Un nuovo diritto non previsto né codificato da alcuna legge si è prepotentemente affacciato, nel nostro tempo, sulla scena: il diritto al figlio. Per molti è un semplice passo in avanti sul piano della libertà individuale, reso possibile dall’inarrestabile progresso delle tecnoscienze. Per l’autrice di queste pagine è il segno di una trasformazione antropologica di vasta portata in cui sono in questione i punti nevralgici della condizione umana, a cominciare dalla generazione.
Nulla più delle modificazioni linguistiche e giuridiche è in grado di mostrare la profondità di questa trasformazione. In molti paesi i termini stessi di «madre» e «padre» vengono cancellati; la frase «nato da...» viene sostituita da «figlio di..»; la «parentela» sparisce e si affermano nuovi termini sessualmente neutri, quali «genitorialità», «progetto genitoriale» ecc. Infine, una nuova formula giuridica, il contratto di affitto dell’utero, rende giuridicamente disponibile ciò che in tutte le legislazioni occidentali è sempre stato giudicato indisponibile: il corpo umano. Il risultato è che la scena della generazione muta radicalmente.
Comprende ora, oltre ai due genitori, i donatori o la donna che affitta l’utero, i medici addetti alle operazioni necessarie, le istituzioni che mediano i rapporti fra i cosiddetti «donatori» con gli aspiranti genitori; i legali, indispensabili per definire la «proprietà» del bambino e l’eventuale anonimato del donatore.
Un teatro in cui scompare un’unica figura: la madre, quale detentrice unica, secondo Lucetta Scaraffia, di quella capacità di procreare che da sempre gli uomini hanno invidiato alle donne.
In cerca della dracma perduta: sta qui il senso del percorso tracciato dal dialogo tra Giulia Galeotti e Lucetta Scaraffia. Perché tutti conoscono la parabola del buon pastore, mentre ignorano quella che Luca racconta poco prima? Perché nessuno ricorda la parabola della donna che cerca la dracma perduta delle dieci che aveva nascosto, e che poi, una volta trovatala grazie a una lucerna, condivide la sua gioia con le amiche? Raccontata da Gesù per descrivere la sollecitudine di Dio verso chi si smarrisce, la parabola è però finita nel dimenticatoio. Come, più in generale, nella storia della Chiesa, sembrano finite nel dimenticatoio le donne. Che ruolo hanno avuto dai tempi di Gesù a oggi? Cosa hanno dato e cosa hanno ricevuto nel corso della storia millenaria dell'istituzione ecclesiastica? Perché ancora oggi la Chiesa sembra sorda alla voce e all'esperienza femminile? Davvero la misoginia è un tratto precipuo del cattolicesimo?
Lucetta Scaraffia è docente di Storia contemporanea presso l’Università degli Studi di Roma «La Sapienza». Storica e giornalista, è editorialista de «Il Messaggero» e dell’«Osservatore Romano» – per il quale coordina il mensile Donne chiesa mondo – e collabora con «Il Sole 24 Ore». È autrice, tra l’altro, di Due in una carne. Chiesa e sessualità nella storia (2008, con Margherita Pelaja), La santa degli impossibili. Rita da Cascia tra devozione e arte contemporanea (2014, Vita e Pensiero), Papa Francesco e le donne (2014, con Giulia Galeotti). Per Vita e Pensiero ha anche curato il volume Pregare, un’esperienza umana. L’incontro con il divino nelle culture del mondo (2015, con Franco La Cecla).