Lo psicanalista di Zeno Cosini - commerciante triestino, incarnazione dell'antieroe - consiglia al suo paziente di mettersi a scrivere la storia della sua vita. Solo rivivendone le esperienze più significative e scavando nella propria coscienza egli potrà forse superare il "disagio di vivere" che da sempre lo tormenta. Emergono così il vizio del fumo, il ricordo di una relazione con una giovane amante, la convinzione che il suo matrimonio sia avvenuto "per caso", il rapporto contraddittorio con il cognato Giulio: un susseguirsi di eventi che Zeno analizza con profondità e grande ironia. Lucido e consapevole, egli comincerà a guarire quando si scoprirà ad accettare le proprie debolezze e quelle altrui, convinto ormai che "la vita non è né bella, né brutta; è soltanto originale".
Le vicissitudini sveviane con gli editori sono ben note, e si spiega così l’incipit del racconto, in cui subito ci coinvolge questo letterato quasi sessantenne che ha pubblicato un romanzo quarant’anni prima, e adesso poteva anche risultare morto: nessuno se ne sarebbe accorto. eppure non demorde, aspetta ancora il bacio voluttuoso della gloria, con qualche osso rotto, ma con gli organi più importanti intatti, e una grande stima di se stesso.
E questo dipende dallo spirito dello stesso Svevo, che in quegli anni viveva un ritorno alla gioia del raccontare e che riflette anche la ricomposizione di una coscienza critica a fronte della traumatica tensione della precedente stagione. Circola, perciò, ne La burla riuscita, come una temperie di accettazione della propria condizione umana, che appartiene alla biologia, all’età, al mondo generazionale: un complesso di riflessioni che appartengono all’inesorabilità della legge umana e sociale. Del resto – Nietzsche insegna – il cosiddetto superomismo altro non è se non la consapevolezza della propria altera solitudine, in mezzo alla sordità degli uomini.
Con una chiara intenzione autobiografica, alla svolta di una “vita” condotta fra i meandri della riflessione, il protagonista si presenta come un personaggio anziano, animato e al contempo frustrato dal trauma esistenziale della perduta gioventù: è languido e sensuale il gusto della ricordanza, che produce un fatale e inevitabile sobbalzo di coscienza, nel momento in cui si accorge che il malore è superato, ma al contempo lo illumina sui disastri che potrebbe provocargli un ritorno d’amore per una giovinetta: ecco il grande e dolente nodo tematico del personaggio, che vive e sconta il proprio novellare assorto e drammatico, ora che il duello dolente è vissuto come una implacabile tragedia. C’è tuttavia il sollievo della forma, ormai specchiata e limpida, ad alleviare la ferita dell’età. Il sollievo che acquieta le sommosse dell’io proviene sì dalla scrittura, non più nevrotica e analitica, bensì risolta e rasserenante a sospingere il protagonista a scegliersi un’altra vita, un nuovo progetto in cui l’essere e l’esistere possano reperire un nuovo punto di raffronto.
Profondamente segnato dal confronto con la nascente psicoanalisi (la prima edizione è del 1923), "La coscienza di Zeno" è concepito come fosse il diario terapeutico che un "nevrotico", Zeno Cosini, scrive su richiesta del suo medico e che questi decide di pubblicare per "vendicarsi" del paziente che ha bruscamente interrotto la terapia. Il racconto di Zeno percorre così le tappe di una vita malata, attraverso la lotta contro il fumo, la morte del padre, la storia di un matrimonio senza amore, di un adulterio appassionante e infelice, di un'iniziativa commerciale disastrosa. Risalendo, con le note di un'impareggiabile ironia, tutti i tortuosi rivoli dell'esistenza interiore del protagonista, Italo Svevo affonda qui nelle più oscure e dolorose regioni dell'incertezza umana, per poi risalire alla quieta consapevolezza del "male di vivere".
L'esistenza grigia di Emilio Brentani, il protagonista di "Senilità", viene a un tratto animata dalla passione per la popolana Angiolina, bella, vivace, volgare. Ma Emilio è incapace di giovanile trasporto, e Angiolina poco propensa ad assecondare i propositi moralizzatori dell'innamorato; la loro avventura resta un episodio sterile, e tuttavia l'unica nota di colore nella "gioventù senile" del protagonista. Questo, che è il secondo romanzo di Italo Svevo, pubblicato nel 1898, tocca tutti i temi principali della narrativa dello scrittore triestino: l'inettitudine alla vita, il senso di fallimento di un'esistenza proiettata verso un'interiorità psicologica tormentata e maniacale, il tutto attraverso un'autoanalisi lucidissima del protagonista, la sapienza dello stile, la puntuale costruzione dei personaggi.
Rimasto incompreso per lungo tempo, "La coscienza di Zeno" è il più importante romanzo di Svevo e uno dei capolavori della letteratura italiana contemporanea. È il resoconto di un viaggio nell'oscurità della psiche, nella quale si riflettono complessi e vizi della società borghese dei primi del Novecento, le sue ipocrisie, i suoi conformismi e insieme la sua nascosta, tortuosa, ambigua voglia di vivere. L'inettitudine ad aderire alla vita, l'eros come evasione e trasgressione, il confine incerto tra salute e malattia divengono i temi centrali su cui si interroga Zeno Cosini in queste pagine bellissime che segnarono l'inizio di un modo nuovo di intendere la narrativa. Primo romanzo "psicoanalitico" della nostra letteratura, quest'opera rivoluzionaria seppe interpretare magistralmente le ansie, i timori e gli interrogativi più profondi di una società in cambiamento.
Una vita è il primo passaggio obbligato per entrare in quella sorta di “presa di coscienza”, individuale e collettiva, della crisi della cultura e dei valori dell’uomo europeo, che i romanzi di Svevo in qualche modo rappresentano. Nel racconto di un’esistenza che si svolge tutta all’insegna del non vivere, si scontrano la poetica del verismo e del naturalismo, l’oggettività con cui vengono descritti ambienti e tematiche sociali con la tensione, tutta nuova, dell’introspezione psicologica e autobiografica. La parabola esistenziale di un sognatore, implacabile analizzatore di se stesso, negato all’azione e quindi destinato all’inevitabile fallimento.
Con Senilità Svevo entra nel pieno della sua maturità letteraria. Pubblicato per la prima volta nel 1898 con scarso successo, fu salutato come un capolavoro nel 1927, dopo che Joyce ebbe dichiarato pubblicamente il suo grande apprezzamento per questo libro. È la storia, in una Trieste allietata dai clamori del Carnevale, di un “eroe esistenziale” la cui protesta sociale, il cui non ritenersi figlio dei tempi si arrendono all’amore per una donna, miscuglio irresistibile di sensualità e devozione, di grazia e sfacciata volgarità, di egoismo e pietà. Nell’opera si respira, ormai libera e naturale, quella che Montale definì «l’epica della grigia casualità della nostra vita di tutti i giorni».
Rimasto anch’esso incompreso per lungo tempo, La coscienza di Zeno è il più importante romanzo di Svevo e uno dei capolavori della letteratura italiana contemporanea. È il resoconto di un viaggio nell’oscurità della psiche, nella quale si riflettono complessi e vizi della società borghese dei primi del Novecento, le sue ipocrisie, i suoi conformismi e insieme la sua nascosta, tortuosa, ambigua voglia di vivere. Primo romanzo “psicoanalitico” della nostra letteratura, quest’opera rivoluzionaria seppe interpretare magistralmente le ansie, i timori e gli interrogativi più profondi di una società in cambiamento.
L’inettitudine ad aderire alla vita, l’eros come evasione e trasgressione, il confine incerto tra sanità e malattia sono i temi centrali di Svevo che ritroviamo anche nei percorsi narrativi dei suoi bellissimi e insoliti racconti.
"Una vita" è il racconto di una iniziazione impossibile. Giovanissimo impiegato di banca, da poco inurbato, che chiama "malattia" il suo disagio sociale e sogna il successo come riscatto, Alfonso Nitri coltiva il "sogno": il sogno a occhi aperti, la fantasticheria che blocca la presa di coscienza; il sogno notturno di intensa vividezza, in rapporto stretto ma imprecisabile con l'esperienza reale, che fornisce intermittenti illuminazioni ma anche complica e frantuma in labirintici percorsi interni la sua complessiva esperienza. L'enigma non è nei fatti, ma nella natura del personaggio e nella fertilità inventiva con la quale egli, rifuggendo dall'apparente gratuità dei suoi gestì, insiste nel decifrarsi, si contraddice, conforta se stesso, traveste l'esperienza.
La storia di Zeno Cosini, inetto a vivere: una specie di marionetta tirata da fili che quanto più egli indaga, gli sfuggono. Una coscienza inutile a mutare un destino che sembra ineluttabile. E' il capolavoro di Svevo, la prima storia italiana dove entra prepotentemente in scena la psicanalisi come coprotagonista; forse il più grande romanzo del Novecento italiano e uno dei maggiori della letteratura europea di questo secolo.
Un cofanetto che presenta un monumentale lavoro critico condotto sull'intera produzione di Svevo. I testi sono ordinati distinguendo gli editi dagli inediti e quelli completi da quelli incompiuti. Un lavoro critico di controllo sui dattiloscritti e sugli autografi dei testi non pubblicati dall'autore definisce un percorso "genetico" che permette di ricostruire il modo in cui Svevo stendeva le sue opere e vi apportava poi successivi interventi correttori. Nel caso delle opere pubblicate si è fatto il confronto di varianti fra diversi testimoni. In entrambi i casi, il lavoro filologico corregge i non pochi arbitri commessi in precedenza e offre un apparato critico di carattere esplicativo, interpretativo e di rimando intertestuale.
Un'edizione critica completa della produzione romanzesca dell'autore triestino. I testi sono ordinati distinguendo gli editi dagli inediti e quelli completi da quelli incompiuti. Un lavoro critico di controllo sui dattiloscritti e sugli autografi dei testi non pubblicati dall'autore delinea un percorso "genetico" che permette di ricostruire il modo in cui Svevo stendeva le sue opere e vi apportava poi successivi interventi correttori. Nel caso delle opere pubblicate si è fatto il confronto di varianti fra diversi testimoni. In entrambi i casi, il lavoro filologico corregge i non pochi arbitri commessi in precedenza e offre un apparato critico di carattere esplicativo, interpretativo e di rimando intertestuale.
Un'edizione critica completa della produzione narrativa dell'autore triestino. I testi sono ordinati distinguendo gli editi dagli inediti e quelli completi dagli incompiuti. Un lavoro critico di controllo sui dattiloscritti e sugli autografi dei testi non pubblicati dall'autore delinea un percorso "genetico" che permette di ricostruire il modo in cui Svevo stendeva le sue opere e vi apportava poi successivi interventi correttori. Nel caso delle opere pubblicate si è fatto il confronto di varianti fra diversi testimoni. In entrambi i casi, il lavoro filologico corregge i non pochi arbitri commessi in precedenza e offre un apparato critico di carattere esplicativo, interpretativo e di rimando intertestuale.