Il re di Sicilia Leonte ha sposato Ermione, ma crede che il figlio nascituro sia del re di Boemia Polissene. Leonte ordina al cortigiano Camillo di avvelenarlo, ma questi non gli obbedisce e fugge con Polissene. Leonte istruisce un processo per adulterio contro Ermione e fa interpellare l'oracolo di Delfi. Leonte ordina anche che la bambina, nata nel frattempo, venga abbandonata su una spiaggia deserta. La morte di Ermione giunge prima che l'oracolo sveli la sua innocenza, mentre Perdita, la bambina, viene salvata e, cresciuta, ama il figlio di Polissene con cui fugge in Sicilia. Afflitto dal senso di colpa per la morte della moglie, Leonte riconosce la figlia e riceve in dono una statua, che non solo somiglia ad Ermione, ma è Ermione stessa.
La illimitata libertà spaziale e temporale (l'azione, che è quella dell'amore fatale di Antonio e Cleopatra, ma anche quella delle lotte tra i triumviri dopo la morte di Giulio Cesare e della nascita dell'Impero, percorre le città, le terre e i mari di tre continenti), la mescolanza di comico e tragico, le trasgressioni sceniche e linguistiche, sono tutti elementi che raggiungono in quest'opera della piena maturità del drammaturgo (la datazione si può collocare intorno a1 1608) il loro vero e proprio apogeo. "Antonio e Cleopatra" è una grande tragedia d'amore, un grande dramma politico ma anche un discorso sull'arte e sull'esperienza artistica.
Complessa è la genesi letteraria di questa tragedia, scritta da Shakespeare nel 1602. Tra le opere ispiratrici si possono rintracciare sia il "Troilo e Criseide" di Geoffrey Chaucer sia il "Filostrato" di Boccaccio, oltre a lavori quasi contemporanei allo stesso Shakespeare quali quello scritto dallo scozzese Robert Henryson (1593). In realtà, la vicenda originaria non si trova nella mitologia greca quanto in quella medievale, in particolare nel "Roman de Troie" di Benoit de Saint-Maure. La trama è presto detta: nel corso della Guerra troiana Troilo, principe troiano (figlio di Priapo), amoreggia con Cressida, a cui giura eterno amore, poco prima che venga mandata nel campo acheo nel quadro di uno scambio di ostaggi e prigionieri. Desideroso di rivederla, Troilo si introduce di nascosto nel campo avverso e lì la vede amoreggiare con Diomede, il grande eroe acheo che avrebbe in seguito duellato con Enea. A quel punto Troilo la bolla come prostituta. La vicenda fornisce il quadro per una serie di digressioni sui temi della libertà sessuale e del pacifismo, cosa che rese per molti secoli l'opera irrappresentabile e mal digeribile dalla morale in vigore. Sarà solo nel Ventesimo secolo, in particolare a partire dagli anni Sessanta, che la tragedia andrà incontro a una più felice accoglienza da parte del pubblico. Non a caso è considerata, fra le tragedie di Shakespeare, una fra le più moderne.
Il romano Caio Marzio, detto Coriolano perché eroe della battaglia di Corioli, è personaggio chiuso nel proprio orgoglio ed egocentrismo, cieco al mondo e incapace di comunicare con gli altri: una volta bandito dal suo popolo aizzatogli contro dagli avversari, si rifugia dai nemici volsci guidati da Tullo Aufidio, si mette alla loro testa contro Roma per trovare la morte per mano dei cospiratori volsci.
In "Romeo e Giulietta" (1595-1596) la morte è presente in vario modo fin dall'inizio. Ma è con il duello tra Mercuzio e Tebaldo che essa entra realmente in scena e avvia quella sua presa di possesso della città cui la tragedia conduce. Non solo, ma che la prima vittima sia Mercuzio, simbolo di giovinezza e di libertà, della gioia di vivere e della stessa gioia di far teatro, è anche indicativo di chi sia l'oggetto di questo assalto della morte: non i vecchi, ma i giovani, non il declinare della vita, ma il suo sbocciare, non la stanchezza, l'aridità del cuore, ma la sua freschezza, il suo desiderio d'amore. Tebaldo uccide Mercuzio; Romeo uccide Tebaldo, finché, come sappiamo, la morte aggredisce anche Romeo e Giulietta, e la "bella Verona" celebrata all'inizio si trasforma in una tomba. Nulla di vivo resta se non i vecchi, la cui faida e il cui egoismo, non il caso, hanno ucciso i giovani. Romeo e Giulietta potranno finalmente stare insieme ma solo nella cripta, con il loro amore raggelato per l'eternità nelle statue d'oro che i carnefici eleveranno a ricordo.
Il duca di Milano, Prospero, spodestato dal fratello Antonio, regna su un'isola deserta, un mondo di creature fatate. Qui Prospero ha sconfitto la strega che vi abitava, ha liberato gli spiriti da lei imprigionati e ha sottomesso il figlio di lei, l'orribile Calibano. Dopo dodici anni trascorsi sull'isola assieme alla figlia Miranda, Pospero fa naufragare con la sua magia la nave che trasporta l'usurpatore Antonio con il suo alleato, il re di Napoli, il figlio di questi Ferdinando e il consigliere Gonzalo. Prospero tiene in pugno i naufraghi che credono distrutta l'imbarcazione e affogato Ferdinando. Il giovane è salvo, incontra Miranda, se ne innamora e i due si fidanzano. Intanto Antonio si pente e si riconcilia con il fratello.
In Cimbelino Shakespeare compie un tentativo consapevole di unire la storia romana con l'inizio di quella inglese nei suoi primordi celtici. Quando, appoggiato se non spinto dalla regina e dal figlio di lei Cloten, Cimbelino rifiuta di pagare il tributo a Roma, il suo gesto afferma con forza una prima identità nazionale britannica. Per provarsi tale, essa ha bisogno di combattere e vincere la guerra contro la spedizione punitiva romana. La pace che segue ha però un esito sorprendente: Cimbelino decide autonomamente di riprendere a versare il tributo e di sottomettersi a Cesare Augusto, e soprattutto fa marciare assieme in trionfo, verso Londra, bandiere unite nel vento, le truppe britanniche e quelle romane, che ratificheranno l'unione nel tempio di Giove.
"Il 'Sogno' è il primo capolavoro comico di Shakespeare. Paragonato alle commedie che seguono [...], e soprattutto paragonato all'altra commedia in cui sono presenti elementi magici, 'La Tempesta' (prodotto dell'arte sua più matura, frutto dell'enorme saggezza e della sapienza tecnica accumulata negli anni di esperienza, se non altro teatrale), il 'Sogno' può sembrare un trastullo, una bazzecola, una quisquilia. Ma per minore che sia è perfetta. È un gioiello, un trionfo di tessitura, dove i fili più disparati e vari si combinano in un disegno unitario." (Dall'Introduzione di Nadia Fusini)
Ispirata da Boccaccio, e precisamente dalla novella "Giletta di Narbona", inclusa nel "Decameron", "Tutto è bene quel che finisce bene" è una delle più brillanti commedie shakespeariane. La protagonista è Elena, data in sposa al conte Bertram come premio per aver guarito il re di Francia. Bertram non ricambia però l'amore di Elena e parte per la guerra, innamorandosi della locandiera Diana. La scintilla del racconto sono le condizioni che Bertram pone a Elena per abbracciare davvero il loro matrimonio: la ragazza dovrà sfoggiare al dito l'anello da cui egli non si separa mai e portare in grembo un figlio da lui concepito... Un vortice di colpi di scena, un miscuglio perfetto di dolore e ilarità, un gioco elegante attorno a sentimenti che appartengono agli uomini di tutte le epoche e tutte le culture.
"La commedia di Shakespeare indaga sulla differenza - cos'è reale? cos'è irreale? - con profonde intuizioni, che svilupperanno nel suo teatro a venire. E tratta con freschezza e maestria umori e sentimenti, emozioni e sconcerti dell'anima e della mente, su cui più avanti Shakespeare costruirà i suoi grandi personaggi. Ma già qui e ora, grazie alla straordinaria capacità di amalgamare influenze classiche, medievali, rinascimentali e folk, il giovane, eclettico drammaturgo arriva a un risultato notevolissimo. E geniale. Tutto suo. Particolarissimo. Singolare. Sì, è vero, Shakespeare si rifà a Plauto, ma se in Plauto l'artificio è ostentato, in Shakespeare invece esso si dissolve nella naturalezza e il tono della risata è cambiato, non più aspro, satirico, ma addirittura pudico, gentile. Sottolineo le differenze non per stabilire graduatorie di merito. Ma perché solo dalla differenza scatta l'identità. Insegnamento che viene per l'appunto da questa commedia, che state per leggere. Ne godrete, non si può non farlo." (Nadia Fusini)
Il re di Sicilia Leonte ha sposato Ermione, ma crede che il figlio nascituro sia del re di Boemia Polissene. Leonte ordina al cortigiano Camillo di avvelenarlo, ma questi non gli obbedisce e fugge con Polissene. Leonte istruisce un processo per adulterio contro Ermione e fa interpellare l'oracolo di Delfi. Leonte ordina anche che la bambina, nata nel frattempo, venga abbandonata su una spiaggia deserta. La morte di Ermione giunge prima che l'oracolo sveli la sua innocenza, mentre Perdita, la bambina, viene salvata e, cresciuta, ama il figlio di Polissene con cui fugge in Sicilia. Afflitto dal senso di colpa per la morte della moglie, Leonte riconosce la figlia e riceve in dono una statua, che non solo somiglia ad Ermione, ma è Ermione stessa.
Il duca di Vienna, Vincenzo, preoccupato dell'immoralità dei sudditi e del disprezzo dell'istituzione matrimoniale, affida a un vicario, Angelo, il governo per vedere se sarà in grado di far rispettare le leggi. Finge quindi di assentarsi e si traveste da frate per spiarne l'operato. Angelo si rivelerà incapace di governare con autentica equità e giustizia, attaccato al semplice dettato della legge e travolto dalle stesse passioni che dovrebbe punire. Una commedia a tinte fosche, con inganni e colpi di scena.