Giovanni della Croce non ha altra pretesa che quella di raccontare la storia di un uomo (1542-1591), castigliano di umili natali, carmelitano scalzo, mistico e Dottore della Chiesa, all'interno della storia della salvezza. L'Autore individua nel Cantico dei Cantici il libro biblico più consono per rileggere questa personalità e la sua opera. Ci illustra in che modo, in un momento davvero unico della storia della Chiesa, egli abbia composto un rifacimento e prolungamento del libro biblico rivivendo quel poema nella sua vicenda umana, simile per imitazione e partecipazione a quella del Dio fatto uomo.
I processi canonici che li riguardano hanno loro riconosciuto l’essenziale: che hanno vissuto la loro fede eroicamente, cioè con una generosità sempre più profonda e totale, che può essere indicativa per molti cristiani. Dopo la scoperta, in anni giovanili, della propria “vocazione alla verginità”, coltivarono nel sacramento del matrimonio la loro “verginità” in relazione ai figli, luogo della felicità e del dolore, riconosciuti nella loro ultima appartenenza a Dio Padre, e amati per il loro definitivo destino.