Tre amici si danno appuntamento in un magazzino di Santiago del Cile. Li accomuna l’antica militanza tra i sostenitori di Salvador Allende e uno sguardo amareggiato sulla vita. La città è molto cambiata, e anche loro non sono più gli stessi: c’è chi ha una valvola saltata in seguito a un soggiorno obbligato in un centro di tortura, chi ha perso la splendida chioma alla Jimi Hendrix, chi ha messo su una ragguardevole pancia. Convocati dall’anarchico Pedro Nolasco, detto l’Ombra, per compiere insieme un’ultima, audace azione rivoluzionaria, Lucho Arancibia, Lolo Garmendia e Cacho Salinas hanno però deciso di scrollarsi gli anni di dosso e attendono l’arrivo del loro leader.
Invano: perché il destino cieco e beffardo ci mette lo zampino, prendendo le forme di un mitico giradischi che si trasforma in un micidiale proiettile, riservando a Nolasco la più musicale delle uscite di scena. Chi prenderà il suo posto, in una vicenda che è una girandola di coincidenze, se non il più sprovveduto tra i militanti delle molte correnti di un tempo, quel Coco Aravena a cui il destino offre finalmente una possibilità di riscatto? E dove condurranno le indagini dell’ispettore Crespo, alle prese con l’identificazione di un cadavere e con un furto di elettrodomestici?
Un anno e mezzo di vita e di passioni, un anno e mezzo di cronache, di entusiasmi e di delusioni, raccontati dalla penna diretta e coinvolgente di uno dei grandissimi scrittori del Sudamerica di oggi. Luis Sepúlveda, dalla sua casa di Gijon nelle Asturie, ci racconta il mondo che viviamo, i fatti che lo colpiscono e commuovono, analizza gli eventi della cronaca e ce ne offre una descrizione lucida ed emozionata, franca e durevole. Non risparmia la sua critica ai potenti del mondo (Bush e Blair prima di tutti) né la sua ironia verso il vecchio dittatore Pinochet, ma nemmeno nasconde i suoi entusiasmi, la speranza che gli dà per il futuro l'elezione di Michelle Bachelet a capo del governo cileno.
Il 16 ottobre 1998, su mandato del giudice spagnolo Garzón, il dittatore cileno Pinochet viene arrestato a Londra con l'accusa di genocidio, terrorismo e tortura. Negli articoli raccolti in questo volume, scritti tra il 1998 e il 2003, Luis Sepúlveda ci racconta le fasi successive della vicenda e le sue reazioni, e insieme ripercorre con lucidità la storia cilena dal golpe dell'11 settembre 1973 sino all'attuale "democrazia vigilata". Affidandosi alla scrittura, come unico strumento per mantenere viva la memoria storica e civile, Sepúlveda vuole rendere giustizia al suo Paese e lo fa non solo attraverso la cronaca di quegli anni, ma anche attraverso il resoconto di vicende personali: le battaglie e l'esilio, i sogni e le disillusioni, gli amici perduti e quelli ritrovati, gli incontri e i ricordi.
Il viaggio, il vagabondaggio per il mondo, è qui che si collocano le storie raccolte in questo libro. Lo scrittore narra le vicende di personaggi anonimi e marginali incontrati per il mondo, uomini e donne che hanno in comune l'aver fatto della propria vita una forma di resistenza. Un amico cileno che ha diretto la rivista Analisis, prima barricata della lotta contro Pinochet. Un cantante che ha partecipato alla Primavera di Praga. Un cameraman olandese ucciso dall'esercito del Salvador. Uomini che non hanno mai sperato di uscire dai margini, ma che per una volta sono affiorati, con le loro storie, dal buio dell'oblio. Come le rose che, in un solo giorno dell'anno, ricoprono il deserto di Atacama. Il libro è ripresentato con una nuova veste grafica.
Due fratelli cantastorie, due menestrelli irriverenti e iconoclasti, la loro vita e i loro vagabondaggi, di cui si è persa la memoria e di cui rimangono solo confusi e casuali frammenti, riscoperti in questo libro ironico e divertente scritto da due protagonisti della letteratura sudamericana. Sotto le mentite spoglie di due filologi paludati che si scambiano lettere e informazioni, integrando la reciproca conoscenza dei misteriosi fratelli, Sepúlveda e Aparaín ricostruiscono le origini e le disavventure sudamericane di una coppia di giullari, costruendo a quattro mani una parodia del genere epistolare e non risparmiando con la loro bonaria vena irriverente gli ambienti letterari e la cronaca di oggi.
Berlino, seconda guerra mondiale: una collezione di antiche e preziosissime monete d'oro scompare dai forzieri della Gestapo. Cinquant'anni dopo, in una Berlino ormai liberata dal Muro, un ex guerrigliero cileno dal passato complicato, e che porta il nome di un famoso torero, Belmonte, viene incaricato da una compagnia di assicurazioni di ritrovare il tesoro della Collezione della Mezzaluna Errante. Ma c'è anche qualcun altro interessato a quelle monete: in quella stessa Berlino un ufficiale dei servizi segreti della Germania Est riceve lo stesso incarico. Comincia così per l'ignaro Belmonte un duro inseguimento che dall'Europa lo porterà fino alla Terra del Fuoco.
L'avventura e la politica, l'amore e la guerra, il viaggio e l'utopia. Tutto Sepulveda con le sue passioni e i suoi temi più cari, rappresentati in questo libro che raccoglie 24 racconti dello scrittore cileno. L'appuntamento d'amore tra un sandinista che combatte in Nicaragua contro la dittatura e la moglie di un prigioniero in mano ai rivoltosi; la notte di terrore di un ricercato politico in attesa dell'arrivo di uno "squadrone della morte"; l'impresa di dodici confinati sperduti nel mezzo del deserto cileno; l'incontro mancato tra un esule e la donna amata... E ancora: dittatori senza scrupoli, fieri malavitosi dei porti, vecchi anarchici con un'antica ferita d'amore, coppie senza più speranza, prostitute commoventi e grottesche.
Il disastro ecologico provocato da una petroliera sulle coste galiziane; la guerra in Iraq e il terrorismo; Bush e i suoi alleati, da Blair a Berlusconi; il confronto Est-Ovest; e, ancora bruciante, la memoria del golpe cileno e il processo intentato a Pinochet. Ma anche racconti, apologhi, storie trovate per strada, ritratti di amici, come Francisco Coloane e Manuel Vázquez Montalbán. Sepúlveda si fa testimone di uno dei periodi più tumultuosi e drammatici della storia recente: il suo è il diario in pubblico di una passione politica, civile e umana inalterata. Un diario in cui affiora di continuo il narratore, con racconti densi e fulminei che si alternano alla cronaca risentita e partecipe del presente.
Condannato all'esilio, Luis Sepúlveda abbandona giovanissimo il Cile per intraprendere un lungo viaggio attraverso gli immensi spazi dell'America Latina, a bordo di ogni tipo di veicolo o mezzo di trasporto. Dal Rio de la Plata agli altipiani della Bolivia, dalle ventose pianure del Chaco al caldo soffocante della foresta equatoriale, per varcare, infine, l'Atlantico e approdare alle colline dell'Andalusia. Un viaggio fitto di avventure e incontri, il racconto di una formazione con lo zaino in spalla.
Sepúlveda racconta il lato più avventuroso e intimo della sua vita: gli amici, gli incontri con i grandi scrittori come Francisco Coloane e Osvaldo Soriano, i momenti condivisi con i compagni, Hernan Rivera Letelier, Mario Delgado Aparain, Mempo Giardinelli e Mario Benedetti. Rivive i festival letterari, le occasioni di incontro pubbliche e private, sullo sfondo dei luoghi dove il suo "gruppo" è solito ritrovarsi: da Parigi a Santiago del Cile, da Gijon a Guadalajara, da Roma alle tante province italiane. E lo fa conversando con Bruno Arpaia, egli stesso scrittore e conoscitore della letteratura sudamericana.
Sepúlveda racconta il lato più avventuroso e intimo della sua vita: gli amici, gli incontri con i grandi scrittori come Francisco Coloane e Osvaldo Soriano, i momenti condivisi con i compagni, Hernan Rivera Letelier, Mario Delgado Aparain, Mempo Giardinelli e Mario Benedetti. Rivive i festival letterari, le occasioni di incontro pubbliche e private, sullo sfondo dei luoghi dove il suo "gruppo" è solito ritrovarsi: da Parigi a Santiago del Cile, da Gijon a Guadalajara, da Roma alle tante province italiane. E lo fa conversando con Bruno Arpaia, egli stesso scrittore e conoscitore della letteratura sudamericana.
I gabbiani sorvolano la foce dell'Elba, nel mare del Nord. "Banco di aringhe a sinistra" stride il gabbiano di vedetta e Kengah si tuffa. Ma quando riemerge, il mare è una distesa di petrolio. A stento spicca il volo, raggiunge la terra ferma, ma poi stremata precipita su un balcone di Amburgo. C'è un micio nero di nome Zorba su quel balcone, un grosso gatto cui la gabbiana morente affida l'uovo che sta per deporre, non prima di aver ottenuto dal gatto solenni promesse: che lo coverà amorevolmente, che non si mangerà il piccolo e che, soprattutto, gli insegnerà a volare. E se per mantenere le prime due promesse sarà sufficiente l'amore materno di Zorba, per la terza ci vorrà una grande idea e l'aiuto di tutti.