposarsi, Ezechiele mangia cibo cotto su sterco di animale, ecc.)? La parola del profeta diventa parte del suo corpo, la Parola di Dio si radica nella carne di un uomo e la trasforma, lo trasforma, per sempre.
Informazioni sull'autore
Donatella Scaiola, laica e sposata, è professore ordinario nella Facoltà di Missiologia della Pontificia Università Urbaniana e professore invitato nella Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale e in altre istituzioni accademiche. Collabora con numerose riviste di carattere biblico, teologico e pastorale ed è direttore della rivista Parole di Vita.
Al centro della Scrittura c'è il dialogo d'amore tra Dio e il suo popolo e, più in generale, con ogni uomo, di cui il rapporto uomo-donna è figura privilegiata e metafora fondamentale. Da questa intuizione prende le mosse il volume, nel quale la dinamica sopra esposta viene descritta partendo dal centro, anche materiale, della Bibbia, che è il Cantico dei Cantici. A questo libro viene dedicata la prima parte del testo, mentre la seconda propone un certo numero di variazioni sul tema, spaziando dall'Antico al Nuovo Testamento.
I profeti dell'Antico Testamento sembrano tanto lontani da noi, invece essi parlano ancora oggi al credente. Oltre alle figure "classiche" (Isaia, Geremia, Ezechiele, Amos...), esistono tanti altri uomini e donne di Dio che la Scrittura descrive con tutta la loro umanità, talora anche problematica e ambigua, ma così vicina alla nostra. Attraverso le loro storie leggiamo, come in uno specchio, la nostra, ritroviamo temi attuali anche oggi, come quello del potere, siamo istruiti nell'arte difficile ma necessaria del discernimento. Il volume è dedicato ad alcuni di questi personaggi, ma tanti altri avrebbero potuto essere scelti. Il filo rosso che li accomuna è la marginalità, anzi, la possibile emarginazione. Tale condizione liminare diviene una risorsa, perché concede a questi personaggi di vedere la realtà in prospettiva, godendo di una visione migliore di quella di chi sta (o si pone) sempre al centro della scena.